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RELAZIONI PERICOLOSE

di Elena Formica – foto Luca Trascinelli

Bartók e Wagner: Kazushi Ono sul podio della Filarmonica Toscanini

In Europa infuriava il nazismo. A lui era come se mancasse l’aria. Scelse la lontananza. Così, nell’ottobre del 1940, si stabilì definitivamente a New York. Uno strappo, seppur volontario, segna l’avventura americana di Béla Bartók: “Dall’incertezza – disse agli amici – compio un salto verso un’insopportabile sicurezza”. Lavorò alla Columbia University, ma il contratto non gli venne rinnovato. Le difficoltà economiche, la malattia, un certo isolamento anche artistico: gli ultimi anni in America furono duri e tristi. Morì a New York nel 1945.

Con il primo degli importanti lavori composti negli Stati Uniti da Béla Bartók si è aperto, nei giorni scorsi, il concerto di Kazushi Ono all’Auditorium Paganini di Parma. Dirigendo la Filarmonica Toscanini in un programma dedicato a Richard Wagner nel bicentenario della nascita (cui farà seguito, il 19 aprile, un paritetico omaggio a Giuseppe Verdi), il Maestro giapponese ha unito in una “liaison dangereuse”, per questo intrigante e non poco mentale, il Concerto per orchestra Sz 116 di Bartók (scritto nel 1943) e il I atto della Walküre di Wagner. “Gioco delle coppie” – proprio così, in italiano – s’intitola infatti il secondo movimento del Concerto per orchestra di Bartók, una denominazione che ha suggerito ad Ono – come egli stesso ha dichiarato – l’incredibile, suggestivo nesso con il rapporto di doppia natura che lega Siegmund e Sieglinde, fratelli ed amanti, nella Walküre: dal loro amore nascerà Siegfried, l’eroe.

Musica orlata di disincanto, preziosa sul fronte strumentale, razionalmente distanziata dall’angoscia più che intimamente rasserenata questa del Concerto per orchestra di Bartók. Reminiscenze magiare e sciabolate di ironia (ad esempio, nel quarto movimento, la citazione del “crescendo” della Sinfonia n. 7 di Shostakovich – i nazisti che marciano su Leningrado – abbinata a una capricciosa melodia da La Vedova Allegra di Lehár) innervano i cinque tempi di una partitura che non ha la ferocia, sul piano ritmico, né le fantastiche rasoiate, su quello timbrico, delle composizioni precedenti, ma si tende ad arco, con apice nella “tristezza elegiaca” del terzo movimento, fra l’austera inquietudine del primo e la vitalità dell’ultimo. Nell’interpretazione di Ono è stato come se una nostalgia sospesa sul cuore si specchiasse, prima di diventare dolore, in una saggezza esistenziale acquisita a caro prezzo, di fatto nella consapevolezza di un esilio, anestetizzando così le fibre dell’anima e lasciando alla vita, in quanto tale, di pulsarle attorno.

Poi Wagner, il primo atto della Walküre, con Siegmund (il tenore Willem van der Heyden), Siegliende (il soprano Annalena Persson) e Hunding (il basso Kurt Gysen).

Il nodo tra lo status emozionale dei personaggi e la linea, qui tendenzialmente melodica, del loro canto è assai stretto nel I atto della Walküre, cosicché l’attrazione fatale tra Siegmund e Sieglinde si esplica in un melodizzare scoperto, irresistibile, appassionante, alla cui magia densa di esiti e concetti, a tratti tenebrosa ma alfine liricamente esplosiva nel grande duetto d’amore, s’è piegata accondiscendente la Filarmonica Toscanini, che Ono ha diretto nel segno d’una potente essenzialità. Appropriate le voci soliste. Particolarmente valida la prova del soprano svedese Annalena Persson.


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