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REVIEW – AAKASH ODEDRA AL MILANOLTRE

Thata_26-copiaSi è aperto all’Elfo Puccini il consueto appuntamento la con grande danza contemporanea: Aakash Odedra, la nuova stella già alta nel firmamento

di Barbara Palumbo

Definito dalla critica internazionale come l’astro nascente della danza contemporanea, Aakash Odedra  che ha aperto la XXVIII edizione di Milanoltre, a noi pare già alto nel firmamento della danza.

Il giovane ventisettenne angloindiano ha dimostrato, nelle due serate di apertura al Teatro Elfo, di avere già quella maturità non solo tecnica, ma soprattutto scenica, che lo fa immediatamente annoverare tra coloro che resteranno.  Danzatori tecnicamente eccelsi ne abbiamo visti tanti, ma Odedra ti cattura con la sua energia e l’immenso palco del teatro milanese sparisce.

La prima sera ha proposto quattro assoli, riuniti per comodità sotto un unico titolo: Rising. In realtà, le quattro performance sono firmante da tre grandi coreografi: In the shadow of a man è di Akram Khan, Cut di Russell Maliphant e la poetica Constellation da Sidi Larbi Chekaoui.

Nritta, che apre lo spettacolo, è una creazione di Odedra  e unisce la danza Kathak (danza tradizionale del Nord dell’India e più precisamente dell’Uttar Pradesh) a quella contemporanea. Ciò che ci ha colpito in queste quattro sequenze coreografiche è stata la capacità di Odedra di tenerci incollati alla poltrona. Rappresentare quattro assoli, per quanto firmati da grandi maestri e conquistare il pubblico denota sicuramente un grande magnetismo. Ci ha portato in un mondo primordiale con In the shadow, per farci sognare in Constellation dove le sfere di luce sul palco ci hanno condotto in un’altra dimensione, quella dove la danza e l’arte in genere dovrebbero stare.

Aakash Rising by Chris Nash_ok2La seconda serata dedicata Aakash Odedra, invece, ha visto sul palco il danzatore accompagnato dalla magnifica Sanjuka Sinha. I due danzatori hanno proposto Tatha (traducibile con: e anche) su musiche dei Gundecha Brothers per la coreografie dell’ottaugenaria Kumudini Lakhia, una delle più grandi rappresentanti  della danza Kathak. Ritmi gesti e sequenze vengono eseguiti alla perfezione e la danzatrice non perde per un solo istante quell’aurea di sensualità che solo le donne indiane riescono a trasmettere. La coreografia ha debuttato al festival in prima europea, sebbene un primo studio fosse già stato proposto nel 2010.

Ariella Vidach, invece inaugura la vetrina italiana con la sua nuova produzione VOCset. La voce dei danzatori aiuta a creare sequenze coreografica  attraverso suoni o frasi e da lì scaturiscono dinamiche tra i cinque performers. Ariella Vidach ha da sempre legato il suo nome a quello della sperimentazione coreografica anche grazie all’ausilio delle nuove tecnologie, in questo spettacolo la ricerca è più legata a un percorso tradizionale. La creazione a tratti ironica, manca di mordente e nonostante le belle sequenze coreografiche e la bravura dei danzatori non ci convince pienamente.

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