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NUOVO APPUNTAMENTO DEL CICLO “INVITO ALLA SCALA”

Meloni Fabrizio clarinetto

Fabrizio Meloni – clarinetto

Comunicato stampa:

 Lunedì 13 aprile 2015 ~ ore 15

 

Invito alla Scala per Giovani e Anziani

 

Fabien Thouand, oboe

Fabrizio Meloni, clarinetto

Gabriele Screpis, fagotto

Takahiro Yoshikawa, pianoforte

 

Francis Poulenc 

Trio

 per oboe, fagotto e pianoforte 

Sonata

per clarinetto e pianoforte 

 

Jacques Ibert 

Cinq pièces en trio

per oboe, clarinetto e fagotto 

 

Darius Milhaud 

Sonatine op. 100

per clarinetto e pianoforte 

Suite d’après Corrette

per oboe, clarinetto e fagotto 

 

Prezzi: da 16 a 8,50 euro 

Per informazioni:

Servizio Promozione Culturale Teatro alla Scala

tel. 02 88 79 20 12 – 13 – 14

www.teatroallascala.org 

Una Francia scherzosa e sentimentale 

di Liana Püschel 

(dal programma di sala del Teatro alla Scala) 

Francis Poulenc (1899-1963), Trio pour piano, hautbois et basson 

Thouand Fabien OBOE

Fabien Thouand  – Oboe

Dopo l’età dell’impressionismo e del simbolismo di Debussy e dell’infatuazione parigina per Wagner, un gruppo di sei compositori francesi decise di scrivere una musica meno passionale e impegnata poeticamente. Nel 1918 lo scrittore Jean Cocteau scrisse il loro manifesto intitolato “Il gallo e l’Arlecchino”. Nei primissimi anni Venti, la musica di Francis Poulenc, di Darius Milhaud e degli altri membri del gruppo dei Six fioriva all’ombra eclettica di Satie. Nonostante avessero in comune alcuni bersagli polemici e l’obiettivo di creare una musica genuinamente francese, i giovani compositori avevano stili e interessi troppo diversi per formare un gruppo omogeneo e presto si separarono. Per quanto breve, l’esperienza lasciò una traccia importante nella produzione di Poulenc, in particolare nella sua musica da camera che conserva l’estetica disimpegnata e umoristica tipica dei Six. Al periodo della giovinezza risale anche l’interesse di Poulenc per la musica triviale dei music-hall e dei café-concert, che nei suoi lavori può combinarsi con suggestioni tratte dai grandi maestri del passato, quali Lully o Mozart. Questo avviene in particolare nei movimenti veloci come ad esempio nel Presto e nel Rondo del Trio, in cui il compositore accumula materiali musicali diversi per disporli seguendo un ordine che a volte procede per contrasto, a volte per analogia. Anche l’Andante di questa composizione del 1926 gioca con le citazioni: da un’atmosfera pastorale emerge il tema del Preludio in Mi minore di Chopin come un canto dolce e malinconico, che sembra anticipare di quarant’anni la canzone Insensatez di Antônio Carlos Jobim. 

Francis Poulenc, Sonate pour clarinette et piano 

Pur dedicandosi in modo intermittente al repertorio da camera, Poulenc tornò a occuparsene a più riprese lungo tutta la sua carriera; una delle sue ultime composizioni è infatti la Sonate pour clarinette et piano completata nel 1962, pochi mesi prima della morte. Nonostante nella sonata non manchi la giovialità dei lavori precedenti, i primi movimenti hanno un umore malinconico e riflessivo che tradisce i sentimenti dell’autore in occasione della scomparsa dell’amico ed ex membro dei Six Arthur Honegger, a cui la composizione è dedicata. Quando Poulenc iniziò a lavorare a queste pagine nel 1959 era anche impegnato nella scrittura di un Gloria per la Boston Symphony Orchestra, per cui permise che echi di quest’opera spirituale filtrassero nel cuore dell’Allegro tristamente che dà avvio alla sonata. Come di consuetudine nella musica di Poulenc, il movimento lento è di carattere squisitamente lirico: la Romanza si apre con un lamento del clarinetto che evoca il pianto della Maja y el ruiseñor di Granados; nelle prime battute il pianoforte si limita ad accompagnare sommessamente il canto del clarinetto, ma poco a poco il dialogo tra i due strumenti diventa più interessante. L’Allegro con fuoco irrompe con la sua esuberanza per chiudere la sonata in modo brillante. 

Jacques Ibert (1890-1962), Cinq pièces en trio 

Prima che i Six cominciassero a riunirsi in soffitte e caffè, al Conservatorio di Parigi si era formata una sorta di trio composto da allievi promettenti, Milhaud, Honegger e Ibert, che sarebbero rimasti amici per tutta la vita. Mentre i primi due cominciarono a frequentare Cocteau e Satie, Ibert prese una strada diversa: si arruolò nell’esercito e, dopo la fine della prima guerra mondiale, si trasferì a Roma come vincitore del prestigioso Prix de Rome. Nei primi concerti dati in occasione del suo ritorno in Francia nel 1924, il pubblicò poté apprezzare alcune delle caratteristiche che sarebbero state tipiche di tutta la sua produzione: la predilezione per gli strumenti a fiato e la scelta di forme brevi. Un esempio sono le Cinq pièces en trio del 1935 in cui si alternano con classica simmetria movimenti veloci, contraddistinti dal buon umore, a movimenti lenti, di carattere più affettuoso e nostalgico. I temi orecchiabili, le suggestioni barocche, l’armonia moderna e il limpido gioco polifonico delle voci rendono queste pagine irresistibili. 

Darius Milhaud (1892-1974), Sonatine pour clarinette et piano 

Scorrendo lo sterminato catalogo delle composizioni da camera di Milhaud, si può notare che i lavori dedicati agli archi sono più meditativi rispetto a quelli dedicati ai fiati, che in genere hanno un carattere estroverso e leggero. In questo quadro, la Sonatine pour clarinette et piano costituisce un’interessante eccezione. Il lavoro, scritto nel 1927 durante il soggiorno estivo nell’amata Provenza, urta l’ascoltatore con le sue forti dissonanze. Il primo movimento, indicato come “Très rude”, è particolarmente spigoloso: anche quando il clarinetto suggerisce un tema più cantabile, l’accompagnamento irregolare del pianoforte crea un’atmosfera estraniante. L’inquietudine che contraddistingue l’inizio della Sonatine è interrotta solo temporaneamente dal Lento centrale, dal carattere sognante e cupo, poiché il terzo movimento, anch’esso “Très rude”, è fortemente imparentato al primo. I movimenti estremi non solo condividono lo stesso umore, ma anche l’uso degli ostinati ritmici e parte del materiale tematico. 

Darius Milhaud, Suite d’après Corrette 

Negli anni Trenta Milhaud si dedicò alla composizione di musica per film e drammi teatrali: nel 1937, ad esempio, fu coinvolto a Parigi in un nuovo allestimento del dramma di Shakespeare Romeo e Giulietta. La produzione non fu un successo, poiché nei panni degli amanti adolescenti c’erano due attori esperti ma troppo maturi per il gusto dei critici. Se l’età degli interpreti mise in discussione la qualità dello spettacolo, lo stile delle musiche di scena, cronologicamente incongruente, non destò alcuna perplessità. Ispirandosi ai lavori neoclassici di Stravinskij come il balletto Pulcinella, Milhaud rielaborò con gusto moderno alcune Pièces pour musette di Michel Corrette (1707-95), un musicista minore del Barocco francese. I temi di Corrette, a volte usati in forma di canone, rimangono quasi intatti: le novità stanno soprattutto nell’armonia che contiene delle asprezze sconosciute all’originale; il cucù di Milhaud, ad esempio, ha un verso meno consonante di quello del collega settecentesco ma un carattere più burlone. Ben presto il musicista trasse dalle sue musiche di scena una suite piena di leggerezza, molto distante dalla tragedia shakespeariana.

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