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REVIEW – FESTIVAL ORIENTE OCCIDENTE

'beauty remained for just a moment then returned gently to her starting position....' Choreographed by Robyn Orlin with Moving Into Dance Mophatong. Dancers - Muzi Schili, Sunnyboy Motau, Thandi Tshabalala, Teboho Letele, Julia Burnham, Oscar Buthelezi and Otto Nhlapo. Costumes by Marianne Fassler. Lighting by Denis Hutchingson. Music by Yogin Rajoo Sullaphen. Photograph:John HoggRovereto e la danza

© Laurent Paillier / photosdedanse.comdi Barbara Palumbo

Si è alzato il sipario sul Festival Oriente Occidente, un must per la danza contemporanea di respiro internazionale. Abbiamo assistito ai primi appuntamenti, ma la settimana e il week end prossimo sono ancora ricchi di proposte, molte delle quali gratuite.

Le prime due sequenze, coprodotte dal festival , portavano la firma di Irene Russolillo e di Andrea Gallo Rosso.

La coreografa toscana ha presentato A LOAN, un assolo dove Irene recita, canta e danza (poco per la verità). Il suo lavoro di Floor Work è interessantissimo e di ottima qualità; la sua voce, sebbene strizzi un po’ troppo l’occhio ai Dead can Dance e a Björk, ha un timbro interessante. A tratti si crogiola un po’ troppo nella tenuta eccessiva del movimento, forse un po’ più dinamica in alcuni passaggi non guasterebbe.

Andrea Gallo Rosso ha presentato un passo a tre dal titolo: Post Produzione, anch’esso prodotto dal festival. Il lavoro, sebbene abbia una maggiore dinamica, non è per questo convincente. Le buone intuizioni coreografiche vengono dilatate e ripetute troppe volte, a tal punto da risultare noiose.

Di grande effetto la danza aerea proposta da Cafelulé. Il lavoro, Fragilità. Manuale di giardinaggio, pensato appositamente per essere rappresentato all’interno della cupola del MART (il Museo di Arte Contemporanea di Rovereto) ha il merito di creare una suggestione in più grazie alla presenza insolita di Yuri Plebani, che distare lo spettatore durante i cambi di costume delle tre acrobate o durante i necessari spostamenti di moschettoni. Un plauso ai tecnici manipolatori, senza nulla togliere alle tre ragazze, i veri atleti della serata, per venticinque minuti corrono per tutto lo spazio tirando cavi e con un’adrenalina e una responsabilità non da poco.

GinetteLaurin_O Vertigo_Khaos_Photo by Marilène Bastien (2)

La prima coreografia internazionale è quella firmata di Ginette Lauren. La sua compagnia O Vertigo, ha presentato Khaos. Tra quelli che abbiamo visto, quello che ci ha conquistato. Nove danzatori si muovono sulla scena che è occupata da una sorta di canneto, sopra di loro un groviglio di pali incombe, la bella scenografia di Mariléne Bastien, nasconde, protegge e diventa parte integrante della coreografia che riesce, in questa ora, a mostrare l’immensa complessità delle relazioni delle dinamiche tra gli Esseri umani. La Laurin ti commuove, ti coinvolge e ti fa ridere. Un lavoro molto bello sia per la varietà di situazioni sia per la costruzione coreografica.

Al Muse, Paco Décina presenta, La Promenade, un lavoro site specific per il museo di Trento, nato dalle suggestioni che il coreografo ha percepito grazie alla sua esperienza nelle terre Sub Antartiche francesi. A video e istallazioni sonore si uniscono tre momenti coreografici, all’interno del museo, con tre danzatori. Bellissimo il lavoro e grande qualità di movimento degli intrepreti.

Aicha M'Barek_Hafiz Dhaou_Cie Chatha_Sacré Printemps!_Photo by Blandine Soulage (1)

Al Teatro Sociale di Trento abbiamo assistito allo spettacolo della compagnia Chatha. Ideato e coreografato da Aïcha M’Barek e da Hafiz Dhaou. Sacré Printemps è ispirato alle primavere arabe. Parte dello spazio scenico è occupato da sagome di cartone che riproducono, in bianco e nero, i martiri della rivoluzione. Il tema è forte e di grande impatto. Le sequenze coreografiche a tratti perdono di originalità e fanno calare l’attenzione, nonostante il ritmo sia serrato. Grossa pecca dello spettacolo è l’ensamble dei danzatori; spesso non sono insieme, in realtà sono più le volte in cui non lo sono, e questo purtroppo è un errore che una compagnia di professionisti non può permettersi.

Divertente e dissacrante il lavoro di Robyn Orlyn: Beauty remained for just a moment then returned gently to her starting position… Ci aspettavamo, forse, qualcosina di più dall’enfant prodige della coreografia sudafricana. Il lavoro, però, è accattivante e scorrevole, gli interpreti bravi e coinvolgenti i costumi, fatti interamente con materiali riciclati, meravigliosi e ben sfruttai anche nella costruzione dello spettacolo.

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