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REVIEW – DOKTOR SUSTER

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Doktor suster: il teatro che non ti aspetti!

GetInline-3di Erica Culiat

Perché andare a vedere Doktor suster? Perché è teatro. Un teatro che non ti annoia, non ti addormenta e non ti fa fare voli pindarici personali con gli occhi sbarrati davanti alla scena e la mente altrove. Dalla prima battuta all’ultima, sei lì ad ascoltare con attenzione, presa al laccio dalle vicissitudini, strampalate, surreali, poetiche, grottesche dei personaggi.

Lo so. A volte bisogna superare una certa pigrizia, la curiosità non va più di moda, e poi spendere soldi per un titolo così… Un drammaturgo serbo? Boh! E gli attori? Ne conosciamo qualcuno? Che ne so, c’è la Ferilli?

Diciamo che qualche volta bisognerebbe avere più fiducia nelle scelte che un teatro fa, in questo caso lo Stabile del Friuli Venezia Giulia, che per la prima volta ha allestito una commedia di Dusan Kovacevic. Lui è drammaturgo, le sue commedie sono state tradotte in 17 lingue, regista – è del 2003 il suo primo film, Profesionalac – sceneggiatore, ricordate la Palma d’oro a Cannes del ’95, Underground di Emir Kusturica?

Inoltre dobbiamo bypassare l’idea che l’attore/attrice cinematografico/a, televisivo/a, con rispetto parlando, è per forza il/la più figo/a. Semplicemente li conosciamo già, ci regalano, uomo o donna che siano, una certa tranquillità teatral/televisiva. Il nostro teatro però sforna grandi talenti. La maggior parte poco conosciuti. Perché non fanno fiction, cinema, non sono insomma visibili a un pubblico più vasto. Gli attori della compagnia stabile di questo teatro ne sono un esempio. Abbiamo un neo diplomato alla Civica Accademia Nico Pepe di Udine, Filippo Borghi, sempre più bravo, e altri sette artisti che da anni e anni lavorano duramente e seriamente e merita vederli e applaudirli. Sono bravi. È un piacere ascoltarli e assorbire la loro interpretazione anche quando hanno recitato in spettacoli che non ci hanno convinto del tutto.

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Questa di Kovacevic non è drammaturgia incomprensibile, tetra o pallosa… c’è Dickens nella figura del chirurgo ciabattino (Riccardo Maranzana), c’è un po’ di Mrs. Lovett nella dipintura fisica di Bella (Ester Galazzi), la sorella del chirurgo ciabattino, c’è tanto di noi nel ritrovarci spaesati in un mondo cambiato, dove la scala dei valori è cambiata. Certo, l’autore ha scritto questo testo nel 2001 dopo la dissoluzione della Jugoslavia, l’ispirazione è quella, comunque non è un testo nostalgico comunista, è nostalgico semmai di un passato, pur con le sue difficoltà, più solido, meno liquido di quello attuale e i protagonisti, ciascuno a modo proprio, cercano di sopravvivere. E comunque è una storia collocabile ovunque.
La guerra ieri, la crisi economica oggi, danno la benedizione a comportarsi come meglio si crede, purché tutto sia indirizzato al proprio interesse e benessere. Vale per il poliziotto Branko (Francesco Migliaccio), costretto dalla madre a lasciare la Facoltà di Filosofia per proteggere il fratellastro Lele (Filippo Borghi), trafficante dal grilletto facile con la lingua mozzata perché parlava troppo. Branko che alla fine cercherà di redimersi sposando Anna, è un violento, è corrotto, è il tipico poliziotto malavitoso. Vale per Anna stessa (Lara Komar), la figlia del medico, una spregiudicata giornalista di nera, due volte divorziata, amante di Branko ma fidanzata a un cantante, Elicrisio (Andrea Germani), che la segue come un cagnolino. Vale per Johnny (Adriano Braidotti) un altro poveraccio che vive di espedienti che finirà morto nelle grigie acque del Danubio.

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E per chi non sa adattarsi alla nuova realtà fatta di contrattazioni per aver salva la vita o per mantenere la propria casa non resta che rifugiarsi nella demenza, vera non vera?, quasi una maschera pirandelliana quella del medico, o in un passato gioioso accanto al marito cantante d’opera come succede a Bella che talvolta pensa ancora di vederlo. Il dottor Nikola Kos, Anna, Branko, Lele, Elicrisio, Johnny vagano lungo il Danubio nella nebbia (un cartello fuori dalla Sala Bartoli indica che il fumo in sala non è nocivo alla salute). Una nebbia quindi reale, tangibile misura delle loro frustrazioni, delle loro perdite e dolori. La scrittura ha un tocco leggero e la regia della croata Helena Petkovic ha saputo assecondare questa scrittura immaginifica utilizzando un tono grottesco, senza sforare nel macchiettistico. Complici ripetiamo un team d’attori meravigliosi, credibili anche nei panni di personaggi sopra le righe. Funzionale, semplice, ma d’effetto la scena firmata da Silvio Vujicic.

Tanti, tanti applausi e il consiglio è di non perdere questo appuntamento. Il tempo abbonda: si replica fino al 31 gennaio (di martedì e venerdì lo spettacolo si tiene alle 19.30, la domenica alle 17, le altre recite alle ore 21).

Doktor suster di Dusan Kovacevic; traduzione di Dragan Mraovic; regia di Helena Petkovic; adattamento e dramaturg Mila Lazic; scene e costumi di Silvio Vujicic; scelte musicali di Petkovic e Lazic; luci di Davide Comuzzi; suono di Carlo Turetta.

Interpreti: Riccardo Maranzana, Lara Komar, Ester Palazzi, Francesco Migliaccio, Filippo Borghi, Andrea Germani e Adriano Braidotti.

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