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REVIEW – IL CAPO DEI MIEI SOGNI

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Tragi(comi)camente reale

_MG_0557di Lucio Leone

Vedere e poi recensire una commedia presentata dal Teatro Martinitt è sempre una bella esperienza. Innanzi tutto perché è piacevole sapere che la gloriosa tradizione italiana del teatro brillante continua anche grazie agli sforzi che il Martinitt (e i suoi “compagni di avventura”, come il Teatro de’ Servi a Roma e quelli degli altri spazi teatrali che hanno creato questo pool di sale dedicato al genere) malgrado ormai un certo tipo di prosa leggera sia affidata nei grandi circuiti soltanto ad adattamenti di copioni stranieri: americani, inglesi, francesi o spagnoli che siano.

Secondariamente perché sono commedie “off”, e il teatro italiano ha bisogno di spettacoli relativamente poco costosi da allestire e snelli da far girare fatti con intelligenza, professionalità, talento e tecnica (requisiti elencati in rigoroso ordine alfabetico, ndr), attraverso cui si ricostruisce pian piano una generazione di pubblico che viceversa a teatro difficilmente andrebbe -e questo grazie alle molte piazze toccate, anche in provincia, e il costo dei biglietti assolutamente accessibile-.

Ed infine perché, tra i molti spettacoli che ho visto in queste stagioni, il Martinitt si è in qualche modo ritagliato il diritto di essere considerato a priori una garanzia di qualità. Non tutte le commedie le ho apprezzate allo stesso modo, è evidente, ma non è mai capitato che uscissi insoddisfatto dalla serata. Lo spettacolo in questione (e mi scuso per la lunga premessa, ma è in qualche modo necessaria) ha infine anche un valore in più: si tratta infatti del testo vincitore per il 2015 del concorso che questo circuito di teatri ha inventato ben tre anni fa, la “Una Commedia in cerca d’autori®” riservata a giovani commediografi il cui regolamento può essere ritrovato al sito www.commedieitaliane.it e la cui sopravvivenza (del tutto necessaria) per la prossima, quarta edizione è affidata a una campagna di autofinanziamento per l’appunto illustrata nel sito stesso.

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Premesso quanto sopra, la commedia “Il capo dei miei sogni” è una piccola arguta fotografia, con appena un velo di amarezza, che ritrae una situazione tragi(comi)camente reale del mondo professionale -e di quello del settore creativo in particolare- dei giorni nostri.

Una grande agenzia pubblicitaria in procinto di essere ristrutturata assume un famoso art director dalle passate fortune come “tagliatore di teste”… in incognito. Con il ruolo di direttore del settore amministrativo della stessa agenzia dovrà infatti liquidare tre impiegati (per non parlar della stagista) con il sistema a lui più congeniale: quello del motivarli ad andarsene. Possibilmente felici. Il bonus a incarico espletato gli servirà a ripagare i debiti di gioco per i quali si è rovinato la carriera. Con duplice colpo di scena finale.

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Il meccanismo comico è ovviamente classico: il pubblico è a conoscenza di informazioni essenziali che sfuggono ai personaggi e assiste divertito a inganni, sotterfugi, allusioni, malintesi, rivelazioni, qui pro quo e via di seguito. Il rischio, per un testo che per l’appunto si affida a meccanismi consolidati, era quello di percorrere dinamiche trite e ritrite, rovinando l’effetto comico. Fortunatamente però i personaggi sono ben costruiti, ognuno col suo piccolo, credibile vissuto, le situazioni sono capaci di generare immedesimazione ed empatia, ed il ritmo della scrittura dosa con intelligenza gli elementi ed i cambiamenti di rotta necessari allo sviluppo della vicenda.

Nel ruolo del direttore Massimiliano Vado, attore poliedrico dal chilometrico curriculum, che riesce nella difficile impresa di rendere simpatico fin da subito il capo “bastardo” anche a chi, come il pubblico, conosce le sue motivazioni prive di scrupoli. Con lui Ussi Alzati (che del Teatro Martinitt è anche il direttore artistico) nel ruolo della squinternata, milanesissima e del tutto incapace artista di performance-art, Marcella Formenti che presta il suo talento alla stagista sfigata, Michele Costabile e Flavio Francucci che interpretano rispettivamente il talentuoso e insicuro autore di musical e il caparbio chef che sogna di diventare famoso grazie a un cooking-show pur essendo negato ai fornelli. La regia di Roberto Marafante è stata capace di valorizzarli aiutandoli a calarsi nei rispettivi ruoli con assoluta naturalezza, evitando di ricorre a una certa recitazione enfatica di maniera a cui un certo tipo di teatro brillante purtroppo ricorre spesso (abusandone) per strappare applausi facili, limitandosi a impiegarla come accento. Il che è davvero un’ottima cosa: si ride parecchio e in maniera consapevole (e quando ridi non ti senti scemo per averlo fatto).

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Unica pecca (ma si tratta di sfumature) è che la struttura del testo è in qualche modo orizzontale. La vicenda si dipana e agilmente si snoda lungo l’arco temporale, ma non c’è la Battuta-con-la-B-maiuscola memorabile, il momento comico da applauso a scena aperta (che comunque c’è stato per la bravura del cast nel porgere la battuta… del copione). Quella per intenderci alla Franca Valeri o alla Achille Campanile che “ti porti a casa” perché è diventata immediatamente parte del lessico familiare di tutti coloro che hanno assistito ad uno spettacolo. Ma i due giovani autori Sara Palma e Daniele Benedetti hanno dimostrato di sapere bene come usare il proprio vissuto e la propria ispirazione grazie ad un evidente talento, e sono sicuramente due firme da tenere presente e seguire con attenzione in quella che immagino (e auguro loro) essere soltanto l’inizio di una, anzi due brillanti carriere. Il cui buongiorno si è chiaramente visto dal mattino.

Il Capo dei miei sogni
di Sara Palma e Daniele Benedetti
Regia Roberto Marafante
con Ussi Alzati, Michele Costabile, Marcella Formenti, Flavio Francucci, Massimiliano Vado

al Teatro Martinitt di Milano
fino al 28 febbraio 2016 ed in seguito in tournée

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