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REVIEW – DIALOGO. CONCERTO DIALOGATO

L’arte di fare arte: Dialogo – Concerto Dialogato è un piccolo gioiellino off difficile da definire che è impossibile non amare

di Lucio Leone

Una delle liriche più “gettonate” di Sondheim, tratta da Sunday in the park with George, recita “The art of making art is putting it together”, come a dire che un artista deve saper cogliere quanto di simile esista tra cose diverse e metterle insieme, con consapevolezza o a livello inconscio, per creare qualcosa di nuovo, chiamato arte. Ecco, probabilmente è questo ciò che ha ispirato Mauro Simone, Luca Tudisca ed Elisabetta Tulli (con Nadia Scherani che ha curato i movimenti coreografici, mentre Viviana Tupputi è stata l’assistente alla regia di Simone) per Dialogo – Concerto Dialogato.

Vorrei poterlo – o forse “saperlo”- definire, ma questo spettacolo è difficile da raccontare e impossibile da classificare. Fosse un disco lo si potrebbe magari chiamare concept album, trattandosi però di teatro, e volendo assolutamente mantenere l’idea del concept, diciamo che è un concept musical, concept something, concept qualcosa. Simile e diverso non soltanto da altre rappresentazioni che magari ne condividono alcuni aspetti, ma anche dalle singole componenti attraverso cui è stato ideato e messo in scena.

C’è la musica di Luca Tudisca, un bravo cantautore che ha il pregio di non imitare nessuno e arrivare comunque facilmente anche al primo ascolto con le proprie composizioni, talento che non sempre è facile ritrovare in chi fa il suo mestiere. C’è l’idea e la regia di Mauro Simone che da consumato teatrante che bada all’essenziale come è, riesce a portare in scena la verità senza doverla necessariamente ricercare. C’è la storia delicata, minimalista e universale che ha scritto Elisabetta Tulli e che corre parallela alla colonna sonora. Ma ognuno di questi elementi si modifica interagendo con gli altri per creare un effetto nuovo, funzionale alla messa in scena. Storia che è di una semplicità (e proprio per questo una profondità) disarmanti. Ada e Santuzzo si conoscono, si frequentano, si innamorano, si sposano, hanno un figlio e vivono insieme fino alla fine dei propri giorni. Tutto qui? Sì. Una vita di coppia che scorre, raccontata davanti ai nostri occhi, con alcune ottime idee registiche (ah, quei cappotti che rappresentano le tappe della vita! Non avrei mai pensato di poter provare tanta malinconia di fronte ad una pila di indumenti lasciati per terra), con la musica che spiega la vicenda, la accompagna, la completa e le si integra, plasmandosi su essa, esattamente come fanno Ada e Santuzzo nella loro piccola e importante vita insieme.

Elena Nieri e Matteo Volpotti sono i due ottimi attori che danno vita alle emozioni di Ada e Santuzzo. Sono commoventi quando litigano, quando si trovano e poi si ritrovano, quando invecchiano con una veridicità commovente davanti ai nostri occhi senza bisogno di altro che della loro arte, o e quando ci danno prova con pudore e onestà dei sentimenti dei loro personaggi. Finalmente uno spettacolo in cui regia e attori dimostrano come prosa e teatro musicale non devono parlare linguaggi diversi e la recitazione non è un optional! Io lo dico e lo scrivo da sempre, loro lo dimostrano in pratica.

Unica, piccola, perplessità è la scelta di mantenere il salto tra la recitazione con cadenza siciliana e le parti cantate, dai due attori, in dizione. Benché capisca la necessità di dare a Tudisca quel che è di Tudisca, trovo che distragga dal ritmo ineccepibile del resto dello spettacolo.

Dopo alcune anteprime romane e milanesi della scorsa estate, rimesso in scena a Milano in uno spazio come quel coraggioso laboratorio/officina che è Area Dance, con tutte le limitazioni che un palco non teatrale ha, c’era più Teatro in questo piccolo, elegante, intelligente gioiellino che in molte produzioni faraoniche con nomi altisonanti che imperversano in Italia in sale da 500, 1000, 3000 posti. L’augurio e la speranza è che Dialogo – Concerto Dialogato torni presto, prestissimo in scena, magari su un palcoscenico vero, con fonica e luci adeguate, così che la storia di Ada e Santuzzo emozioni e commuova ancora, e ancora, e ancora.

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