Il teatro, sapevatelo!
di Alfonso Antoniozzi – in foto il parco luci del National Theatre di Tokyo, foto di Shinjiro Oono
Perchè scrivere una rubrica per spiegare come funziona un teatro? Semplicemente per un motivo: la maggioranza della gente pare essere convinta che il teatro sia un posto dove uno alza il sipario e, oooops, succedono cose! Vorrei invece che apparisse chiaro che il teatro è un posto dove succedono cose perché ci lavorano dentro un sacco di persone che hanno delle precise professionalità. In altre parole, mi piacerebbe passasse l’informazione che un teatro, per una città, non è solo un posto dove vai a vedere uno spettacolo, ma è anche una grande possibilità di occupazione e formazione professionale. Se produce. Se ospita, no.
Glossario fondamentale (parte 3)
La pianta luci pensata da Valerio Tiberi per il musical American Idiot
CORTE E PIAZZA: In teatro la destra e la sinistra so’ concetti relativi: è la destra di chi agisce o la destra di chi guarda? Ossia è la destra guardando dal palcoscenico la platea, o dalla platea il palcoscenico? Una volta i saggi teatranti avevano risolto il problema chiamando CORTE la parte destra del palcoscenico visto dalla platea, e PIAZZA la parte sinistra. Quindi tu dicevi vai a corte, vai a piazza, e se capivamo.
In alcuni teatri si usano ancora riferimenti precisi, come alla Scala dove si dice Corte e Strada perché a destra c’è effettivamente via Verdi che è una strada e a sinistra via Filodrammatici che ha aveva una corte (spianata nell’ultimo restauro), o in Arena dove si dice Municipio e San Niccolò.
Questa saggia usanza, che si mantiene in Francia (cour/jardin) da noi va perdendosi, col bel corollario che tu dici dalla platea vai a destra, intendevo dire a sinistra, cioè alla mia destra che sarebbe la tua sinistra, il che nelle prove luci metterebbe a prova anche la pazienza de Giobbe figurarsi la mia.
PROVE LUCI: sono le prove in cui si “puntano” le luci dello spettacolo seguendo il disegno registico, tipo “il soprano sta lì, puntaje quel riflettore ma allarga l’effetto perché tanto quella fa il cazzo che le pare, comunque se dio vuole resta in zona, forse, in ogni caso non è che posso fare un piazzatone per lei o se ricorda o sta al buio, ‘sti cazzi, in ogni caso metteteje un segno a terra.”
Le luci hanno diversa provenienza: dall’alto (luci di bilancia o di americana), dal lato (tagli), dalla platea (frontali). Il regista principiante che usi i tagli è convinto di aver fatto solo per questo delle luci caravaggesche e lo annuncia anche alla stampa, ma non je date retta perché ha detto una cazzata.
RIFLETTORE: non chiamatelo mai “faro” perché i tecnici luci ti rispondono “il faro sta nel porto” e te sei giocato ogni credibilità, hai voglia poi a pedalare nei giorni successivi, niente, sei ‘na puzza, ti sorridono come se niente fosse ma tu sai che ormai ciao proprio.
Le macchine che illuminano il palcoscenico si chiamano riflettori o proiettori, a seconda dei casi, ossia se sono dei riflettori sono dei riflettori, se sono dei proiettori sono dei proiettori, un nome un destino, e possono essere stabili, ossia ci vuole l’omino che ne sposti l’angolazione a mano, o motorizzati, ossia vengono spostati in automatico dalla consolle.
Alcuni sono dotati di bandiere, ossia delle alette metalliche che ne restringono o ne allargano il campo a seconda delle necessità. Se serve di spostarne il campo di proiezione, si usa il termine “tiltare“, come nella frase “tiltalo tutto a destra (ma quale destra, la tua o la mia, la miaaaaaaa!) che il baritono entra da lì, forse, se se ricorda, in ogni caso non è che posso fare un piazzatone per lui o se ricorda o entra al buio, ‘sti cazzi, in ogni caso metteteje un segno a terra.”
PIAZZATO (O PIAZZATONE): è un effetto luce nel quale viene illuminato uniformemente l’intero palcoscenico e chi s’è visto s’è visto (e si vedono tutti, perché non esistono coni d’ombra). E’ l’extrema ratio in caso di service luci scarso alle quattro della mattina in uno spettacolo all’aperto dopo sei ore di prove luci: “sai che te dico, famme un piazzatone e annamo a dormì‘”.
BILANCIA: è praticamente un supporto elettrificato appeso alle americane dove ci si possono alloggiare lampade con davanti delle gelatine colorate sorrette dal loro bravo telaietto. Non esistono quasi più, sono state mandate a casa dai motorizzati con ruota colore, ma per interpretazione estensiva le luci provenienti dall’alto continuano a chiamarsi luci di bilancia, un po’ per lo stesso motivo per cui ognuno che metta piede su un palcoscenico viene chiamato artista, so’ cari ricordi non necessariamente corrispondenti al vero.
AMERICANA: è uno stangone di metallo appeso ai tiri che scende e sale dalla graticcia (vedere lezione 2) sul quale vengono installati i proiettori. Come le quinte e i tiri, anche le americane sono numerate (prima americana, seconda americana…) contando dall’arcoscenico fino in fondo.
L’americana si dice “attrezzata” se per la sua lunghezza corrono i fili elettrici per attaccarci i proiettori, “elettrificata” se non viene manovrata a forza di braccia ma mediante un motore, cosa auspicabile per le americane luci a meno di avere in forza muscolosi macchinisti che magari a Dio. All’Unione non è né attrezzata né elettrificata, perché non c’è proprio manco l’americana e se ci fosse, beh, la prima americana a calarla sbatterebbe sulla bocchetta anti-incendio, poi dice che uno…