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REVIEW – ENRICO IV. CARLO CECCHI AL TEATRO FRANCO PARENTI

Enrico IV – Carlo Cecchi – foto Bobo Antic

Carlo Cecchi propone un adattamento ammiccante del celebre testo di Pirandello

di Alberto Raimondi

Con piacere va in scena nella Sala Grande del Teatro Franco Parenti di Milano il tanto amato quanto conosciuto ENRICO IV di Luigi Pirandello, testo ormai istituzionalizzato “per fortuna” anche dalle scuole – per cui di diffusione su diverse generazioni – e per quanto ci riguarda, visto la sua bellezza e il suo interesse, non è mai abbastanza leggerlo o ascoltarlo.

Enrico IV – CARLO CECCHI – foto Matteo Delbó

Questa volta è Carlo Cecchi che ci propone un adattamento ammiccante, un’interpretazione divertente e al tempo stesso drammatica e una regia accademica per tradizionalità e senso ludico.

Indubbiamente uno dei testi più intriganti del grande scrittore siciliano ma anche dell’intera drammaturgia italiana, un campionario di temi “teatrali” e non, ancora oggi di forte attualità, perchè la sua genialità sta anche in questo essere sempre contemporaneo e non accusare il tempo che passa; indossare una maschera che sia essa la nostra vera identità o la nostra follia, ci palesa in modo drammatico l’eterno rapporto tra finzione e realtà.

La follia come mezzo di fuga dalla realtà con un nobile dei primi del ‘900 che vive chiuso per vent’anni in casa vestendo i panni dell’imperatore Enrico IV di Germania prima per vera pazzia, poi per simulazione ed infine per drammatica costrizione, ma anche tutto quello che lo circonda che si adatta e asseconda esso, ma anche chi in platea sta ad ascoltare e a vedere e che accetta il gioco e al tempo stesso lo vive nel suo quotidiano, con altri esempi; chi non ha mai indossato maschere per nascondersi? Chi non si è fatto passare per qualcos’altro per ottenere dagli altri quello che avrebbe desiderato facessero?

Si vede che Cecchi ha già “masticato” Pirandello in passato, non ne ha una paura reverenziale, ma è rispettoso e con questo legame sa che può avere una certa goliardia nel trasformare battute, per ridare più vigore ai concetti di base: il gioco lo permette. Rapporto testimoniato anche dalle parole stesse di Cecchi che dichiara:  ”Con Pirandello ho un rapporto doppio: lo considero, come tutti, il più grande autore italiano. E anche il più insopportabile. (…) Ma Pirandello è un punto focale, un nodo centrale nella tradizione del teatro italiano e va affrontato col rispetto che gli si deve”.

Un lavoro, il suo e quello dell’intero cast, molto chiaro, partendo dalle basi più semplici e dalle caratterizzazioni più lineari e a tratti “stereotipate”, per far degustare al meglio il vero gusto di questo testo, insieme al protagonista: Angelica Ippolito, Gigio Morra, Roberto Trifirò, Dario Iubatti, Federico Brugnone, Remo Stella, Chiara Mancuso, Matteo Lai, Davide Giordano.

Anche le scene di Sergio Tramonti e i costumi di Nanà Cecchi portano avanti perfettamente questa idea registica e drammaturgica dove l’essenzialità diventa un cardine fondamentale, regalando una certa freschezza e qualche spolverata di modernità.

Ironia e acume non mancano nello spettacolo, più nel recitato che nella parte visiva, soprattutto cavalcando già le linee guida del testo e non facendo mancare un certo retrogusto amaro alla fine, mettendoci difronte alla realtà dei fatti. Arlecchino si confessa burlando!

 

 

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