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REVIEW – IL MISANTROPO

Un Misantropo moderno e luminoso firmato da Fabrizio Folco

di Prunella

Allestimento luminoso, pulito e moderno questo Misantropo di Fabrizio Falco per il Teatro Stabile di Palermo.

Dopo sette mesi di arresto causa covid, la compagnia, tutta giovane, ha ripreso la tournée proprio dal Politeama Rossetti di Trieste il 26 maggio (repliche fino al 30 maggio). Applausi e “bravo” hanno raggiunto gli attori dopo due ore scarse di rappresentazione, verniciandoli di soddisfazione. Performance seguita con attenzione, grazie al ritmo della recitazione, ma anche perché finalmente, gli attori erano microfonati e nella Sala Assicurazioni Generali che conta bel 1500 posti, la voce non arriva dappertutto proprio per la sua ampiezza.

Il testo, se avete l’occasione, leggetelo perché scoprirete che gli uomini, corrono i secoli, sono sempre uguali. Molière in questa sua opera del 1666 rappresentava la spietatezza e la superficialità del mondo aristocratico parigino, ma i tipi descritti li abbiamo conosciuti anche noi. Chi non ha mai incontrato quello che ha la vaselina nel sangue e si piega davanti a chi gli/le conviene? E lo squalo? Quello che pur di raggiungere i suoi obiettivi non guarda in faccia nessuno? E quelli tutti sorrisi e salamelecchi e appena ti volti, sparlano di te? Ci sarà pur qualcuno che si riconosce in Alceste? Alceste che rifugge i rapporti superficiali, che dice sempre la verità, che bon gré mal gré affronta questi personaggi ammantati di buone maniere con il suo eloquio al durallluminio. Quasi tutti abbiamo avuto a che fare con questi tipi, che noi grossolanamente etichettiamo come “stronzi”, ma che Molière li declinava nelle loro accezioni con la sua vis comica (anche se poi questa è considerata la sua commedia più seria velata da una dimensione tragica).

Alceste però non scenderà mai a nessun compromesso, si isolerà, diventerà il misantropo. Noi invece magari stiamo male, chi più chi meno, e magari molte volte, anche se con l’amaro in bocca, scendiamo a compromessi, accettiamo i consigli di qualche amico che ci suggerisce di lasciar perdere o di far buon viso a cattivo gioco.

E non a caso Filinto, l’amico di Alceste, un impeccabile Fabrizio Falco, a metà tra rigore vittoriano e flemma scanzonata, mentre distribuisce pezzetti di savoir-faire, gli dice che occorre esser più elastici e che, insomma, in società bisogna pur usare le buone maniere e non elargire questa catastrofica franchezza. Ma Alceste è manicheo, aggiungendo, tra l’altro, che stimare tutti è come non stimare nessuno e dalle sue prese di posizione non derogherà mai, costi quel che costi. Purtroppo, e Alceste ben lo sa, apparenza e realtà quasi mai coincidono.

In questo mondo ideale cui Alceste tende, troviamo al centro il suo grande amore, Célimène, una donna frivola, capricciosa che qui ha la bellezza e la verve mediterranea di Alice Canzonieri. Una che tiene sulla corda tuti i suoi spasimanti, non amando nessuno di loro, anzi parlandone male e che alla fine, anche se abbandonata da tutti, rifiuterà Alceste che avrebbe voluto farla sua. Davide Cirri (Alceste) è quasi commovente in quel suo destreggiarsi fra ragione e sentimento, a volte in maniera sanguigna, a tratti in maniera tenera e disperata.

Un fulgido cammeo è quello di Claudio Pellegrini che, sfoggiando una sfarzosa giacca damascata, con sorrisi e parole dolciastre, rappresenta Oronte, il viscido di turno. Se uno pensa a Oronte, è proprio così che se lo immagina. Ci ha spiazzati e non convinti, invece, il personaggio di Eliante, interpretata da Rita Debora Iannotta, la cugina di Célimène, ragazza timida e disperatamente innamorata di Alceste che alla fine sposerà Filinto. Qui viene dipinta come un’oca giuliva equiparandola alla vacuità degli altri personaggi.

Nel complesso però la compagnia, ben amalgamata, ha dato buona prova di sé, da Doriana Costanzo, che mitraglia zizzanie, minacciosamente gentile, mentre le parole sibilano come pallottole (Arsinoè, l’amica di Célimène) ai due marchesi, Acaste interpretato da Costantino Buttitta e Clitandro da Luca Carbone, dinoccolati, annoiati e linguacciuti.

Da recensore puntiglioso però dobbiamo annotare un difetto che in realtà ravvisiamo in tanti giovani attori: l’inflessione dialettale – ma non c’è più nessuno che sa insegnare dizione? – . Non di tutti, ma di molti.
Personaggi e situazioni nel Misantropo sono universali e inossidabili. Se una volta dispute risibili venivano consumate nei salotti aristocratici, come accade in questa commedia, adesso abbiamo molti format televisivi dove chi urla di più ha il sopravvento e dove corrotti o meno, tutti opiniano.

Il Misantropo è una commedia di caratteri e di costumi che nella scelta registica di Fabrizio Falco è stata catapultata in un ambiente anni Venti (firmata da Luca Mannino), – lo si deduce più che altro dagli abiti creati da Gabriella Magrì -, ma durante una festa impazza, in anticipo sui tempi, In the mood di Glenn Miller.
Ora, visto l’eloquio moderno – la traduzione è di Cesare Garboli, molto contemporanea e centrata – e la recitazione altrettanto contemporanea, che ci è piaciuta molto, perché questa miscela di periodi storici? Non è fastidiosa, ma un po’ confusionaria sì. Anche gli intermezzi musicali non hanno aggiunto nulla allo svolgimento della pièce, anzi l’hanno rallentata.

Nonostante questi appunti, lo spettacolo merita. Andate a vederlo. Gli applausi hanno ruggito con autorità.

Il Misantropo

di Molière
Traduzione Cesare Garboli
regia Fabrizio Falco
regista assistente Davide Cirri
assistente alla regia Francesca Melluso
scene Luca Mannino
costumi Gabriella Magrì
musica Angelo Vitaliano
con
Davide Cirri (Alceste)
Fabrizio Falco (Filinto)
Claudio Pellegrini (Oronte)
Alice Canzonieri (Célimène)
Rita Debora Iannotta (Eliante)
Doriana Costanzo (Arsinoè)
Costantino Buttitta (Acaste)
Luca Carbone (Clitandro)
Cristiano Russo (Basco)
produzione Teatro Biondo Palermo

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