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REVIEW – DIPARTITA FINALE

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A lezione di teatro, a lezione di vita

l43-tedeschi-pagliai-140719102104_bigdi Alberto Raimondi

Al Piccolo Teatro Grassi va in scena Dipartita finale, una produzione CTB Teatro Stabile di BresciaTeatro de Gli Incamminati, testo e regia di Franco Branciaroli, il quale dopo l’apprezzata edizione di Finale di Partita di Beckett del 2006, firma un testo ascrivibile alla stessa atmosfera dell’assurdo, con le scene di Margherita Palli e il disegno luci di Gigi Saccomandi.

Effettivamente ci si mette un po’ a capire in che situazione siamo, un continuo “svarionamento” non da al pubblico una stabilità di comprensione, ma lentamente ci si lascia trasportare in questa narrazione surreale, dove non è facile comprendere tutto e i doppi sensi corrono all’impazzata lasciando allo spettatore la decisione finale di scegliere una direzione oppure l’altra.

Quando poi tutto sembra essere diventato abbastanza chiaro, ci si ritrova difronte ad un finale che… sorpresa! Infatti “è una parodia, un western, un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi”, spiega Branciaroli.

Il finale, a sorpresa, è lieto per tre quarti.  È la storia di tre clochard, Pol, Pot e il Supino, comicamente alle prese con le questioni ultime, cui li costringe Toto, travestimento della morte. Oltre allo stesso Branciaroli, che ricopre quest’ultimo ruolo, ad interpretarlo è un cast “mitico” di attori: Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai Maurizio Donadoni, con loro in scena Sebastiano Bottari.

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Inutile dire che vedere in scena Tedeschi e Pagliai, in una situazione come questa, è già uno spettacolo che vale la pena di vedere. Certo gli anni sono passati, ma la voglia di stare in scena resta viva ed hanno ancora tanto da insegnarci, a partire proprio dalla loro incredibile presenza scenica.

Una storia comunque amara che con una sua logica narrativa ci mostra un problema della nostra società; raccontata non direttamente con semplici descrizioni, ma attraverso passaggi non lineari che alla fine chiariscono ogni cosa.

Si ride molto perchè alcune scene sono davvero “assurde”: vedere Tedeschi che con un binocolo guarda nell’intimità più profonda di Pagliai non può lasciarci indifferenti; così come vedere Pagliai con gli orecchini o Donadoni che gli lega i “gioielli di famiglia” con una corda e tutte le volte che il primo si addormenta il secondo tira…

Chiunque può capire che ci si diverte, ma alla fine resta comunque una certa amarezza che fa pensare.

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