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REVIEW – THE NAKED CLOWN (S)TRIP. TO THE SOUL

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The Naked Clown: la scommessa vinta del Recirquel

TNC14_Attila_Nagydi Erica Culiat

Un altro circo? Sì. Il Recirquel di Budapest. Abbiamo visto la scorsa settimana The Naked Clown (S)trip to the soul, la loro seconda produzione che speriamo arrivi anche in Italia.

Al di là della recensione, ci sono piaciute un sacco di altre cose che vorremmo condividere.

Intanto parliamo di una compagnia di neanche ventenni, fondata appena nel 2012 da Bence Vági che si è già imposta  fin dalla sua prima apparizione allo Sziget Festival, il più grande festival d’Europa, per la visione del suo direttore artistico, nonché coreografo. Un circo che si fa nei teatri, quindi è drammatizzato e dove, accanto ai numeri classici circensi, abbiamo anche tanta danza – non a caso Vági si è diplomato in coreografia e direzione al Liverpool Institute for Performing Arts -.

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La maggior parte dei dodici artisti che compongono la compagnia ha studiato all’Imre Baross Circus Institute, la Scuola di circo, proprio con la S maiuscola, del centro-Europa, fondata ancora negli anni Cinquanta. Non è stato facile per Vági accaparrarsi i migliori talenti. Osteggiato in parte dalle famiglie, di solito i ragazzi che studiano all’Imre Baross provengono dalle aree più disagiate e le famiglie, giustamente, vedono in questa scuola un’opportunità di lavoro. L’opportunità c’è, ma è anche vero, ha raccontato Vagi, che come artista circense «a 35 anni sei finito. Io invece voglio che questi ragazzi continuino a lavorare a teatro imparando altre cose in modo da avere un futuro nell’ambiente in cui sono cresciuti e che conoscono meglio».

Per Vági la preparazione deve essere completa, una conoscenza del teatro in toto e quindi non sono mancate le incursioni neppure nel mondo della lirica.

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Le difficoltà incontrate non sono state poche, infatti ci si è messa anche la scuola che non ha visto di buon occhio il reclutamento di alcuni allievi, ma alla fine, tutto è bene quel che finisce bene. E i ragazzi sono talmente bravi che più di qualcuno è stato contattato dal Cirque du Soleil, ma la maggior parte di loro è rimasta a Budapest conscia di fare parte di un progetto. Lavorare per il Cirque sarebbe stato prestigioso, ma la loro apparizione si sarebbe coagulata nel giro di qualche minuto. Il tempo di esibirsi e via il prossimo.

Il primo spettacolo della compagnia è del 2013. S’intitola Night Circus. Successo non solo di pubblico. Il Mupa, il palazzo delle arti di Budapest, che ospita concerti di musica world classica, opera, folk jazz e danza, in due sale bellissime più una sala di registrazione – un vero gioiello auspicabile anche nei nostri teatri visto che le recensioni dalla carta stampata sono state quasi del tutto bandite, sarebbe un modo per conservare memoria degli spettacoli -, decide di co-produrre gli spettacoli della compagnia che trovano qui il palcoscenico d’elezione.

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Ecco allora l’anno successivo in occasione del Budapest Spring Festival The Naked Clown, Paris de Nuit e Non Solus, ultima produzione. La prossima vedrà la luce nel 2017. Sono conosciuti in Francia dove due anni fa hanno fatto il loro primo tour, in Serbia, nei Paesi Bassi, in Spagna, in Colombia dove quest’anno sono stati ospiti del più prestigioso festival che si tiene a Bogotà e ovviamente nel resto dell’Ungheria.

Accenniamo allo spettacolo che finisce con un because everything is just comedy e il clown, la dolce stralunata giocherellona Brigitta Egyed, il nostro Virgilio, lo sa. Lascia il suo colletto bianco sul proscenio, lascia le sue mille maschere, ha imparato il mestiere del commediante, e si appresta a uscire di scena in un firmamento di stelle perché lei stessa è una stella. È questo clown con due lacrime su un viso perfettamente riconoscibile a farci scoprire i recessi della sua anima attraverso un viaggio dove abbiamo incontrato funamboli giocolieri ballerini cantanti…

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I sensi nuotavano nella musica di Péter Sárik, emozionante, mentre gli sguardi inciampavano sugli smerli, sui tulle sulle organze degli abiti, senza lasciarsi sfuggire intanto le acrobazie di chi quegli abiti li indossava. Piccoli spot: il finale del primo atto. Rosso sangue la luce e una vela quadrata dove attraverso gli squarci scivolavano cinque artisti che in realtà facevano da cornice a un assolo imbragato in drappi rossi.

L’incipit del secondo atto giocato su colori lunari dove le cadute da un parapetto sui materassi hanno dato vita quasi a dei frame da cinema muto. Come amante della danza non poteva non entusiasmarmi il pezzo intitolato Baton Dance con il nostro clown che dirigeva una orchestra immaginaria mentre cinque artisti davano vita a una danza su cinque piattaforme elastiche. E come non essere ammaliati dal numero di giocoleria con Leonetta Lakatos, una cameriera pasticciona che passeggia su un pallone e il giocoliere, Áron Pintér, che deve far buon viso alle stramberie della sua assistente? (Proprio loro due saranno il fulcro su cui si dipanerà la trama del prossimo show).

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Ci siamo proprio divertiti in queste due ore e dieci di spettacolo. Performer perfetti. Costumi molto belli. Luci efficaci. Meritano il successo che hanno già raccolto e molto di più. Forse unico difetto una chiusura poetica, intimista, che si protrae dall’ultimo numero circense, due artisti che giocano sospesi in aria, fino all’uscita di scena del clown, che vela gli animi di spleen baudelairiano.

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