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REVIEW – “NOI ROMANE – NOANTRE”

In scena fino al 9 aprile al Teatro Belli, l’omaggio di Toni Fornari a Roma e alle sue donne attraverso il tempo. Sul palco una trascinante Simona Patitucci.

di Ilaria Faraoni 

Da un’idea della fervida mente di Simona Patitucci e dalla penna di Toni Fornari (in scena al Teatro Sistina con Febbre da Cavallo – la nostra recensione QUI) è nato Noi Romane – Noantre (la presentazione su Central Palc QUI), un atto unico di circa un’ora e mezza.

Fornari, che firma anche le liriche delle canzoni e la regia dello spettacolo – una prosa con musiche – ha creato un omaggio al mondo femminile, troppo spesso sottovalutato o messo a tacere dalla società e dalla storia. E l’universo femminile non è presentato da solo, ma va a braccetto con Roma, che, se ci si pensa bene, può essere pensata come un’entità femminile. Così (tranne Enrichetta Caracciolo) sono tutte donne fortemente legate alla Città Eterna, dalla fondazione al Novecento, quelle che si alternano sul palco del Teatro Belli della Capitale.

Simona Patitucci interpreta:

  • Acca Larentia ovvero la leggendaria “Lupa” – la cui identità (forse una prostituta) cambia a seconda delle versioni – che salvò dal fiume e allevò Romolo e Remo;
  • Madama Lucrezia, una delle famose statue parlanti di Roma, l’unica femminile
  • Giuditta Tavani Arquati, la patriota ottocentesca

Valentina Martino Ghiglia interpreta:

  • Agrippina, la madre di Nerone
  • Enrichetta Caracciolo, la monaca garibaldina

Noemi Sferlazza interpreta:

  • La Papessa Giovanna, frutto della leggenda, perché contro l’ipotesi della sua reale esistenza ci sarebbero diverse prove
  • Donna Olimpia Pamphilj detta “la Pimpaccia”, la donna più ricca e influente nella Roma del cognato Papa Innocenzo X (a lei si deve la Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona)

Alberta Cipriani interpreta:

  • Margherita Luti, la Fornarina, la celebre modella amata da Raffaello, che ha ispirato molte opere del pittore
  • Lina Cavalieri, celeberrima attrice e soprano del Novecento

Ilaria Nestovito interpreta:

  • Lucina, il soprano che salì alla ribalta come Leonardo, fingendosi un castrato
  • Elide, una sartina attraverso la quale si narra del sogno creato dalle sorelle Fontana

Lo spettacolo, che si avvale della voce narrante di Maurizio Mattioli (attualmente in scena nel già citato Febbre da Cavallo), alterna i personaggi senza un ordine cronologico, probabilmente per spezzare un’idea di racconto troppo scolastico che ne sarebbe potuto venire fuori.

Il pubblico, in media, conosce poco i suddetti personaggi, quindi il lavoro fa anche un’operazione  culturale, impreziosita dalle video proiezioni di Pádraig Ó Broin, che propone agli spettatori quadri storici, statue o foto che riguardano le protagoniste in questione, dando alle immagini, in qualche caso, anche un ritmo narrativo, con la diversa velocità con cui le alterna.

Del resto le proiezioni costituiscono anche l’unico elemento scenografico dello spettacolo, che non ha bisogno d’altro, per come è stato concepito; ci sono già i ricchi costumi d’epoca della sartoria D’Inzillo Sweet Mode.

Interessante notare come la scelta dello storico Teatro Belli, in pieno Trastevere, sia indovinata e sorprendentemente legata ad alcuni dei personaggi rappresentati.

Giuditta Tavani Arquati, infatti, nata sull’Isola Tiberina, a due passi da piazza Sant’Apollonia dove si trova il teatro, fu trucidata con marito e figlio proprio nel lanificio di Giulio Ajani, in via della Lungaretta, che conduce al Belli. E Piazza Giuditta Tavani Arquati, intitolata alla patriota nel 1909, è nelle immediate vicinanze.

E ancora, una leggenda narra che il fantasma di Olimpia Maidalchini, nella ricorrenza della morte di Innocenzo X, corra in una carrozza in fiamme attraversando Ponte Sisto, che attraversa il Tevere proprio nella zona del Teatro.

Tra episodi e caratteri veri e romanzati, Fornari si ispira in qualche modo anche ad uno dei grandi narratori di Roma: Luigi Magni. È stato proprio il celebre autore e regista, infatti, a citare tramite Manfredi l’episodio della strage della Lungaretta nel film In nome del Papa Re. Eccidio raffigurato, tra l’altro anche da un quadro di Carlo Ademollo del 1880, puntualmente mostrato nello spettacolo da Ó Broin.

Ed è sempre Magni a raccontare della cantante Lucina nel romanzo storico del 2009: Lucina. L’indecente soprano nella Roma del Papa Re.

Del tutto fantasioso invece il vanto di Enrichetta Caracciolo che, ridendo, accusa bonariamente Manzoni di essersi ispirato alla sua vita per il personaggio della Monaca di Monza ne I Promessi Sposi: il capolavoro di Manzoni, infatti, era stato pubblicato decenni prima che venissero alla luce le memorie di Enrichetta nell’opera autobiografica Misteri del chiostro napoletano (1864).

In un’alternanza di momenti leggeri, divertenti, piccanti, drammatici e sognanti, si inseriscono alcune canzoni scritte da Massimo Sigillò Massara, funzionali alla presentazione dei personaggi.

Veniamo al cast.

Simona Patitucci, ancora una volta regina della scena, ammalia il pubblico anche solo calcando le tavole del palcoscenico, con il suo incedere: come non citare qui la sua divertente, esuberante e “lupesca” (vedere per credere) Acca Larentia? E l’interpretazione di Giuditta, avvolta da un silenzio assoluto carico di pathos da parte del pubblico? Emozioni forti quelle con cui la Patitucci ha conquistato la sala vivendo e comunicando l’orgoglio della donna e della patriota, unito al dolore di una madre cui hanno appena ucciso un figlio e che, straziata, si vede assassinare anche l’altro che porta ancora in grembo, con un colpo di baionetta che porrà fine anche alla sua vita. Una tirata che varrebbe da sola l’intero spettacolo.

Un applauso, poi, per il modo con cui la Patitucci ha saputo spezzare, con le intonazioni, i versi in rima del monologo scritto da Fornari, che poteva facilmente cadere nella cantilena perdendo tutta la sua forza.

Ottima prova quella di Valentina Martino Ghiglia, dotata di grande comunicativa e di una vivace presenza scenica, oltre ad un dono naturale nel saper affrontare vari passaggi di intenzione e di tono all’interno dei monologhi proposti.

Alberta Cipriani, Ilaria Nestovito e Noemi Sferlazza, rigorosamente in ordine alfabetico, hanno colpito per l’ironia la prima; per lo sguardo illuminato che rendeva reali i racconti di Lucina ed Elide la seconda; per la sfrontatezza alla romana la terza, cui sono toccate due donni forti e un po’ rudi. Tutte e tre poi sono state credibili nei ruoli guardando in faccia gli spettatori, che in un teatro piccolo come il Belli, con le luci del palco che illuminano in parte anche la platea, non è certo impresa facile.

La conclusione arriva con un brano corale, il cui intento è chiaro e spiega il senso dello spettacolo, anche se si potrebbe studiare un’idea che dia un tocco in più di sorpresa, legando in maniera ancora più forte tutti i personaggi e gli episodi narrati.

Suoni e luci: Tony Di Tore. Aiuto regia: Viviana Tupputi.

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About Ilaria Faraoni

Giornalista, laureata in "Lettere Moderne - discipline dello spettacolo" alla Sapienza di Roma (vecchio ordinamento) con una tesi in "Storia del Teatro", ho studiato musica e chitarra classica per 10 anni con il Maestro Roberto Fabbri, sono istruttrice FITD di balli coreografici a squadre (coreographic team). Il mio interesse per l'arte è a 360°. Ho studiato fumetto diplomandomi alla "Scuola Internazionale di Comics". Tra le mie attività c'è anche la pittura: ho frequentato i corsi della Maestra Rosemaria Rizzo e ho tenuto diverse mostre personali (una delle quali interamente dedicata al mondo del musical) in sedi prestigiose; nel 2012 sono stata premiata a Palazzo Valentini (sede ufficiale della Provincia di Roma) con un Merit Award per la promozione dell'acquerello.
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