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GIOVE A POMPEI

Foggia – Teatro Comunale Umberto Giordano

Celebrazioni Centocinquantenario Giordaniano 2017

Giove a Pompei

5 e 7 maggio

Prima assoluta in tempi moderni

La città di Foggia continua le celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Umberto Giordano: dopo il grande successo ottenuto dall’Andrea Cheniér lo scorso marzo, il Teatro Giordano di Foggia presenta Giove a Pompei (5 maggio ore 21 e 7 maggio ore 19,30), un’operetta rappresentata l’ultima volta nel 1921. Sul podio dell’Orchestra del Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia e del Coro Lirico Pugliese, salirà Gianna Fratta, nominata Cavaliere della Repubblica italiana per i risultati ottenuti in campo internazionale come pianista e direttore d’orchestra. Nel cast vocale Sergio Vitale, Daniela Bruera, Aldo Caputo, Matteo D’Apolito, Angela Bonfitto, Francesco Pittari, Italo Proferisce. La regia è di Cristian Biasci.

Le celebrazioni sono organizzate dal Comune di Foggia in collaborazione con il Conservatorio “Umberto Giordano”, l’Accademia di Belle Arti, l’Università di Foggia e la Fondazione Banca del Monte di Foggia e la Fondazione “Apulia Felix”. Col sostegno di Amiu Puglia – servizi e tecnologia per l’ambiente e del Teatro Pubblico Pugliese.

La messinscena di “Giove a Pompei“, che sarà rappresentata per la prima volta in Puglia, ha l’obiettivo di valorizzare e riattualizzare proprio quegli aspetti dell’opera giordaniana che alla prima (tenutasi a Roma, Teatro La Pariola, il 5 luglio 1921) suscitarono qualche perplessità nella critica: la discontinuità e l’eterogeneità della partitura realizzata a quattro mani (con Umberto Giordano collaborò Alberto Franchetti) o le trovate anacronistiche e grottesche, di derivazione operettistica, come la biga a motore tipo sidecar di Aribobolo e Lalage, l’espresso fermo posta spedito dall’Africa a Pompei, l’eruzione del Vesuvio che diventa spettacolo di attrazione, Giove e Ganimede vestiti da aviatori, i frequenti intenti parodistici.

Giove a Pompei, le cui parti orchestrali erano andate perdute durante un incendio a Casa Ricordi, non è mai più stata eseguita dagli anni Venti. Su indicazione di Dino De Palma, nell’autunno del 2008, Casa Ricordi ha accettato l’incarico di ristamparle a partire da una partitura miracolosamente sopravvissuta e quindi di ridare luce a questo lavoro del tutto sconosciuto ai nostri giorni seppur d’indubbio interesse storico e musicale.

Per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario della nascita di Umberto Giordano è stato costituito presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il comitato tecnico scientifico che ha il compito di coordinare e promuovere le iniziative culturali previste. Il comitato è presieduto dal Sindaco di Foggia, Franco Landella, e composto dall’Assessore comunale alla Cultura Anna Paola Giuliani, dal Dirigente del Settore Cultura del Comune Carlo Dicesare, dal direttore del Conservatorio “Umberto Giordano”, Francesco di Lernia, dal Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, Eva Belgiovine, dal Prorettore dell’Università degli studi di Foggia, Giovanni Cipriani, dal Presidente della Fondazione Banca del Monte di Foggia, Saverio Russo, dal Presidente della Fondazione Apulia Felix, Giuliano Volpe, dalla pianista e direttrice d’orchestra, Gianna Fratta, dallla Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia, Simonetta Bonomi, da Enrico Sannoner dell’Associazione Amici della Musica di Foggia e dal musicologo Guido Salvetti.

Questo spettacolo ha l’intento di restituire la musica lirica e la cultura classica (seppure come si è visto in chiave dichiaratamente ironica e satirica) a un pubblico più vasto, prevalentemente giovanile, valorizzando una storia che è in un certo senso metafora delle opportunità ma anche dei rischi della cultura meridionale.

La messa in scena dell’opera sarà seguita da una pubblicazione multimediale (che conterrà uno studio filologico su Giordano ed il suo rapporto con i classici) e da altre attività di produzione culturale che rappresentano gli elementi funzionali di un percorso complesso rivolto anche a consolidare le buone prassi sperimentate in seno alla Facoltà di Lettere dell’Università di Foggia, con la produzione di opere teatrali e musicali rivolte alla divulgazione dei temi classici.

Come scrive nelle note di regia Cristian Biasci, la commedia musicale Giove a Pompei (1921) nasce nel periodo forse più entusiasmante della cultura artistica europea del XX secolo. E’ il periodo nel quale le Avanguardie imperversano con i loro svariati “ismi”, e molte forme d’arte cosiddette “nuove” si stanno facendo largo tra il grande pubblico. Una su tutte, il cinema, che sta diventando sempre più importante, veicolo mediaticamente sorprendente, semplice e immediato, raccoglie sempre più consensi: al momento del Giove a Pompei di Umberto Giordano sono già usciti tre film (uno nel 1908 – primo film storico-epico del cinema italiano – e due nel 1913, tutte produzioni italiane) sul tema degli “Ultimi giorni a Pompei”, tutti ispirati al romanzo “The last days of Pompei” del 1834 di E. George Earle Bulwer-Lytton; da segnalare anche l’opera lirica “Jone o gli ultimi giorni a Pompei” di Errico Petrella del 1858, modello ispiratore del film omonimo del 1913 per la regia di Ubaldo Maria Del Colle. L’idea della messa in scena tiene in forte considerazione quanto appena descritto e anche tutte le altre forme di teatro “leggero” che in quegli anni affiancano le ben più colte e rodate vie del melodramma: su tutte, il teatro di varietà, dove grazie al comico, alla parodia e al grottesco, convivono sulla scena personaggi che trascendono qualsiasi collocazione temporale e culturale. Rivolto al grande pubblico attraverso la satira, il teatro di varietà riesce ad entrare nella contemporaneità con sferzante umorismo: pensiamo ad Ettore Petrolini che con il suo Nerone (il testo è del 1917) è fonte primaria di ispirazione per questa messa in scena del personaggio di Parvolo Patacca. Tutti i personaggi della commedia musicale sono in qualche modo “caricature” di loro stessi: un Giove che combatte con la sua età, un Parvolo Patacca che, ad onor del nome, sostiene l’economia cittadina grazie all’invenzione della “patina della storia” trucco per spacciar “patacche”, e ancora Aribobolo, reduce d’Africa e fidanzato geloso, una Lalage sua promessa sposa talmente ingenua da affidarsi al primo che incontra in città, ma pronta a sacrificarsi per salvare Pompei andando in sposa proprio a Giove, e così tutti gli altri, comprese le compagini del coro. I personaggi, 14 tra primari e comprimari oltre a 30 componenti del coro, 5 danzatori e 6 comparse, sono protagonisti di quadretti talvolta comici, o satirici che mettono in primo piano degli stereotipi ben precisi, tenuti insieme da una figura principale che orchestra e architetta piani che infine si riveleranno inutili. Benché il carattere generale della messa in scena sia appunto di spirito “leggero”, porrà, attraverso la recitazione, che occupa più di un terzo della scrittura librettistica, molti spunti “colti” sia storici che di attualità sociale e politica propri del periodo dell’uscita dell’opera musicale. Questo a sottolineare che il “Giove a Pompei” è un lavoro concepito con un respiro, soprattutto librettistico, intellettualmente molto acuto che ne fanno un opera unica nel suo genere.  Con la messa in scena, attraverso la recitazione, i costumi e la scenografia, che si avvarrà di proiezioni 3D originali, create appositamente, che prevedono la presenza di 4 proiettori, si darà vita ad una rappresentazione che nel corso dei tre atti si evolverà  in un crescendo: da una visione descrittiva-filologica dell’inizio, primo atto e parte del secondo, verso una molto più dirompente e vicina ai tumulti culturali degli anni dell’uscita della commedia musicale. Il processo porterà verso una cifra dadaista, dove il rosso pompeiano, che taglia la scena a metà in orizzontale, suggerito dalle architetture originali, aprendo la scena verso un paesaggio dominato in lontananza da un magnifico Vesuvio, diventerà la base di manifesti e opere pittoriche di Tristan Tzara, Francis Picabia, Hans Arp, Marcel Duchamp spostando la visione verso una verticalità ineluttabile che culminerà con l’eruzione del vulcano e la distruzione di Pompei. Come per la scena, anche i personaggi si evolveranno caricandosi di atteggiamenti via via più meccanici, caricaturali e grotteschi.

Cenni storici

Nel 1899 Illica cedette a Giordano e a Franchetti il libretto dell’operetta “Giove a Pompei”, invitandoli a musicarlo insieme. Il lavoro di composizione procedette saltuariamente, anche perché entrambi gli autori consideravano l’opera sui generis, in un certo senso estranea al resto della loro produzione (entrambi continuarono a creare per proprio conto, indipendentemente dalla loro collaborazione) e aspettavano un’offerta vantaggiosa per allestirla. Nel maggio del 1907 fu firmato il contratto con Casa Ricordi, ma da una lettera di Illica all’editore si capisce che dell’opera erano stati ultimati solo i brani principali; inoltre Franchetti, incerto e insoddisfatto, aveva richiesto alcuni cambiamenti e lo stesso Ricordi, pentitosi dell’acquisto dell’opera, non aveva nascosto le sue riserve sul fatto che l’opera fosse un po’ antiquata e priva di verve comica. Dopo la morte di Illica (1919) si occupò delle opportune modifiche Ettore Romagnoli che trasformò il testo in un’esilarante storia a tratti surreale. Volentieri quindi procedettero i lavori di composizione da parte di Franchetti e Giordano, tanto che l’operetta, nella sua veste finale, è stata definita dalla critica “la sola operetta italiana di qualche rilievo, che tenti la continuazione dello stile satirico di Offenbach, trasferendo in ambiente mitologico allusioni e parodie della cronaca contemporanea”.

La prima rappresentazione risale al 5 luglio del 1921 al Teatro all’aperto La Pariola di Roma, davanti ad un pubblico che, a differenza della critica perplessa, ne tributò l’immediato successo, ammirando soprattutto le grandiose coreografie e il complesso apparato scenico (tra le pagine migliori, Gaetano Cesari indicò il coro delle serve e dei pompieri, dei guerrieri e delle matrone, un terzetto e la danza del secondo atto).

La trama:

La vicenda rievoca in chiave ironico-satirica la distruzione di Pompei del 79 d.C. per volere degli dei, indignati dal fatto che i pompeiani, in mancanza di reperti archeologici, abbiano osato seppellire i simulacri divini per poi fingere di rinvenirli nella lava. L’eruzione del Vesuvio dà spunto, dunque, ad una vicenda comica con tratti surreali: a Pompei, dove già fiorisce un’ attività di archeologia e di commercio di reperti falsi ad uso di coloro che intendono ornare le proprie dimore con la “patina della storia”, si manifesta inaspettatamente Giove in persona, accompagnato dal fido Ganimede. La sua presenza è più che giustificata, in quanto gli scaltri pompeiani, a corto di materia prima da “anticare”, decidono di ricorrere alle statue degli dei reperibili in città. Questo dà luogo a un intreccio in cui equivoci e astuzie si susseguono senza sosta. Gli scaltri pompeiani, ben a conoscenza della passione che il padre degli dei nutre per le attività di svago col gentil sesso, decidono di offrirgli quanto di meglio in materia è disponibile in città. Giove però s’incapriccia di una giovinetta di campagna che si trova a Pompei per il mercato e non intende rinunciare o accettare le succedanee che gli astuti pompeiani cercano di somministrargli. Anzi, allo scoprire il tentativo d’inganno, l’ira di Giove si fa funesta: egli ordina senza indugio la distruzione di tutta Pompei ad opera di Vulcano, incaricato di attivare il Vesuvio. Alla fine, però, si fa commuovere dalla giovinezza di Lalage, questo è il nome della contadinella, e rimedia parzialmente alla catastrofe, concedendo che la popolazione abbia il tempo di salvarsi; l’eruzione del vulcano però è talmente affascinante che tutti restano a guardare, senza curarsi del pericolo.

 

GIOVE A POMPEI

Operetta in tre atti

libretto di Luigi Illica e Ettore Romagnoli

musica di Umberto Giordano e Alberto Franchetti

Casa Musicale Ricordi, Milano

Personaggi e interpreti

Giove, Sergio Vitale

Lalage, Daniela Bruera

Aribobolo, Aldo Caputo

Parvolo Patacca, Matteo D’Apolito

Calpurnia, Angela Bonfitto

Marcus Pipa, Francesco Pittari

Aricia, Italo Proferisce

Maestro concertatore e direttore

GIANNA FRATTA

Regia

Cristian Biasci

Scene Francesco Gorgoglione (curatore con l’Accademia di Belle Arti di Foggia)

Costumi Diego Pecorella (Sartoria Shangri-la di Foggia)

Effetti speciali e proiezioni in 3d a cura di Raffaele Fiorella

Orchestra del Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia

Coro Lirico Pugliese

Direttore del Coro Agostino Ruscillo

 

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