Comunicato stampa:
Terzo appuntamento del ciclo
“Prima delle prime”
Stagione 2013/2014 – organizzato dagli Amici della Scala
Le Spectre de la rose
Coreografia Michail Fokin
Musica Carl Maria von Weber
La rose malade
Balletto Roland Petit
Musica Gustav Mahler
Cavalleria rusticana
Pietro Mascagni
Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
TEATRO ALLA SCALA
RIDOTTO DEI PALCHI “A. TOSCANINI”
MERCOLEDÌ 8 GENNAIO 2014 ORE 18
Si legge nel sito web del Teatro alla Scala: ”Ogni tanto unire la danza al melodramma aiuta gli amanti di un genere a ricordare che esiste anche l’altro. L’accostamento è qui originale e ben studiato. La danza tenta gli amanti dell’opera con due gemme del balletto: un classico come Le Spectre de la rose … e La rose malade…. Il melodramma è rappresentato da un titolo che, con la sua passionalità sanguigna, farà una salutare trasfusione agli appassionati di balletto più anemici: Cavalleria rusticana…”.
La prima rappresentazione di Le Spectre de la rose risale al 1911, esattamente il 19 aprile al Théâtre de Monte Carlo, quando i Ballets Russes di Diaghilev portarono in scena la storia di una giovane, che al ritorno dal suo primo ballo, cadendo addormentata sogna di danzare con la rosa che stringeva nella sua mano, come romantico ricordo della serata. Il coreografo Michael Fokine era fermamente convinto che la danza avesse un senso solo se ogni singolo movimento contenesse drammaticità e espressione, e nel creare questo balletto tutta la sua visione delle emozioni attraverso la danza è espressa. Ispirato a un verso di Théophile Gautier, il balletto, costruito in sole tre o quattro prove sulle musiche di Afforderung zum Tanz di Carl Maria von Weber, ma nella versione orchestrale di Berlioz del 1841, contiene nel suo epilogo la memorabile scena del salto “della rosa” attraverso una finestra aperta, salto eseguito per la prima volta, proprio sul palco del Teatro di Monte Carlo quel 19 aprile, dal mitico Vaslav Nijinsky.
“O Rose thou art sick. The invisible worm, That flies in the night In the howling storm: Has found out thy bed Of crimson joy: And his dark secret love Does thy life destroy”. Questo poema di William Blake ha ispirato Roland Petit nella creazione del balletto La rose malade, uno dei suoi capolavori, creato appositamente per la leggendaria Maya Plisetskaya, sua musa. Durante la lavorazione del passionale e malinconico balletto, che si muove su evocativi frammenti delle Sinfonie di Mahler, esattamente la seconda e la quinta, addirittura ci si appellò a Brežnev per permettere alla ballerina di potersi esibire sulla scena francese. Il primo gennaio 1973 Maya volò a Marsiglia per una prova, prima di debuttare a Parigi. Per l’occasione, i suoi abiti vennero disegnati da Yves Saint Laurent!
L’opera in atto unico di Mascagni, la sua prima opera, debuttò al Teatro Costanzi di Roma il 17 Maggio 1890. Successo clamoroso e quattro chiamate alla ribalta per il compositore, che nello stesso anno vedrà la “sua Cavalleria” rappresentata in tutta Italia, a Berlino, Budapest e Londra. Ma facciamo un passo indietro. Tutto ha inizio con la novella “Cavalleria rusticana” di Giovanni Verga, che dalla penna dello scrittore siciliano vide la luce a Milano nel 1879. Pubblicata nel 1880 la novella ebbe un importante ruolo anche nella versione teatrale curata (con successo) dallo stesso autore, introducendo il “verismo” nel teatro italiano, rendendo quasi retoriche e vuote le opere del tempo pregne di romanticismo. Un giovane Pietro Mascagni, natio di Livorno e che aveva frequentato solo il primo anno del conservatorio di Milano, lavorava a Cerignola come direttore della banda musicale del paese. Venne a conoscenza, appena due mesi prima della chiusura delle iscrizioni, di un concorso per una nuova opera lirica bandito annualmente dall’editore Edoardo Sonzogno. Mascagni chiese al suo amico Giovanni Targioni-Tozzetti, di scrivere un libretto sulla novella “Cavalleria rusticana”: “poche pagine di grande realismo espressivo” sulla passione del giovane siciliano Turiddu Macca per la fascinosa Lola. Con tanto di tragica conclusione. Il librettista, assieme all’amico Guido Menasci, lavorò con Mascagni per corrispondenza, inviando i versi su cartoline e l’opera fu completata in extremis per l’iscrizione al concorso.
Tuttavia, prima di iscriverla ufficialmente, attraverso l’intercessione dell’amico Puccini, Mascagni, la presentò anche a Giulio Ricordi, che la liquidò con un “profetico”: “Non vedo futuro per questa composizione”. Al concorso Cavalleria Rusticana, si classificò al primo posto. Probabilmente però con un eccesso di leggerezza e una punta di irresponsabilità, dando per scontata la liberatoria da parte dello scrittore, solo ora Mascagni scrisse a Verga per chiedere “l’autorizzazione a far rappresentare l’opera riconoscendogli il diritto di imporre i patti che avrebbe ritenuto utili o necessari”. Lo scrittore siciliano acconsentì. La risposta di Mascagni, nel ringraziarlo, fu questa: “Io vivo qua a Cerignola da quattro anni, dimenticato, abbandonato da tutti; e la mia vita è stentata; è vita di privazioni, di miseria. Oggi vedo un avvenire, dovuto al mio studio, al mio lavoro e soprattutto alla Sua ‘Cavalleria’ che m’ispirò una musica appassionata e teatrale”. Verga chiese dunque a Mascagni e Sonzogno “la quota degli utili sugli introiti stabilita dalla legge sui diritti d’autore”.
Ma a quelle che sembravano buone intenzioni seguirono anni di una reale e accanita vertenza giudiziaria che con molto livore, si protrasse tra i due artisti. Nel 1891 e 1892 il Tribunale di Milano si pronunciò in favore di Verga. Il compenso definitivo, e importante, fu di 143mila lire nel 1893. Lo scrittore accettò. Ma ci furono altri episodi nel prosieguo di questa storia ad inasprire gli animi. Quasi a dispetto, nel 1907, Verga accordò una versione alternativa della “Cavalleria”. Mascagni e Sonzogno si appellarono nuovamente al Tribunale di Milano e… una storia infinita piena di parole corsi e ricorsi.
Mascagni visse tutta la vita senza più superare nelle 16 opere da lui composte la grandezza di Cavalleria Rusticana, che ebbe però un successo massivo. E Verga? A chi gli chiedeva di riprendere in mano la penna: “per chi dovrei scrivere? Di ciò che ho scritto sopravvive soltanto “Cavalleria rusticana” e non per virtù mia, ma di Pietro Mascagni. E porto, quelle paginette, come un cappio al collo”.
(Andrea Castelli)
Nell’incontro “Il Verismo e lo Spettro edulcorato” con ascolti, ne parlerà Massimo Venuti, Professore di Filosofia e Estetica della musica presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano.
Ingresso libero fino a esaurimento dei posti
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