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RECENSIONE – JUNGLE BOOK REIMAGINED

Jungle book reimagined: una danza potente, una regia intelligente, una storia profetica.

di Marzio Serbo

Come ogni anno, tra luglio e agosto nella città di Vienna si rinnova l’appuntamento con ImPulsTanz, il festival di danza contemporanea che più che una serie di importanti kermesse è un luogo di confronto creativo e artistico, nel quale danzatori, coreografi e amanti dell’arte tersicorea si incontrano, confrontano e arricchiscono reciprocamente.

Workshop si susseguono lunghe le ricche giornate del festival e performance che in orari differenti propongono brillanti esperienze di danza contemporanea.

È questo il caso della britannica Akram Khan Company, che ha portato sul palco del Burgtheater viennese l’ultima creazione del suo fondatore e coreografo Akram Khan appunto. Come sempre, l’artista inglese di origine indiana che firma regia e coreografia del suo spettacolo, gioca con una grande squadra creativa e vince, ottenendo un risultato eccezionale: superbo dal punto di vista del movimento, scenotecnicamente innovativo ed efficace.

La drammaturgia oltrepassa i confini del racconto di Kipling e immagina Mowgli come una ragazza, figlia di una delle tante famiglie che imbarcate su zattere di fortuna cercano di raggiungere un Occidente idilliaco. Fuggita dalla violenza e dalla povertà il mare la inghiotte ma la natura la salva. Mowgli naufraga così sola e silenziosa su di un lido che è la foresta abitata dagli animali narrati dal romanzo. La città rimane sullo sfondo, inquietante; attorno a lei si stagliano scatoloni, impronta ecologica di un’umanità irrispettosa. I lupi la accolgono, anche se con riluttanza: in fondo è un essere umano e gli uomini si devono temere.

Qui si evidenzia il fil rouge attorno a cui è re-immaginata la narrazione. Una fiaba raccontata ai bambini che fa bene ai grandi, perché non è la tigre qui ad essere la nemica di Mowgli, ma l’Uomo stesso, il cacciatore/soldato, che impugna l’arma e arrogante si staglia contro la natura amica, generosa, sorella.

La danza è forte, i movimenti energici segnano il recitar col corpo di Baloo l’orso, mentre sinuosi e morbidi sono i gesti della pantera Baghera. Grande è il lavoro sui personaggi e guarda in profondità al segno espressivo. I dieci danzatori lavorano in uno spazio nero, dove solo le scatole di cartone vuote o piene che siano fanno loro da cornice. Danzano interfacciandosi con una serie di disegni animati bianchi che in magnifiche proiezioni tridimensionali portano in scena a volte l’ambientazione, altre gli uccelli che volano, i pesci che nuotano, gli elefanti che marciano. Un intrecciarsi di segni grafici e di gesti che mostrano una sintesi artistica di altissimo livello.

Le scelte registiche risultano intelligenti e di grande efficacia espressiva.

La principale in assoluto è quella di far danzare oltre che sui brani musicali originali, sul testo recitato che gli attori hanno registrato e che risuona come un tappeto sonoro di parole, ritmo che punteggia i movimenti degli interpreti: una scelta che oltre a rendere esteticamente complessa l’intera opera, la caratterizza in maniera così significativa da diventarne quasi la cifra principale, raggiungendo l’obiettivo per nulla ingenuo di narrare una fiaba ai bambini per dare agli adulti un messaggio forte.

Anche altri particolari risultano molto interessanti, come ad esempio la realizzazione di Kaa il pitone, con un gioco danzato di scatole che rimanda a visioni infantili; eppure, al di là del piacevole virtuosismo dato dalla coreografia, evoca rimandi semantici di non poco conto.

Così, tutti notano da subito che a parlare sono tutti i personaggi animali, ma non la stessa Mowgli, silente nel mondo in cui si risveglia che solo nei sogni riesce a verbalizzare la memoria dei propri ricordi. In questo modo lo spettatore giunge a chiedersi chi sia il vero protagonista: l’uomo distruttore, che rimane fino alla fine arroccato all’ipocrisia del proprio antropocentrismo o la natura con i suoi animali veri e trasparenti e con essi le forze che l’acqua e il vento sanno smuovere. Mowgli è l’umanità del futuro, lei può scegliere da che parte stare, se danzare con la natura senza consapevolezza né responsabilità oppure ritornare nel mondo degli uomini, per portare con sé uno sguardo nuovo, la capacità di vivere in rete con l’universo che la circonda.

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