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APRE “LETS”, IL MUSEO DELLA LETTERATURA TRIESTINA

Apre LETS, il nuovo museo dedicato alla grande letteratura triestina: uno spazio variegato dove leggere diventa esperienza.

Si potrà leggere, scegliendo tra i duemila volumi messi a disposizione, accoccolati su rossi divanetti dove la luce in parte è una sfumatura nonostante le vetrate spalancate su piazza Hortis, perché ombreggiate da pellicole semitrasparenti che identificano subito il luogo. LETS – Letteratura Trieste. Un museo tutto da leggere. Acronimo inventato da due poeti contemporanei, Christian Sinicco e Roberto Cescon.

Si potrà vagabondare per le sale, finché l’occhio sempre più audace guizzerà tra gli oggetti di Bobi (Bazlen), la sveglia, le sue penne, un orario ferroviario, un pacchetto di sigarette Kent, trovati nella camera camera d’albergo milanese dove morirà nel 1965. Oppure inciamperà sul calco delle mani di Umberto Saba fatto su carta da Anita Pittoni, (dalla madre aveva imparato l’arte del cucito e del ricamo), utilizzato per confezionare al poeta un paio di guanti di lana.
O ancora si consumerà davanti ai biglietti natalizi che Joyce inviava a Italo Svevo; indugerà sulla macchina da scrivere di Boris Pahor e… insomma l’ubriacatura visiva sarà inevitabile.

Si potrà fare anche “clapa”, cioè combriccola (una sensazione molto triestina), parafrasando lo scrittore Claudio Magris che il 12 settembre, durante la presentazione, prima del taglio del nastro del nuovo museo di cui Trieste si è ingioiellata, ha regalato al pubblico accorso numeroso, nonostante i superbi rovesci pluvii, una toccante lectio magistralis.
«Questo museo non è solo un luogo da visitare per quello che espone. È anche un luogo dove ritrovarsi e stare insieme. Bene».

Quando si inizia ad avere però il senso della letteratura triestina?

Secondo Magris la letteratura triestina inizia a esistere a partire dal 1909, quando Scipio Slataper andrà a Firenze e comincerà a collaborare con le Lettere triestine a La Voce di Prezzolini. Sarà proprio Slataper a fondare la cultura triestina, denunciando che Trieste non aveva tradizioni di cultura, “devo fare tutto da me”.
Dal quel momento prenderà avvio il rapporto con la letteratura italiana e questa prima generazione avrà tanti altri nomi significativi, sui quali giganteggerà Italo Svevo inconsapevole però della sua grandezza.
«Questo museo – ha ripreso Magris ispira riflessioni sulla frontiera, un tema che mi appartiene. Il tema è ricorrente nella letteratura triestina, da Svevo a Saba per arrivare agli autori contemporanei come Mauro Covacich, Susanna Tamaro, Paolo Rumiz, Mary Barbara Tolusso, Federica Manzon».

Forse la domanda più banale è perché nel capoluogo giuliano è stato inaugurato questo museo, fortemente voluto dall’amministrazione comunale e sostenuto da quella regionale (con il contributo della Trieste Trasporti).
Perché Trieste è una capitale letteraria dove si sono sviluppate alcune delle più importanti esperienze novecentesche. E non a caso, come per gli Spazi900. Gallerie degli scrittori di Roma o il nuovo MOLI, Museum of Literature Ireland, anche questo sta all’interno di una biblioteca. La Biblioteca Hortis, da qualche anno sfrattata da Palazzo Biserini, ma che verrà ricollocata appena il restauro del palazzo sarà ultimato. Una sede che non ha solo raccolto e conservato libri, ma luogo storicamente frequentato da quasi tutti gli scrittori che il visitatore scoprirà oggi tra le sue sale.

Tra l’altro un’inaugurazione che coincide con il settantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia e dove, appunto, sono stati riuniti tutti gli autori che hanno raccontato al mondo la città, il suo mare, il suo Carso, le sue genti, nelle diverse lingue, italiano, sloveno, tedesco e anche triestino

Il percorso per la realizzazione di LETS è partito ancora alla fine degli anni Novanta, quando, grazie all’intuizione e al lascito della figlia di Svevo, Letizia Svevo Fonda Savio, libri, documenti, pochi arredi (la biblioteca con le iniziali del padre) e oggetti, tra cui il violino, sopravvissuti al bombardamento del 1945 di Villa Veneziani, diede vita a un Museo dedicato a Italo Svevo.

Nel 2004, invece, centenario dell’arrivo a Trieste di James Joyce (la sua permanenza è datata dal 1904 al 1920), è stato aggiunto il Museo Joyce su proposta dell’accademico e saggista Renzo Crivelli, studioso del genio irlandese (lui sì, aveva la consapevolezza di essere un genio, ha chiosato Laura Pelaschiar, una delle curatrici scientifiche, assieme a Riccardo Cepach, Cristina Fenu, Susan Petri e il coordinamento della direttrice del Servizio Biblioteche Manuela Salvadei).

Insomma, sono passati vent’anni da allora, ha detto Cepach, e abbiamo imparato come si fa.
«La letteratura è un percorso individuale – ha proseguito – difficile da raccontare. Abbiamo realizzato varie iniziative, tra cui due festival, il Bloomsday a giugno e il Buon compleanno Svevo a dicembre, abbiamo parlato con i visitatori… abbiamo cercato di descrivere un’esperienza non comune, fatta di grandi artisti».
Quindi non solo Svevo e Joyce, ma anche Saba. La sacra triade. Esposto il prezioso Canzoniere del 1919, il primo manoscritto conosciuto dell’opera, ma anche la sua versione digitale sfogliabile e navigabile per nomi di persone, di luoghi e per strati di scrittura. E poi l’approfondimento della sua amicizia con il pittore Vittorio Bolaffio, entrambi ammaliati dalla luce del Porto Vecchio.

Tre musei, caratterizzati da tre colori, all’interno di quello più grande. Color tabacco quello di Svevo, in omaggio alla famosa ultima sigaretta, dove campeggiano i ritratti dei suoi genitori e un Ritratto di ragazza dell’amico Veruda; verde Irlanda per Joyce (la Pelaschier ha ricordato che senza Trieste, l’Ulisse ci sarebbe, ma sarebbe un’altra cosa e quindi si è è cercato di far capire che cosa ha dato questa città allo scrittore) e azzurro per Saba come il suo sguardo su Trieste.

Nella sala principale, invece, una libreria degli scrittori nati o che hanno vissuto a Trieste, compresi i contemporanei. Questi, con i loro libri, sparpagliati su due tavoli. I già citati da Magris, ma anche Claudio Grisancich, Luigi Nacci, Marko Kravos, Diego Maraini, Veit Henichen, Laila Wadia.
Mentre la curiosità può pilotare sugli scaffali, le mani possono far ruotare i totem girevoli, si possono aprire cassetti espositivi dove sono adagiati documenti oggetti disegni, si possono sfogliare postazioni multimediali e così incontrare Giani Stuparich, Scipio Slataper, Virgilio Giotti, Fulvio Tomizza, Richard Francis Burton, Stelio Mattioni, Giorgio Voghera, Ricarda Huch. Una romanziera tedesca che visse qualche anno a Trieste, scrivendo quel romanzo che in tedesco fa Aus der Triumphgasse e che verrà tradotto Vicolo del Trionfo. Ma alla fine dell’800 Trieste sfornerà una prima generazione di scrittrici che arriverà al grande pubblico come Haydèe (alias Ida Finzi), Willy Dias (alias Fortuna Morpurgo), Elody Oblath, Rina Del Prado. Non sono solo scrittrici, ma anche giornaliste, insegnanti, traduttrici, imprenditrici, cui vanno aggiunte molte altre tra cui Pia Rimini, Nella Doria Cambon, Marika Nadlišek, Elda Gianelli, Nella Kezich, Kitty Daneo. A loro è stato dedicato un totem e una manciata di libri, ma chissà in futuro forse un approfondimento su queste figure femminili sarebbe ben accolto.

Capire Trieste attraverso le parole dei suoi scrittori, ma anche attraverso l’Edicola della Storia, un chiosco di giornali dove viene sintetizzata la storia della città, senza la quale risulta difficile capire la sua letteratura.
Se non si volesse nuotare tra le parole, sui divanetti ci si può dedicare all’ascolto degli audiolibri del progetto LETSlisten o dei file degli archivi della sede Rai del Friuli Venezia Giulia che hanno spolverato le voci di Biagio Marin, Carolus Cergoly, Giani Stuparich e altri, le Voci sulle Onde, mentre nella sala del il Cinematografo delle Storie, vengono raccontate attraverso la formula del book trailer, alcune vicende racchiuse tra le pagine dei libri della libreria.

Non manca uno spazio polifunzionale che verrà usato per mostre temporanee, conferenze, presentazioni, letture e drammatizzazioni.
Una staffetta di elogi per l’obiettivo raggiunto, questo da parte delle autorità, dall’assessore regionale Pierpaolo Roberti all’assessore comunale Maurizio De Blasio e di ringraziamenti dai curatori scientifici per le numerose collaborazioni prestate da istituzioni e privati che hanno fornito immagini filmati registrazioni oggetti.

Magris per esempio ha regalato il primo libro che ha letto I misteri della giungla nera di Emilio Salgari, un’edizione Vallecchi del 1938; ci sono i disegni di Virgilio Giotti messi a disposizione dal Centro Studi a suo nome e la pipa di Saba donata da Rosinella Celeste. Un tesoro da scoprire in più puntate.

Museo LETS: aperto ogni giorno dalle 10 alle 17, la domenica dalle 10 alle 13 con ingresso libero. Chiusura settimanale, martedì.
https://lets.trieste.it/

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