In un Factory 32 sold out un meraviglioso Casa di bambola parte 2
di Paolo D. M. Vitale
“Dov’è Nora? Dov’è Nora?”. Per mesi Torvald si è sentito porre questa domanda dagli amici, dai colleghi, dalle persone incontrate per strada.
“E’ andata a trovare dei parenti in campagna!” rispondeva i primi tempi.
Passarono i mesi: “è in cura fuori città” borbottava.
Passarono gli anni: “Forse è morta?”, “si, deve essere così, Nora è morta!”.
“Casa di bambola – parte 2” riprende la vicenda di casa Helmer quindici anni dopo i fatti raccontati da Henrik Ibsen. La pièce di Lucas Hnath ha debuttato nel 2017 a Broadway ricevendo 8 nomination ai Tony e vincendone uno per la miglior protagonista femminile grazie all’interpretazione di Laurie Matcalf nel ruolo di Nora.
Si tratta di un’atto unico coinvolgente e a tratti commovente. Sin dai primi minuti lo spettatore viene catapultato in casa Helmer diventando testimone muto di una vicenda umana e familiare che ha la capacità di spaesare e interrogare.
Nora è tornata inaspettatamente da Torvald perché ha scoperto che l’ex marito non ha mai formalizzato le pratiche di divorzio e quindi per la legge i due risultano ancora sposati. Per Nora, che nel frattempo è diventata una scrittrice di successo scrivendo proprio di emancipazione femminile, questo è un grosso problema: rischia di perdere tutto – lavoro, soldi e fama – a causa di un giudice che le sta muovendo guerra.
Quello che ne consegue è un vero e proprio duello verbale tra quattro personaggi (Nora, Torvald, la bambinaia Anna Marie e Emmy, la figlia di Nora e Torvald) alla fine del quale è impossibile decretare un vincitore. Le ragioni di ciascuno sembrano sensate, comprensibili e, perfino, giuste. Eppure sono tutte in contrasto tra loro e ciascuna visione della vita apre a scenari diametralmente opposti.
Ci sono le ragioni di Nora: emancipazione, libertà, autodeterminazione. Ci sono le ragioni di Torvald: presenza, responsabilità, speranza. Ci sono quelle di Emmy: diritto all’amore, diritto alla famiglia, diritto a non subire le scelte dei genitori. E ci sono perfino le ragioni della domestica: diritto al lavoro, riconoscenza, fedeltà.
C’è tanto in questo piccolo gioiello teatrale. Un cabaret di temi e riflessioni che si dipanano sul palcoscenico come una ragnatela: tutto è correlato e tutti sono “legati” gli uni agli altri e, prima ancora, a se stessi. Questa lotta costante tra istanze opposte è il vero leitmotiv della pièce: un volo acrobatico dentro l’animo umano non per dare risposte, ma per mostrare la complessità dei rapporti, complessità a volte tragicamente (alla greca) inafferrabile. In primis il rapporto uomo-donna: universi con leggi fisiche diverse e, spesso opposte, dove 1+1 non fa necessariamente 2. Universi in cui un gesto di attenzione da parte dell’uomo può esser letto come un gesto di superiorità sulla donna e dove un atto di libertà della donna diventa un attentato all’ordine sociale.
Tutto terribilmente vero. Tutto terribilmente attuale.
Il regalo di questa prima messa in scena italiana di “Casa di bambola – Parte 2” lo dobbiamo a Factory 32, giovane realtà teatrale milanese che, a ben giudicare, sarà un faro luminoso nei tempi bui che scorgiamo all’orizzonte.
La regia di Claudio Zanelli (a cui si deve pure la traduzione), aiutato da Ginevra Ciuni, è pulita, fedele al testo e onesta nella sua linearità. Lo spazio di Factory 32 è il luogo perfetto per questo dramma domestico: lo spettatore crede davvero di trovarsi nel salotto di casa Helmer quasi come fosse un quinto personaggio. La messa in scena risulta un vero spaccato domestico in cui lo spettatore fatica a identificarsi con uno solo dei personaggi perché in fondo, siamo tutti contemporaneamente un po’ Nora e un po’ Torvald, un po’ Anne Marie e un po’ Emmy.
Il cast è semplicemente meraviglioso: Alice Mistroni, Nora, è incantevole nella sua voglia di libertà, di cambiare il mondo, di stravolgere un ordine precostituito in cui non si riconosce e che non approva. La sua è una Nora diversa da quella di Ibsen perché sono passati 15 anni e in questi 15 anni da “bambola” è diventata “donna” e questo, la Mistroni, lo sa.
Se la Mistroni è una Nora magnetica, Simone Leonardi è un Torvald encomiabile: profondo e umano, riesce a tenere testa al carisma tracimante di Nora con assoluta naturalezza. La sua voce bassa e calda è un piacere per le orecchie. Se “Casa di bambola” è la storia di Nora, “Casa di bambola – parte 2” è, in definitiva, la storia di Torvald che affronta finalmente i suoi fantasmi e giunge alla catarsi. E noi con lui.
Anche Antonia Di Francesco, la bambinaia Anne Marie, e Erica Sani, la figlia Emmy, donano ottime e credibili interpretazioni in assoluta coerenza con il livello generale dello spettacolo.
Alla fine applausi scroscianti e pubblico commosso in un teatro sold out.
“Casa di bambola – parte 2” è lo spettacolo di cui non sapevamo di avere bisogno, ma che adesso è diventato imprescindibile perché chiude per la seconda volta – e forse per sempre – quella porta alle spalle di Nora e quel cerchio esistenziale rimasto troppo a lungo aperto.
Quindi no, Nora non è morta!