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HAUSBRANDT E TRIESTE – PROTAGONISTA IL CAFFE’

Al Salone degli Incanti di Trieste la mostra “Hausbrandt e Trieste. Cultura e commerci mitteleuropei”

di Prunella

Se oggi la concorrenza è spietata, nel 1892 quando Hermann Hausbrandt fonda a Trieste la ditta omonima, un modesto magazzino di import-export che con il caffè farà la sua fortuna, il problema erano le massaie e i negozianti triestini. Hermann voleva vendere i chicchi già tostati, come si faceva in Germania, mentre i triestini volevano il caffè verde perché la tostatura si faceva in casa, mentre chivendeva voleva vedere la qualità del prodotto. Il coniglio dal cilindro era, ed è tuttora, la pubblicità. Ed ecco che Hermann promuove la sua attività affidandosi alle immagini. Dal turco che sorseggia una tazza di caffè, alzando tre dita per sottolineare le parole “specialità caffè Hausbrandt”, alla campagna del 1910 con i “Vecchietti”, uno degli elementi grafici più riconoscibili dell’azienda, con uno stile che riecheggia Norman Rockwell, alla collaborazione con Leopoldo Metlicovitz, uno dei capisaldi della cartellonistica italiana.

Una chicca in prima nazionale nella mostra Hausbrandt e Trieste. Cultura e commerci mitteleuropei 1892-2023, al Salone degli Incanti, sono I bozzetti originali per la realizzazione di un fondale in una fiera campionaria degli anni Venti, ma che è diventata anche un elemento comunicativo del brand. Ecco la ricostruzione scenografica di questa lunga quinta sulla base delle indicazioni lasciate dall’artista stesso.
L’allestimento, che ha aperto i battenti il 9 di settembre fino al 22 ottobre 2023, voluto dal Comune di Trieste e da Martino Zanetti, presidente della Fondazione Hausbrandt, è stato affidato all’architetto Luciano Setten.

Il marketing e la pubblicità raccontata attraverso i lavori anche dei pubblicitari come Luciano Biban – è sua la “cuccuma umanizzata” del 1967 da cui si sprigiona l’aroma del caffè, prima caratteristica sensoriale: “il piacere di un buon caffè”, poi modificato in “che piacere… un buon caffè”-.

Altro elemento prezioso, di Biban possiamo vedere i bozzetti originali della sua cuccuma, fogli bianchi e disegni neri, riprodotti in negativo (fondo nero, disegni bianchi) su una quinta di grande impatto visivo.
Non mancano Robilant Associati che nel 1980 creano un logo meno pittorico, ma più grafico: la Moka disegnata in un rettangolo, usando solo due colori il rosso e il giallo, marchio riconosciuto in tutto il mondo. Con l’agenzia Demner Merlincek & Bergmann di Vienna il look da trent’anni è diventato più mitteleuropeo: gli elementi di base rimangono, la Moka diventa nera e stilizzata, ma nel complesso lo stile è più minimale.

Last but not least Martino Zanetti, imprenditore ma anche artista. Ha festeggiato i 130 anni del marchio rivisitando il logo di Robilant: la cuccuma animata, che bevendo un caffè fumante, esce lei stessa da una tazzina stilizzata esclamando “Che caffè!”. Tra l’altro, una sua opera d’arte è diventata un segno grafico colorato per allestimenti di bar, e packaging dei prodotti.

Non solo storia, ma anche una sezione dedicata alla tecnica e un omaggio al territorio, alla Trieste di ieri e di oggi.

Il capostipite della ditta aveva intuito l’abbinamento tra macchine e caffè tostato, scommettendo sulle prime macchine per l’espresso e già nel 1900 aveva presentato il sistema brevettato Grevenbroich, un sistema all’avanguardia a motore elettrico e con meccanismi di raffreddamento che garantiva tostatura e aroma del caffè ottimi.

A Trieste il caffè è sempre stato una delle merci più importanti e pregiate del commercio, grazie anche al fatto che nel lontano 1912 la città risultava al decimo posto tra i grandi porti europei. Anche oggi dal Gruppo Pecorini passa il 50 per cento del caffè che si beve in Italia e più del 10 per cento nel mondo. Come si legge nel saggio di Settenl’equivalente di cento miliardi di tazzine di espresso l’anno”.

Industria e caffè, questi ultimi intesi come luoghi di incontro e di discussione.

Claudio Magris in un suo articolo ha scritto che «la città stessa sembra un caffè, un luogo d’incontro e di esilio, come un porto di mare».

Trieste nel 1896 vantava ben 52 caffè. E non a caso, in mostra abbiamo una carrellata dei caffè storici; quelli ancora esistenti come il San Marco, il Caffè degli Specchi, il Tommaseo e quelli che non ci sono più, il Miramar, il Secession, l’Universo.

Infine il progetto della Fondazione Hausbrandt per la rinascita culturale di Palazzo Carciotti, bellissimo esempio di architettura neoclassica, firmato da Matteo Pertsch, oggi di proprietà del Comune, in totale stato di degrado. Di Trieste bisogna innamorarsi. In passato l’hanno fatto Pasquale Revoltella, i Sartorio, i Morpurgo, citiamo a braccio, gente che veniva da fuori e che in questa città metteva radici, lasciando in eredità quello che in vita aveva costruito.

Oggi abbiamo Martino Zanetti. Trevigiano, uomo che guarda al futuro. L’anima della Fondazione per questo progetto di riqualificazione del palazzo che il commerciante greco Demetrio Carciotti si fece costruire nel Settecento. Uno scrigno che dovrebbe diventare area espositiva, albergo, abitazioni private, attività commerciali. Un punto di riferimento per la Trieste del futuro, perché proprio dalla Fondazione parte l’auspicio «che Trieste diventi il centro di una nuova comunità europea, civile e pacifica con un’unica identità confederata».

A corollario alla mostra, nove incontri che spaziano dalla letteratura alla storia all’architettura a cura di Paola Bellin e Design Festival e quattro Aperitivi in Musica, firmati da Federico Pupo e da Spirito Nuova Venezia.
Da collezione il raffinato catalogo edito da Antiga (33 euro)

www.fondazionehausbrandt.com/la-mostra e www.edesignfestival.it/

Orari:
Feriali: 11-19
Sabato e festivi:11-21
Martedì chiuso.
Ingresso libero.

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