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THE PHANTOM… OUT OF THE BOX

In attesa del debuto milanese del Phantom, abbiamo intervistato il suo regista italiano Federico Bellone

di Lucio Leone

“…papier-mache musical box, in the shape of a barrel-organ. Attached, the figure of a monkey in Persian robes playing the cymbals. This item, discovered in the vaults of the theatre, still in working order”.

All’inizio del Phantom of the Opera così il banditore presenta un oggetto all’asta che viene acquistato dal Visconte de Chagny (l’inevitabile belloccio… per gli amici Raoul). E mi viene comodo usare le battute iniziali del Phantom per spiegare il titolo di questa intervista e ancor di più per presentare l’intervistato. Che è uno dei pochi registi in Italia capaci davvero di pensare “out of the box”, dove per box si può intendere sia gli schemi, secondo il senso originale della perifrasi. Oppure il musical, che viene solitamente considerato genere “minore” del Teatro. Oppure ancora l’Italia stessa, visto che il regista in questione si muove con agio e capacità ben fuori dai nostri confini geografici. Federico Bellone, che ha portato in Italia uno dei titoli che era difficile immaginare potessero arrivare da noi.

Lucio Leone: Cominciamo con una domanda inevitabile. Scontata ma inevitabile. Facciamo un po’ di dietrologia, come sei arrivato proprio a scegliere il Phantom per l’Italia? Era un titolo che pareva fossimo destinati ad andare a vedere solo all’estero.

Federico Bellone: «Dunque, come sai, è successo che durante la pandemia ho avuto la malaugurata idea di acquisire i diritti di diversi musical che mi piacevano, come A chorus line, Cabaret, La Cage aux Folles, Follies, Funny girl… che avevano in comune il fatto di essere tutti backstage musical, cioè che sostanzialmente raccontano una storia che ha luogo in un teatro, in un cabaret o in un teatro di varietà».

L.L.: Come a dire che in questo modo avresti potuto sviluppare in una sola stagione uno stesso concetto…

F.B.: «Sì, ed in più l’idea era quella di proporli a rotazione, quattro settimane ognuno, con due cast che si sarebbero alternati in altrettanti teatri. Nello stesso periodo poi, mi è stato presentato un grande imprenditore che si chiama Luca Montebugnoli, che è il fondatore e l’amministratore delegato di una delle più importanti società di biglietteria al mondo, Vivaticket, che aveva saputo che il mio Mary Poppins, dal punto di vista del botteghino, era stata un successo – forse è il caso di specificare che la società che lo ha prodotto è fallita per motivi che non hanno a che fare con lo spettacolo in sé -, ed era interessato a questa mia avventura».

L.L.: Certo, Broadway Milano, che purtroppo però, malgrado l’attesa per alcuni di questi titoli mai prodotti in Italia, non si è concretizzata.

F.B.: «La triste verità è che appena finita la pandemia abbiamo tentato due volte di proporre al pubblico questo progetto e non è piaciuto: semplicemente non si vendevano abbastanza biglietti, nonostante tra l’altro i nomi coinvolti, del musical e non solo. Quindi forse non era il momento giusto per una cosa così. Al che ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “Va bene, ripartiamo da zero. Cerchiamo qualcosa che sicuramente funzionerà”».

L.L.: E così, siete arrivati al Phantom of the Opera. Praticamente il titolo che sta al musical come la Gioconda sta alla storia dell’arte.

F.B.: «Infatti, perché se ci pensi il Phantom, proprio come titolo in sé, è il musical tutt’ora più longevo di Broadway, nonché uno dei musical di più grande successo al mondo, è universalmente conosciuto, e in Italia non era mai stato presentato. E quindi questa è stata la motivazione della scelta».

L.L.: Ma c’è stato un momento in cui la tua parte razionale ha detto “Ok, però questa è grossa, eh?”.

F.B.: «Sì, sì, c’è stata. C’è stata perché, secondo me, l’allestimento originale del Phantom oltre a essere assolutamente iconico, penso che sia stato anche e davvero un’ottima produzione. È uno spettacolo che non avevo mai pensato di dirigere, forse perché è il primo che ho visto a Broadway quando avevo ventun anni e mi aveva totalmente incantato, e che ha delle necessità visive talmente difficili e così già ben risolte nell’originale, che proprio non era nei miei pensieri».

L.L.: Però evidentemente succede che certi appuntamenti siano scritti nel destino. Quanto è stato difficile cancellare quello che avevi visto a vent’anni per sostituirlo con qualcosa di tuo?

F.B.: «Devo dire che probabilmente è stato lo spettacolo più difficile che abbia mai fatto. Però sinceramente non è stata difficile la creazione, intesa come atto creativo. A me succede una cosa che non so se capita anche ad altri colleghi, ma quando approccio uno spettacolo che conosco, mi si sviluppa l’idea nel giro di pochi minuti. Parlo dell’idea principale. La “chiave drammaturgica” che prenderò e di conseguenza quale meccanismo visivo associare a questa. È una cosa che mi viene naturalmente».

L.L.: Per questa tua “idea principale” sei partito dal titolo di Webber oppure sei risalito alle origini con il romanzo originale di Laroux per costruire il tuo Phantom?

F.B.: «Avevo letto il libro, avevo già visto tante volte lo spettacolo, e il film che ne è stato tratto. E non solo, ma anche tutte le pellicole che fin dai tempi del cinema muto lo hanno riproposto. Dal punto di vista pratico io ho un metodo, che è anche quello che insegna Arthur Lawrence, l’autore e regista di tanti classici di Broadway e Hollywood. Nei suoi libri lui dice che è essenziale cercare, carpire il cuore di uno spettacolo. Fosse anche solo una frase, che corrisponde però al conflitto del personaggio principale, e che poi a volte si estende anche ai personaggi secondari».

L.L.: E per il Phantom questo cuore qual è?

F.B.: «Sono partito dall’idea che questo sia un uomo che non riesce ad accettare se stesso, da qui forse anche il logo originale dello spettacolo che in definitiva è uno specchio rotto. Ecco, forse questa è stata la partenza di tutto. È un uomo che ha bisogno, che ha la necessità di essere accettato da se stesso e dagli altri, non da tutti in assoluto, ma da quelli verso cui lui nutre stima. E in questo ho usato la simbologia dello specchio, persino come sipario che è diventato uno specchio rotto nello spettacolo che vedrete».

L.L.: Uno specchio che rompendosi non riflette più o che riflette mille sfaccettature proprio perché è rotto. Ma pur comprendendone le motivazioni, il Fantasma resta comunque un eroe negativo?

F.B.: «In definitiva sì, tuttavia sia con lui che con tutti gli altri personaggi, abbiamo spinto molto con scelte un po’ più coraggiose, perché il libretto ha una connotazione molto estetica e molto romantica: Christine è una bellissima ragazza con il dono della voce, lui è l’uomo reietto e deforme, Raoul è il bello aitante che funge da eroe positivo, Carlotta è la classica diva capricciosa, Madame Giry è una figura misteriosa che nasconde segreti così via. È tutto molto codificato. Allora noi abbiamo pensato, siccome oggi giorno il pubblico è abituato a tutte queste serie televisive moderne con una drammaturgia più vicina al teatro americano di qualità degli anni ‘50 e ‘60 dove ci sono sempre dei twist, delle svolte nella trama, abbiamo fatto sì che questo arricchisse la drammaturgia. Quindi sì, Christine è carina. Ma io volevo renderla anche vera».

L.L.: Un esempio?

F.B.: «Per esempio, verso la fine primo atto, lei scappa sul tetto. Buquet, un macchinista, viene impiccato dal Fantasma e Christine invece di fare la cosa logica che farebbero tutti quando sono spaventati, cioè scappare in strada, fuori dal teatro, lei sale sul tetto, dove poi Raoul la segue. E cantano un duetto d’amore. E io mi sono chiesto… ma perché lei va sul tetto?».

L.L.: La ragazza in effetti dimostra poca lungimiranza. E che cosa ti sei risposto?

F.B.: «Forse perché è orfana e vive in questo teatro notte e giorno, e sente queste voci che probabilmente in qualche modo la aiutano a sviluppare il suo dono vocale, e poi a un certo punto questo Fantasma si rivela – ma lei resta convinta che il Fantasma sia l’Angelo della musica mandato da suo padre dal Cielo – e questo lo porta nelle segrete, sotto al teatro, e lei dorme lì e non si sa che succede tra loro. E poi arriva questo belloccio che conosceva da quando era piccola e la manda in confusione, e poi a un certo punto una persona che lei conosce viene uccisa… Direi che sarebbe pure verosimile l’idea che lei, sconvolta, fosse andata sul tetto per buttarsi di sotto».

L.L.: Le hai dato una vera motivazione.

F.B.: «Esatto, esatto. Oppure, si sa dal prologo che questo teatro è distrutto, no? Perché è distrutto, cosa è successo? I manager, i due impresari, che sono sostanzialmente due macchiette, magari sono loro che hanno causato l’’incendio del teatro per riscattare l’assicurazione, perché altrimenti è un problema il fatto che gestiscono questo teatro da pochi giorni e in pochi mesi già è una situazione fuori controllo. Oppure Madame Giry, che forse aiuta il fantasma a scappare un’altra volta, come probabilmente ha fatto molti anni prima quando lui era chiuso in una gabbia in una freak show in un Luna Park. E quindi abbiamo cercato di trovare delle svolte un po’ a tutti, delle motivazioni umane ai vari personaggi che gli attori potessero sviluppare».

L.L.: Senti, hai parlato degli attori, intanto perché Ramin Karimloo?

F.B.: «È stato in qualche modo abbastanza casuale, nel senso che io avevo con lui questo discorso aperto per fare un musical su Houdini a Broadway, così è capitato che mentre gli stavo raccontando di questo progetto per portare il Phantom in Italia, dicendogli però “Tu l’hai già fatto e quindi non te lo propongo nemmeno”, e invece lui mi ha detto “No, no, Federico, io lo voglio fare” e quindi in qualche modo è stato lui che si è offerto. E a quel punto io ho pensato, beh, che cosa meravigliosa. Chi meglio di lui? Che devo dirti? Sono stato fortunato».

L.L.: E invece, parlando di Christine, a un certo punto mi è sembrata la ricerca per trovare l’attrice che avrebbe dovuto fare Rossella O’Hara. Praticamente tre quarti del mondo femminile del musical si deve essere proposta nella video-audizione. Quanti ve ne sono arrivati? E cosa doveva avere la tua Christine?

F.B.: «Sì, la verità è che i video sono stati tantissimi, ma purtroppo secondo il nostro punto di vista in quei video non l’abbiamo trovata. Ho sempre avuto l’dea che la storia di Christine sia la storia di una ragazza che sta diventando una donna, nelle drammaturgie è quella che in gergo si chiama coming of age story. Dico una bestemmia ma per spiegarmi meglio, Christine è come Baby di Dirty dancing…».

L.L.: Aggiungo bestemmia a bestemmia: forse è un po’ come Nora di Casa di bambola, cresciuta da un uomo che la trattava da bambina e passata ad un altro che la considera una specie di bambola sonora…

F.B.: «Esattamente! Quindi cercavamo una ragazza che sembrasse molto giovane, che avesse però anche della seduttività visto che il Phantom dapprima funge da mentore, ma poi ne è attratto. Quando ho parlato con Webber e gli ho raccontato questa idea, gli si sono illuminati gli occhi e lui ha detto che assolutamente sì. Christine dovrebbe essere così. So che a volte sono state scelte delle attrici più grandi semplicemente perché non la trovavano dell’età o con l’aspetto giusto».

L.L.: Sì, sulla scena sembra davvero molto giovane…

F.B.: «Il problema però era proprio questo: la storia racconta che lei è un talento promettente del canto, e quindi sembrare giovane, e poi però l’attrice deve avere la tecnica per cantare davvero. Anche di Meg viene detto che è una ballerina promettente, ma poi da libretto deve fare quattro 8 in croce. E quindi, anche se tu non trovi la ballerina perfetta, pazienza».

L.L.: Amelia Milo ha peraltro un curriculum ideale per questa tue necessità, almeno a giudicare dai video online e dalle sue note biografiche.

F.B.: «Infatti, ha frequentato la Brown University che è che è un’università dello spettacolo a New York molto prestigiosa, e quindi comunque aveva già solide basi di Musical Theatre non solo per il canto ma anche per la recitazione, e questo alla fin fine è il motivo per cui la scelta è ricaduta su di lei».

L.L.: Approfittiamo del discorso su Amelia per fare un attimo una comunicazione di servizio? Anche al fine di alleggerirvi lavoro di scrematura futuri. Cosa serve per fare una buona audizione video?

F.B.: «La risposta a questa domanda in fondo è davvero banalissima, e immagino che possa essere frustrante per chi la sente, soprattutto se poi non mette in pratica il consiglio. Perché è semplicemente fare quello che viene chiesto alla lettera nel bando. Immagina di dover guardare 1.000 video. Anche solo mantenere alta l’attenzione è pesante e difficile. E ti imbatti in quelli che il video lo fanno con caratteristiche diverse, troppo lungo, inconcludente. Quelli che incominciano raccontarti cosa hanno fatto e a spiegarti il loro curriculum. E quindi sostanzialmente la tua attenzione che dovrebbe essere focalizzata al massimo in quel momento cala e tu ti irriti perché continui a ricercare e spostare il video per trovare i momenti che ti servono per farti un’idea. Magari uno a casa pensa, “va be’, ma se lo può guardare con calma o lo può fare con più calma”. Purtroppo no, perché una persona che lavora tanto non ce l’ha quel tempo, e quindi il consiglio che posso dare è fare esattamente quello che c’è scritto nel bando. Passo molto tempo a prepararli in modo che siano estremamente chiari. Ma purtroppo a volte non vengono seguiti, e lì cominciano le solite polemiche».

L.L.: So che al momento siete essenzialmente concentrati su Milano e le repliche agli Arcimboldi dopo quelle di Trieste la scorsa estate, ma è sempre in predicato una tournée con il Phantom, eventualmente in italiano, in diverse città? E nel caso, senza più Ramin Karimloo, ci saranno cambiamenti o adattamenti nella tua regia?

F.B.: «Per adesso come dicevi siamo concentrati su Milano, dove le repliche sono in inglese. Per l’italiano e la tournée ti confermo che ci sono dei progetti ma non c’è ancora niente di ufficiale che possiamo annunciare fin d’ora».

L.L.: Be’, vuol dire che al momento opportuno ti richiamo, me lo confermi e questa sarà una buona notizia per chi non è stato a Trieste e non riuscirà a venire a Milano ma che vuole vederlo.

F.B.: «Va bene, del resto, quando abbiamo annunciato lo spettacolo ci sono state voci che dicevano “Ah, ma tanto non lo faranno mai, figurati se Karimloo viene in Italia”. E invece da quando abbiamo debuttato molti teatri, anche d’opera, in cui non hanno mai ospitato musical, sono interessati, e quindi serve del tempo per riuscire a incastrare il tutto».

L.L.: Ultime due cose. Tra Hal Prince e Webber e Mackintosh ce l’avevi tu, i tuoi bei fantasmi appollaiati sulle spalle. Sono state presenze ingombranti? Be’, Prince no, non fisicamente almeno, ma gli altri due?

F.B.: «Insomma, ingombranti a livello di stress sicuramente, ma nella pratica no. Per esempio, anche se Mackintosh ha deciso di mantenere i diritti del Phantom solo per i Paesi di lingua inglese, e quindi l’Italia in realtà non lo riguardava, è venuto a Trieste in barca durante le vacanze per vedere cosa stessi facendo. E dopo mi ha invitato a pranzo. Insieme comunque stiamo lavorando a un altro musical che è Mary Poppins, ed avendolo dichiarato lui in passato, non è poi un gran segreto. Webber invece non lo conoscevo, e ne avevo una certa soggezione, anche perché so che lui è molto attaccato alla versione originale e altre che sono venute in seguito non le aveva gradite. Alla fine del primo atto era al settimo Cielo e la mattina dopo la colazione mi ha detto che vorrebbe scrivessimo insieme delle nuove battute per Raoul, per esplorare di più la sua provenienza, il suo vissuto. Quindi, cosa posso desiderare di più?».

L.L.: Ultimissima domanda: progetti futuri?

F.B.: «Houdini a Broadway voglio che debutti nel giro di 12 mesi. È molto faticoso perché quando hai un qualcosa che non esiste è tutto più complicato. E Mary Poppins con Mackintosh che dicevamo prima. Poi Bailo bailo, il musical con le canzoni della Carrà a Madrid, a cui sono molto affezionato, e che debutta ufficialmente il 3 novembre. E infine devo fare Gypsy a Parigi con un premio Tony nel ruolo di Mama Rose, ma non posso ancora dirti chi è».

L.L.: E qui mi parte il Totonomi e il Fantamusical… Ma l’ha già interpretata? Perché nel caso potrebbero essere Bernadette, Tyne, Patti…

F.B.: «Non posso dirtelo perché se no cominci a scremare! (ride, ndr)».

L.L.: Va bene. Aspetto.

E visto che ormai l’intervista è conclusa dico anche che nemmeno a microfono spento sono riuscito a farlo confessare. Nemmeno invitandolo a cena (Webber e Mackintosh insegnano) e promettendogli una lasagna fatta in casa si è sbottonato. Quindi aspetto. Però non posso che concludere questo pezzo con una considerazione.

Oltre ai nostri grandi spettacoli, quelli che hanno fatto grande la stagione del musical del Bel Paese, c’è stato un momento felice in cui il pubblico italiano ha potuto vedere compagnie di Broadway in tour che portavano da noi grandi titoli come West Side Story o veri gioiellini non mainstream come Bubblin’ brown sugar o Ain’t Misbehavin’ (i vantaggi dell’avere un po’ di inverno sulle tempie: io c’ero…).

Il problema per chi ama il musical, che se ne renda conto o meno, è questo, serve che il pubblico si appassioni di nuovo. Torni in sala, affolli le platee. Per i biglietti strappati e non solo, ma anche e forse soprattutto per dare fiducia a produzioni e ai direttori artistici di teatro. Quindi benvenuto Phantom, avevamo davvero bisogno di un titolo che nessuno si aspettava sul serio e che (la similitudine piacerà a Bellone) un prestigiatore capace di pensare fuori dagli schemi con un inaspettato twist potesse estrarre dal cappello. Pardon: da un box!


BOX 1: IL PHANTOM IN CIFRE

1910 – Pubblicazione in volume del libro di Gaston Leroux Le Fantôme de l’Opéra
13.981 – Repliche della produzione originale Phantom a Broadway
19 – i manichini usati in scena insieme all’ensemble per Masquerade nella produzione originale inglese
230 + 111 – costumi e parrucche in scena per la produzione originale di Broadway
281 – candele usate in scena nella produzione originale di Broadway
134.880 (approssimato) – chilometri di carta usata per stampare i Playbill durante gli anni di repliche a Broadway (circa 3 volte e mezza la circonferenza della Terra)
185 – Le versioni di Music of the night incise nel mondo
38 – adattamenti cinematografici o televisivi che si ispirano all’opera originale di Leroux (compreso un episodio dei Chipmunks…)
Oltre 40.000.000 – copie vendute della colonna sonora originale
42 – i Paesi in cui è stato portata una scena una produzione (replica o non replica) del Phantom


BOX 2 – INFORMAZIONI

The Phantom of the Opera al TAM TEATRO ARCIMBOLDI MILANO
dall’11 al 22 ottobre 2023
Biglietti disponibili su
TAM TICKETS: https://ticket.teatroarcimboldi.it
TICKETONE: www.ticketone.it

Team creativo e cast
Federico Bellone – Regia e scene
Giovanni Maria Lori – Supervisione musicale
Gillian Bruce – Coreografie
Clara Abbruzzese – Co-scenografa
Chiara Donato – Costumi, acconciature, trucco
Valerio Tiberi – Disegno luci
Roc Mateu – Disegno fonico
Paolo Carta – Illusioni ed effetti speciali
Julio Awad – Direttore musicale
Silvia Montesinos – Regista associata
Marta Melchiorre – Coreografa associata
Emanuele Agliati – Disegno luci associato

Cast:
Phantom: Ramin Karimloo
Christine Daaé: Amelia Milo
Raoul, Visconte di Chagny: Vinny Coyle
Monsieur André: Earl Carpenter
Monsieur Firmin: Ian Mowat
Carlotta Giudicelli: Anna Corvino
Ubaldo Piangi: Gianluca Pasolini
Madame Giry: Alice Mistroni
Meg Giry: Zoe Nochi
Buquet/Reyer: Matt Bond
Lefevre/Don Attilio: Jeremy Rose

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