di Elena Formica – foto Luca Trascinelli
Debutto in Italia di Manuel López-Gómez, giovane direttore venezuelano, sul podio della Filarmonica Toscanini. Solista d’eccezione il cinese Li Biao.
“Veramente non ho nulla per grande orchestra – così scrive Franz Schubert in una lettera del 1823 – che potrei presentare al mondo con coscienza tranquilla”. Troppo modesto, forse. Ma pensando alla Sinfonia n. 4 in do minore D. 417 “La Tragica”, composta nel 1816 quando l’autore aveva 19 anni, si va alla radice di quest’autocritica severa, non immotivata però. Le prime Sinfonie di Schubert non sono state scritte per l’esecuzione pubblica, per debutti in grande stile; sono semmai tappe di avvicinamento a un modo personale, autonomo, di trattare la forma sinfonica. Dei saggi, per così dire. Quanto al precedente beethoveniano è lì, immenso: un modello che si avverte palese nella “Tragica”, innervata di pulsioni drammatiche, potenziata nell’organico orchestrale dall’impiego di quattro corni. La tonalità in do minore è la stessa della Quinta di Beethoven, ma quello di Schubert resta, di fatto, un altro mondo: vi si rintracciano dolci, malinconiche riprese del pensiero melodico estranee ai complessi sistemi di contrasto che caratterizzano il tessuto beethoveniano; vi si annida inoltre un magico lirismo che evoca ascendenze mozartiane. Non manca, certo, un deciso impulso ritmico nel Minuetto, eppure anche l’esito più marcatamente ‘para-beethoveniano’ del Finale si conclude con una fanfara quasi festosa. Per certi aspetti straniante, dunque, la Sinfonia n. 4 di Schubert, così indefinibilmente seduttiva. Con essa il ventinovenne Manuel López-Gómez, giovane talento venezuelano uscito da “El Sistema” di Abreu, ha siglato in questi giorni il proprio debutto in Italia sul podio della Filarmonica Toscanini. Una bacchetta, la sua, che ha già diretto in America la prestigiosa Los Angeles Philharmonic e in Europa la Filarmonica di Radio France. L’approccio a Schubert, nel primo concerto italiano all’Auditorium Paganini di Parma, è stato nettamente orientato alla ricerca dell’ “imprinting” beethoveniano, anche se non è lì che si coagula l’atmosfera più intima e screziata, ondulata e spesso imprevedibile, specie sul versante armonico, della Quarta Sinfonia. Con molta sicurezza, López-Gómez ha condotto l’orchestra verso un’idea potentemente drammatica, tesissima, di questa musica; ne è sortita un’interpretazione d’impatto per così dire “teatrale” sul piano delle evidenze, tuttavia non sempre sensibile alle ragioni più profonde, anche un po’ misteriose, della natura schubertiana. Turgida pure l’esecuzione dell’Ouverture delle Nozze di Figaro, un Mozart reso qui con grande densità sonora, sontuoso ed eccitato a un tempo. Terzo pezzo in programma il Concerto per marimba e orchestra d’archi di Ney Rosauro, quattro movimenti, datato 1986. Solista d’eccezione il cinese Li Biao, percussionista tra i più importanti al mondo. Non solo una tecnica straordinaria, ma soprattutto una calda, avvolgente comunicabilità – pur nella sfida altamente virtuosistica che tale concerto racchiude – ne hanno caratterizzato la presenza all’Auditorium Paganini. Merito anche dell’immediata (nel senso di suadente) ispirazione melodica della partitura, che su disegni ritmici particolarmente ardui costruisce però un ascolto non problematico, anzi facile e suggestivo. Acclamato dal pubblico, Li Biao ha eseguito come bis un brano di sua composizione, “For Eddie”, intensa elegia per un amico scomparso.