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REVIEW – LA BUONA NOVELLA

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Non c’è niente di più frustrante che vedere buone premesse e ottime professionalità mancare l’obbiettivo. Peccato. Anzi, no: accidenti!

10822608_10205567100400827_1732314349_ndi Lucio Leone

Comincio con una notizia che spero possa rallegrare altre persone quanto ha rallegrato me: ho la prova che in Italia abbiamo davvero dei bravi attori. Capaci di portare la voce, di segnare il ritmo di un monologo con intonazione e intenzione, di prendere possesso dello spazio scenico. E, come se non bastasse, ho la prova anche che alcuni di questi sono pure bravi cantanti! Intonati, capaci di emozionare e di emozionarsi quando si confrontano con materiale come quello, per esempio, che Fabrizio De André ha lasciato a tutti noi in eredità. Continuo con le buone notizie: esistono anche registi che sanno dirigere i propri attori. Che creano movimenti scenici con un senso, che curano anche le piccole cose (come l’espressione del viso degli attori in controscena) fino ad ottenere esattamente il tipo di effetto che avevano in mente.

Concludo infine la sequenza di buone notizie dicendo che questo spettacolo oggetto di recensione, La Buona Novella, andato in scena in prima nazionale al Teatro Menotti si avvale di una scena essenziale ma suggestiva, di costumi un filo scontati, ma comunque coerenti e soprattutto di un Direttore Musicale – Alessandro Nidi – evidentemente competente, che ha saputo mescolare le canzoni tratte dal concept album omonimo, appunto scritto da De André nel lontano 1970, con gospel e spiritual trovando strani ma evidenti punti di contatto fino ad ottenere un’originale colonna sonora ottimamente eseguita capace di catturare e affascinare il pubblico (in questo aiutato dalle buone, in alcuni casi ottime, qualità vocali dei 14 attori in scena, tutti o quasi anche musicisti, che hanno saputo cantare e suonare dal vivo e senza amplificazione in un teatro – senza l’acustica perfetta di una sala da concerto – l’intera partitura).

Ecco. Mi spiace se aspettavate altro. Temo che siano finite le buone notizie sulla… Buona Novella. Che con De André e il suo spirito e la sua eredità a me sembra non c’entrasse nulla, ma proprio nulla. Mi spiego meglio: ho sempre pensato che la forza, a volte anche la violenza delle storie che Faber ha composto risieda nella potenza delle immagini e nella suggestione della parola, con la sua voce (o quella dei suoi interpreti) che accarezza il ritmo delle frasi facendole sembrare onde. Non ricordo (magari ne esistono ma credo sia indicativo che non mi vengano immediatamente in mente) canzoni in cui abbia usato sonorità rock, o “suoni dell’anima”. “Certo! parliamo di De André, mica di James Brown” direte voi. Esatto. Quindi, per quanto provi, non riesco assolutamente a capire per quale motivo tanta poesia nella parte musicale abbia dovuto scontrarsi (il termine non è casuale) con una impostazione generale che credo non si vedesse in scena dall’avanguardia underground più urlata di qualche decennio fa. Tutto sopra le righe, tutto veemente, tutto artefatto. Salivano i decibel e calava il pathos. L’effetto, va da sé, è di sconcerto, e il sospetto (aggiungerei “ahimè”) è che non si trattasse di sconcerto orchestrato malgrado l’evidente talento nel dirigere i propri attori e curare i dettagli dimostrato dalla coppia di registi, Emilio Russo e Caterina Spadaro. E anche il testo, sempre opera di Russo, suonava più come una sequenza di cliché che come qualcosa di vero e profondo: l’ho trovato purtroppo scontato, senza la scintilla di una vita vera. Vuoto. Urlato e vuoto. La guerra fa schifo. Un povero Cristo paga le colpe altrui. I poveri sono poveri. E la vita a volte fa schifo e per i diseredati fa ancora più schifo. Ma va?

Che posso aggiungere? Peccato. Una occasione persa. Scrivo questa recensione e ripenso a Franca Rame e al monologo di Maria sotto la croce in Mistero Buffo e a quanto sia bello sentire le motivazioni e i pensieri di personaggi cristallizzati in storie note, quando dai loro voce con un cambiamento di prospettiva rendendoli vivi. Ripenso a un altro spettacolo con Lina Sastri e a Bisio sempre ispirato allo stesso lavoro di De André che aveva saputo perfettamente coglierne e riproporne l’anima. Ripenso proprio a De André e alla quantità di cose nuove che si scoprono ogni volta sentendo le sue canzoni per la millesima volta, oppure anche solo leggendone i testi, senza musica.

E poi mi torna in mente quando, ieri sera, a un certo punto ho visto comparire in scena una delle attrici, dotata di una voce profonda e bellissima di cui aveva dato prova intonando dei gospel poco prima, e ho pensato “Ohhh, meno male, almeno adesso questa canta”. E invece, purtroppo, ha cominciato l’ennesimo monologo da incazzata nera.

Non c’è niente di più frustrante che vedere buone premesse e ottime professionalità mancare l’obbiettivo. Peccato. Anzi, no: accidenti! di Lucio Leone Comincio con una notizia che spero possa rallegrare altre persone quanto ha rallegrato me: ho la prova che in Italia abbiamo davvero dei bravi attori. Capaci di portare la voce, di segnare il …

Review Overview

REGIA
TESTI
DIREZIONE MUSICALE
INTERPRETAZIONE
ALLESTIMENTO

PAGELLA CENTRAL PALC

Summary : Una occasione persa.

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