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REVIEW – BRACHETTI, CHE SORPRESA!

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Brachetti incanta, ma gli intermezzi rallentano il ritmo dello spettacolo.

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di Erica Culiat

È ritornato a Trieste. Dal 1987 in poi non ha mai disertato il Politeama Rossetti con i suoi spettacoli.

Il 4 e 5 marzo è andato in scena con Brachetti, che sorpresa! che, per il tour 2015, si avvale della regia di Davide Calabrese, uno dei dei cinque Oblivion.

Come in Gran Varietà Brachetti, anche qui, il “Versace a ultravelocità”, come l’hanno definito, non è da solo, ma attorniato da alcuni compagni. C’è Luca Bono, un giovane campione europeo di magia; ci sono Luca&Tino, il duo Lucchettino di Zelig; c’è Francesco Scimemi, illusionista/intrattenitore, anche lui scuderia Zelig ma in realtà scoperto da Pippo Baudo ancora negli anni Novanta nella trasmissione Gran Premio; c’è infine Kevin Michael Moore che accompagna Arturo alla ricerca della sua valigia rossa imprigionati in un enorme videogame. Soltanto superando i vari livelli, Arturo riuscirà alla fine a ritrovare la sua valigia colma di ricordi ed esperienze.

A noi Brachetti è sempre piaciuto, e continua a piacerci, per questa capacità di farci stupire come quando eravamo bambini, perché spennella il quotidiano trasformandolo in qualcosa di stupefacente. Proprio lui diceva, «è la realtà immaginata che ci rende felici».

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Ficcare il naso nei suoi spettacoli è chiudere il mondo fuori, dimenticarlo per poco meno di due ore. Questa volta però c’è stato meno trasformismo e più magia/illusione e recitazione e a dirla tutta lo show nel complesso non ne ha beneficiato. Velocità e lentezza sono andate a braccetto. Velocità indirizzata soprattutto alle performance di Arturo che sono durate un battito di ciglia e in fin dei conti il pubblico va a teatro per vedere lui. Gli applausi, euforici, hanno accompagnato ogni sua uscita. Quando ha fatto il giro del mondo in pochi minuti sfoggiando la galleria di italiani, francesi, russi, cinesi, indiani, una ventina di personaggi in tutto. Quando ha stupito giocando con il laser (la consulenza è di Théo Dary) e ingaggiando una battaglia da videogame con l’avversario e subito dopo è levitato galleggiando in un cono di luce come fosse Criss Angel. Sicuramente in questo spettacolo è stata elargita a piene mani una tecnologia all’avanguardia che ha contribuito a rendere preziosa la messa in scena, premiata dai continui battimani.

I bambini hanno ululato vedendolo protagonista di una fumetto western, un vero tableau vivant, Tex Willer che spara e fa scappare i cattivi, creato con la consulenza di Leo Ortolani, l’autore di Rat-Man.

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Lentezza perché, per quanto bravi i suoi compagni di avventura, i loro spazi hanno spezzato il ritmo dello spettacolo. Non tanto gli interventi di Bono che bene si amalgamavano con la storia, quanto quelli Luca&Tino, carini, ma non trascinanti nella loro comicità essenziale e quelli di Scimemi. Lui ha energia da vendere, ma le sue scenette con il coinvolgimento anche del pubblico sono risultate un po’ come la pubblicità alla tv, sempre troppo lunga, ma senza la possibilità di fare zapping.

Dovrebbero insomma essere un po’ asciugate. Non sono mancate le ombre cinesi che sempre ammaliano nella loro semplicità e anche i disegni con la sabbia, con i quali Brachetti chiude, riassumendo lo spettacolo e omaggiando di volta in volta le città in cui è ospite.

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