comunicato stampa
TEATRO SOCIALE DI COMO – ASLICO
Stagione notte 2015/16
‘IN ESSO TU SEI IL MIO TUTTO’
Opera
giovedì, 26 novembre – ore 20.30
sabato, 28 novembre – ore 20.30
UN BALLO IN MASCHERA AL TEATRO SOCIALE DI COMO E CON OPERA – HUB, DEDICATA A VERDI, NASCE LA PIATTAFORMA DEL TURISMO DELL’OPERA LIRICA
Il 26 e 28 novembre approda al Teatro Sociale di Como Un ballo in maschera, titolo verdiano tanto amato dal pubblico che vedrà sul podio il m.o Pietro Mianiti, con la regia del giovane e talentuoso Nicola Berloffa.
Prosegue così con successo la programmazione della stagione d’opera di OperaLombardia che raggruppa in un unico grande cartellone d’opera i 5 teatri di tradizione della Lombardia e che, grazie ad un innovativo progetto di valorizzazione del patrimonio storico lombardo, potrà godere del sostegno di un nuovo ed inedito strumento web. Recentissimo è il lancio di OPERA HUB, frutto dell’alleanza tra Ask Bocconi, l’Archivio Storico Ricordi ed il Teatro Sociale di Como che, grazie al finanziamento di Regione Lombardia, hanno messo a punto un servizio web inedito, dedicato agli appassionati di lirica ed ai turisti.
Opera Hub (http://www.opera-hub.com/) nasce come piattaforma web per orientarsi attraverso la segnalazione di itinerari e della programmazione di spettacoli d’opera, alla scoperta dei luoghi turistici carichi di storia. Il progetto nasce dedicato a Giuseppe Verdi, ma punta ad allargare la proposta ad altri compositori italiani.
UN BALLO IN MASCHERA
Teatro Sociale di Como
giovedì, 26 novembre – ore 20.30
sabato, 28 novembre – ore 20.30
Capolavoro del Verdi maturo, cui la censura impose di trasferire il soggetto di Scribe dalla Svezia ad una Boston seicentesca (e trasformare il re Gustavo nel governatore Riccardo), Ballo in maschera mette in scena il conflitto straziante tra l’amore passionale e la profonda e leale amicizia: Riccardo ama, riamato, la moglie del migliore amico e pagherà con la vita questo amore colpevole. Il titolo, che da moltissimi anni manca da Como, sarà trasposto da Nicola Berloffa nella rivoluzionaria America di Abramo Lincoln.
Melodramma in tre atti. Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Antonio Somma da Gustave III, ou Le bal masqué di Eugène Scribe.
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Apollo, 17 Febbraio 1859.
Riccardo Sergio Escobar
Renato Angelo Veccia
Amelia Daria Masiero
Ulrica Annamaria Chiuri
Oscar Shoushik Barsoumian
Silvano Carlo Checchi
Samuel Mariano Buccino
Tom Francesco Milanese
Un Giudice / Un servitore d’Amelia Giuseppe Distefano
Direttore: Pietro Mianiti
Regia: Nicola Berloffa
Scene: Fabio Cherstich
Costumi: Valeria Donata Bettella
Luci: Marco Giusti
Maestro del coro: Antonio Greco
Coro: OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coproduzione: Teatri di OperaLombardia
Nuovo allestimento
23 novembre
ANTEPRIMA
Altre recite:
Pavia, Teatro Fraschini: 20 e 22 novembre
Cremona, Teatro Ponchielli: 4 e 6 dicembre
Brescia, Teatro Grande: 11 e 13 dicembre
Info e biglietti
Dal martedì al venerdì, ore 13.00 – 18.00; sabato, ore 10.00 – 13.00
Tel. +39. 031.270170 – Fax +39. 031.271472
info@teatrosocialecomo.it – www.teatrosocialecomo.it
Note di regia
UN THRILLER PERFETTO
di Nicola Berloffa
Per cogliere la completezza de Un ballo in maschera, bisogna pensare di lavorare su quattro opere differenti, per situazioni, scene, intrecci. Ballo è un’insieme schizofrenico, forse l’unica vera opera verdiana bagnata nel grande romanticismo ottocentesco europeo, un’opera di tormenti, follie e ironia. Questo insieme di elementi drammaturgici permettono una totale libertà di espressione al regista che può attingere a piene mani da tutto il repertorio.
Nel libretto troviamo vari piani di lettura: una causa politica fa da sfondo ad una storia d’amore platonica, in alternanza a scene più leggere con un rimando all’operetta francese ottocentesca; il compito più arduo è cercare di livellare in modo giusto tutti questi ingredienti senza castrare il gusto di ogni singola scena, scene che si susseguono con alternanze bipolari di sentimenti e di smarrimenti.
Da libretto ci troviamo a Boston nel ‘700, dove in una lasciva corte capitanata dal Conte Riccardo si scontrano pensieri più puritani e retti. I congiurati operano nella loro causa, l’omicidio del Conte, dall’inizio stesso parte un countdown serrato per lo spettatore che attenderà con ansia la scena del delitto finale, insomma… un thriller perfetto.
La forte caratterizzazione folcloristica di alcune scene permette di dipingere un’America da cartolina dove si intrecciano al dramma tutti gli elementi necessari per spiegare allo spettatore la scena. Proprio da questo ipotetico dramma folcloristico parte l’idea di regia: un viaggio nell’immaginario storico e visivo di quello che potrebbe essere l’America in un dramma romantico. Una ricostruzione evocativa del Teatro Ford di Washington, luogo dove si è svolto un’altro omicidio politico storico, quello di Abraham Lincoln, fa da cornice allo svolgersi della storia con una ricostruzione fortemente teatrale di tutti i luoghi deputati all’azione; cowboy, indiani, amish, cortigiani e borghesi si scambiano continuamente in questo dramma di ‘travestimenti’, in cui fino alla fine le vere identità non saranno messe a nudo.
Note del direttore
SCHERZO O FOLLIA?
di Pietro Mianiti
Ne Un ballo in maschera Verdi voleva comporre un’opera in cui i pezzi chiusi non fossero il centro dell’opera ma la cornice dell’azione scenica, in cui ci fosse più sottolineatura espressiva della musica e della parola cantata. Questa concezione di teatro per Verdi si basava sulla volontà di avvicinarsi a una specie di traduzione musicale della struttura del teatro shakespeariano, di cui Verdi era appassionato lettore e di cui in quegli anni ambiva musicare Re Lear. Lo stesso soggetto doveva possedere caratteri misti e anticonvenzionali; a questa maturazione di stile corrispondevano anche orchestrazione più complessa e vocalità meno belcantistiche. Ballo resta una di quelle opere in cui Verdi riassume e matura i materiali della tradizione. Il linguaggio è ancora tradizionale, ma depurato delle ‘cose inutili’: i due interventi di Riccardo (La rivedrà nell’estasi) e Renato (Alla vita che t’arride) riuniscono ciascuna in una sola struttura la doppia funzione di cantabile e cabaletta; l’aria di Amelia – Morrò ma prima in grazia – comincia e finisce in minore (prima di allora, cosa mai accaduta in opera italiana).
Dopo la prima, le accuse di compiacimento allo stile del grand-opéra nei confronti di Verdi erano motivate da alcuni momenti di gusto francese (molti ritmi nelle scene con Riccardo, le due canzoni di Oscar, il finale della prima scena, quella dell’estrazione a sorte). Alla fine l’opera risulterà compostamente classica da una parte e volonterosa di novità dall’altra. La fortuna critica di Ballo si può, infatti, sintetizzare in breve: per anni, fu considerata una schifezza, poi improvvisamente un capolavoro. Dopo un discreto successo per una trentina d’anni, Ballo era caduto nell’oblio, snobbato durante la reinassance verdiana dagli anni ’20; ma durante gli anni ‘50, sotto la spinta dell’interesse per le opere problematiche di Verdi, riebbe improvvisa rinascita, fino a raggiungere toni esaltati.
Verdi tende a eliminare in quest’opera melismi e ornamentazioni, riducendo l’agilità e avvicinando, in linea con le proprie concezioni del teatro, la parola cantata a quella parlata. I tre personaggi principali necessitano di cantanti espressivi, duttili e recitanti: una recitazione artificiosa può trasformare quest’opera da autentico dramma a parodia di se stessa. Fra le voci secondarie, l’unica a mantenere qualche carattere del belcanto tradizionale è Oscar, l’alter ego spensierato di Riccardo, soprano leggero e brillante con fioriture (caso raro di un soprano per una parte en travesti). Il tenore del Ballo è finalmente piegato – come Verdi aveva già incominciato a fare con le parti baritonali – a inflessioni e sfumature psicologiche, che per la voce di tenore erano respinte dalle tradizioni belcantistiche. Per la parte di Renato troviamo un baritono verdiano che già conosciamo dai tempi di Germont: un baritono cantante, con elevazioni liriche a registri quasi tenorili. A questo baritono sono affidati due momenti fra i più alti dell’opera: il cantabile Alla vita che t’arride e l’aria Eri tu che macchiavi: quest’aria, giustamente celebre per la difficoltà interpretativa, affianca ai drammatici squilli del recitativo le mezzevoci nel registro acuto, intessuti a nostalgici abbandoni. Amelia alterna momenti quasi da mezzosoprano a pure melodie sopranili: nel primo caso Ma dell’arido stelo, il terzetto Odi tu come fremono cupi (atto II), l’aria Morrò, ma prima in grazia (atto III); nel secondo il duetto d’amore del secondo atto e la scena della congiura. Per la parte di Ulrica, Verdi sfrutta la tessitura del contralto in modo meraviglioso e mette in evidenza le più belle caratteristiche di questa vocalità nel momento dell’invocazione a Satana È lui ne’ palpiti e in Re dell’abisso. Un ballo in maschera è un’opera molto varia di colori strumentali, di contrasti improvvisi, ricca di emotività e densa di stupori: un colore scuro robusto ed immediato alternato a improvvise trasparenze sonore dove la drammatizzazione del testo musicale e lo ‘scherzo’ sono vicini alla ‘follia’.