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REVIEW – TEATRO A CORTE (2016)

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Teatro a Corte conquista anche in  forma ridotta

Fira Tàrrega dissabte

di Barbara Palumbo

Siamo, ormai, degli affezionati e fedelissimi della manifestazione che si svolge tutti gli anni all’interno delle dimore sabaude, perché è uno dei pochi festival che riesce sempre a proporre spettacoli interessanti. Questi possono incontrare o meno il gusto del pubblico; ma certo è che, dietro a ogni lavoro, ci sono idee, ricerca e un respiro  internazionale, come pochi in Italia.

Basti ricordare i numeri di quest’anno in due week end si sono esibiti 19 compagnie con 20 spettacoli  di cui 9 creazioni site-specific, con artisti provenienti da: Austria, Francia, Spagna, Israele, Italia e UK.

Il festival fortemente voluto da Beppe Navello con la preziosa consulenza artistica di Mara Serina e Sylvie Cavacciuti è stato realizzato e ideato dalla Fondazione Teatro Piemonte Europa e con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali  e del Turismo,  della Regione Piemonte, del Comune di Torino, della Fondazione CRT, della Compagnia di San Paolo e di Intesa San Paolo. Perdonate la lunga digressione, ma è doveroso ricordare chi aiuta e sostiene l’arte e la cultura; anche perché il Festival organizza visite guidate ai castelli e raccolta fonti per giovani compagnie teatrali.

Torniamo al vivo del Festival.

Abbiamo seguito gli spettacoli del secondo week end. Partiamo da quello proposto dalla compagnia Adrien M & Claire B che ha presentato al castello di Rivoli, all’interno del Museo di Arte Contemporanea, Hakanaï un lavoro dove il corpo della danzatrice entra in comunicazione con la scenografia virtuale. Un cubo rivestito di tulle bianco è lo spazio scenico dentro cui si muove interagendo con le immagini che vengono proiettate su tre lati del solido. Il pubblico è intorno e questa disposizione ci fa pensare che all’audience la prospettiva diversa possa suggerire emozioni o visioni differenti.  Quasi tutte le proiezioni accompagnate da suoni, che entrano in relazione anche con il movimento, sono per lo più astratte e più che una dimensione umana stimolano l’idea di un confronto con una dimensione altra, magari non necessariamente metafisica, ma mentale. Hakanaï è un lavoro che ci ha colpito, peccato non aver  avuto l’incontro con gli artisti, come è accaduto con i performers o i creativi delle altre compagnie. Penso che sia una buona opportunità per apprezzare al meglio un lavoro, oppure per comprendere se c’è scollamento tra quanto dichiarato dagli autori e quanto possa poi percepire, realmente, il pubblico. Questa è un po’ la dimensione complessa dell’arte contemporanea, in generale, e pensiamo che offrire l’opportunità, ai fruitori di un lavoro, di approfondire il messaggio sia un’ottima scelta.

Incontrare il Billy Cowie durante la conferenza stampa al Polo del 900 (un nuovo e moderno centro inaugurato a marzo. Nel pieno centro di Torino, all’interno dei Quartieri Militari Juvarriani, sono stati ricavati 8000 mq per fare cultura www.polodel900.it) è stato sicuramente molto utile. L’artista scozzese, che sta ora collaborando anche la Paolo Grassi di Milano, ha proposto Under Flat Sky, un piccolo estratto dal suo lavoro proposto al Museo d’arte di Kochi in Giappone. La riduzione per il piccolo teatro del Castello di Rivoli ha, a nostro giudizio, penalizzato il lavoro. Sul palco avevamo solo due danzatrici al posto di cinque e anche lo spazio per le proiezioni delle immagini create da Silke Mansholt, che da diverso tempo collabora con  Billy Cowie, ha fatto sì che perdessero un po’ della loro magia. Cowie si è ispirato alla danza Butoh per i movimenti delle due danzatrici, sulle cui semplici tuniche  erano proiettate le stesse immagini del fondale rendendole un tutt’uno con la scenografia. Un lavoro poetico, come accade spesso nei lavori di Cowie, ma, come già suggerito, un po’ penalizzato.

La compagnia Reckless Sleepers ha proposto A string section, un lavoro dalle grandi aspettative, ma che ci ha un po’ deluso perché avrebbe meriato o uno sviluppo maggiore a livello musicale e drammaturgico oppure una contrazione dei tempi performativi. Cinque danzatrici, con altrettante  seghe e sedie, si sono esibite nel taglio di quest’ultime, cercando mi mantenere precari equilibri. Certo un lavoro muscolare e di aplomb interessante, così come quello sulla ricerca dell’equilibrio in senso più ampio, ma 40 minuti sono forse un po’ troppi.

Fira Tàrrega dissabte

Ha chiuso la serata di sabato la coreografa spagnola Vero Centoya che ha presentato: La partida. Il parto del Castello di Racconigi ha accolto il lavoro che contrappone cinque calciatori a cinque ballerine. Un vero e proprio match tra uomini e donne, tra valori e necessità delle une e spazi concessi dagli altri. Ad arbitrare un danzatore di livello che ha fatto sfoggio di un’ottima tecnica classica e una buona padronanza del moderno.  Le musiche originali di Adele Madau, il cognome tradisce l’origine sarda, hanno accompagno l’esibizione.  L’idea simpatica e originale, a nostro avviso, avrebbe richiesto una maggior cura nell’ensamble delle danzatrici che spesso non sono riuscite a eseguire i pezzi coreografati in sincrono.

Con nostro grande rammarico non siamo riusciti a seguire l’esibizione della compagnia di Ambra Senatore, la coreografa italiana ha creato un lavoro site-specific per la reggia di Venaria: Promenade Au Chateau. Il lavoro, pensato in collaborazione con il castello di Chambord, verrà replicato in suolo francese il  17 e il 18 settembre. Potrebbe essere una buona occasione per vistare il castello e vedere un lavoro di una tra le nostre più rinomate coreografe.

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