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REVIEW – MASSIMILIANO E MANET

Massimiliano e Manet: quando l’arte racconta la storia

di Erica Culiat

Massimiliano e Manet. Può sembrare forse un titolo inusuale per una mostra che è stata inaugurata sabato 12 maggio a Trieste, negli spazi delle Scuderie di Miramare, visto che l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo ed Édouard Manet non si sono mai incontrati. Diciamo che è stata la storia a farli incontrare.

La fucilazione di Massimiliano in Messico il 19 giugno del 1867 colpì molto il pittore francese che si confrontò con questo evento, dipingendolo nel 1867 in una versione monumentale, oggi custodita al Museum of Fines Arts di Boston e in uno schizzo a olio che si trova alla Glyptotek Ny Carls-berg di Copenhagen e tra il 1867/68 in altre due grandi versioni che si trovano alla National Gallery di Londra e al Kunsthalle di Mannheim; inoltre il Rijksmuseum di Amsterdam possiede una lastra litografica de L’exécution de Maximilien.

Sulla falsariga quindi dell’Atelier des Lumières di Parigi che lo scorso mese ha aperto i battenti proiettando i quadri di Klimt e Schiele – una sofisticata tecnologia che bypassa l’uso dei prestiti degli originali – anche questo allestimento, prodotto da Civica Tre Venezie e Villaggio Globale International, che ha avuto un’incubazione di parecchi anni da parte dello storico dell’arte – Polo Museale FVG, Rossella Fabiani e di Silvia Pinna, ha optato per questa soluzione multimediale e immersiva.

Quattro sale che miscelano arte in versione digitale (progetto di Senso Immersive), musica, oggetti che ci riportano agli allestimenti tradizionali, e plot teatrale, ideato dallo sceneggiatore Alessandro Sisti, quello della Disney, che fa raccontare a Massimiliano, attraverso la voce di Lorenzo Acquaviva, il suo viaggio, i suoi pensieri.

La partenza festosa da Miramare, (nella seconda sala) fermata sulla tela dal pittore Cesare Dell’Acqua, sulla fregata Novara, la “fatal Novara” come verrà immortalata nei versi di Carducci, che lo porterà, assieme alla moglie Carlotta, in meno di un mese e mezzo al porto di Veracruz per poi raggiungere Città del Messico.

Il visitatore provvisto di un piccolo registratore con cuffiette, che si attiva da solo entrando nelle singole stanze, fa un salto temporale all’indietro. Nella prima sala ci si trova nell’aprile del 1864. I contorni della scrivania di Massimiliano emergono piano piano, sopra ci sono un candelabro e un libro dove viene proiettata la sua storia, contrappuntata dai Quartetti per archi Op. 64 e Op. 17 di Haydn.

Massimiliano, di due anni più giovane dell’imperatore Francesco Giuseppe, era il più dotato tra tutti i fratelli, era ambizioso, di idee liberali, infatti quando diventò viceré del Lombardo-Veneto cercò di venire incontro agli italiani, ma i suoi progetti che miravano a una maggiore autonomia non piacevano all’imperatore che alla fine lo destituì dal suo incarico. Massimiliano amareggiato, ma anche reso inoffensivo, si ritirò a vita privata sposando Carlotta, la figlia del re Leopoldo I del Belgio.

Quando l’imperatore francese Napoleone III conquistò la Repubblica del Messico offrì a Massimiliano la corona del futuro impero messicano, ma l’arciduca negli intenti di Napoleone, era soltanto una pedina nei suoi giochi politici; per Francesco Giuseppe invece era l’occasione di sbarazzarsi del fratello, infatti dopo la sconfitta austriaca con la Prussia, a Vienna più voci chiedevano la sua abdicazione a favore di Massimiliano. Con il permesso di Francesco Giuseppe, Massimiliano quindi poté accettare la corona, ma in cambio dovette rinunciare a qualsiasi rivendicazione del trono d’Austria. E così fece, pensando di poter realizzare finalmente le sue idee di una monarchia liberale e moderata. In realtà si cacciò in un bel vespaio. Del Messico non sapeva praticamente nulla, non sapeva che era una repubblica con un legittimo presidente, Carlo Benito Juarez; non sapeva che i repubblicani messicani non volevano accettare un governo straniero e quindi avrebbero subito iniziato a combattere contro il nuovo imperatore e non sapeva neppure che gli Stati Uniti non gradivano l’intrusione di una forza europea in un’area che faceva parte della loro sfera d’ interessi. Massimiliano di suo accumulò parecchi errori, i repubblicani invece appoggiati dagli americani riconquistarono velocemente il paese.

Il 15 maggio 1867 Massimiliano venne fatto prigioniero dalle truppe di Juarez; molti sovrani d’Europa, ma anche personaggi famosi come Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi inviarono messaggi affinché fosse risparmiata la vita a Massimiliano, ma il presidente rifiutò per sottolineare che il suo paese non si piegava a nessuna ingerenza straniera. Dopo un breve processo, Massimiliano fu condannato a morte e fucilato. Sei palle gli attraversarono il corpo. Nell’ultima sala multimediale, di grande impatto visivo, viene proiettato il rientro via mare della salma su un maestoso catafalco, in una Trieste parata a lutto, mentre il sottofondo musicale è segnato dalle note del Concerto per Violino e Orchestra in re maggiore op. 61 di Van Beethoven.

Tra la partenza festosa e il rientro funebre, troviamo lo studio di Manet. Il pittore era rimasto ossessionato da questa vicenda. Repubblicano, denuncia a colpi di pennello Napoleone che, non volendo bruciarsi le mani in una zona politicamente calda, aveva abbandonato Massimiliano. Manet criticando i potenti, pagherà cara questa sua posizione, infatti queste opere verranno censurate proprio per la loro vis polemica e Manet non le vedrà mai esposte al pubblico. Questo comunque innescherà un dibattito sulla censura, animato da Émile Zola e vedrà coinvolti anche Carducci e Franz Listz, che tra l’altro comporrà una Marche funèbre, in memoria di Massimiliano che si può ascoltare in questa sala.

La prima versione del quadro viene fatta di getto e si rifà a Goya e al suo 3 maggio 1808, che rappresenta la resistenza delle truppe madrilene all’armata francese durante l’occupazione del 1808 e raffigura proprio una fucilazione. Qui Manet veste i soldati con abiti borghesi, ma poi incomincerà a documentarsi, aggiungendo particolari, anche grazie ai resoconti giornalistici; in più, nelle successive versioni, vestirà i soldati con divise francesi proprio per ribadire la responsabilità di Napoleone III.

Troviamo che questo sia un bel modo per raccontare la storia, quella di Massimiliano, ma anche quella dell’esecuzione dei quadri di Manet, della loro genesi, di tutto quello che sta dietro ad essi.

Il percorso si conclude con due video, firmati da due giovani messicani, che ribaltando tempi e luoghi, fanno rivivere la fucilazione dell’arciduca. Calixto Ramirez Correa allestisce l’esecuzione di Massimiliano a Miramare, mentre Enrique Méndez de Hoyos mette in scena il quadro di Manet. Frammenti di storia ed arte che si riflettono in quel mare tanto amato da Massimiliano «perché i suoi confini e le sue profondità non sono raggiungibili dall’occhio».

Strizzando però l’occhio al teatro, ci auguriamo che quanto prima, Kunze e Levay trovino ispirazione dalla storia di Massimiliano e Carlotta e ci regalino un altro musical dopo Elisabeth e Marie Antoinette. Per Rudolf ci hanno pensato Frank Wildhorn e Steve Cuden, manca un altro tassello nella dinastia degli Asburgo, dove si intrecciano, amore, intrighi, politica e morte da tradurre in musica.

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