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LA GRANDE GRAFICA ITALIANA IN MOSTRA

A Trieste una grande mostra per celebrare la storia della grafica italiana.

Pensate al marchio “pura lana vergine”, quel gomitolo di lana stilizzata tridimensionale, che riprende il nastro di Möbius, entrato nel nostro dna visivo. L’ha disegnato nel 1963 Franco Grignani per l’International Wool Secretariat.
Oppure quel bicchiere di brandy dove il logo dell’azienda viene rotto per versarlo nel bicchiere. Parliamo dell’immagine pubblicitaria del brandy Stock 84 inventato da Pino Tovaglia. O ancora il marchio Agip dei distributori con quel cane sputafuoco a sei zampe, una specie di chimera mitologica. È Bob Noorda l’ideatore, olandese, ma attivo a Milano. Questi sono solo alcuni dei venticinque grafici del Novecento presenti nella mostra L’Italia e l’Alliance Graphique Internationale al Magazzino delle Idee di Trieste, organizzata dall’Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia (Erpac), curata da Carlo Vinti e patrocinata dall’Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva e dall’Associazione Archivio Storico Olivetti.
«D’altra parte, come la fotografia dialoga con tutti, anche la grafica deve nascere per dialogare con tutti», così ha stigmatizzato Paolo Tassinari, grafico, ideatore della mostra e presidente italiano dell’Alliance o AGI (l’associazione nata nel 1951 che riunisce i migliori grafici del mondo) che a settembre ha tenuto il settantesimo congresso a Trieste.

Camminando «negli spazi non infiniti del Magazzino ho fatto il grafico sulla grafica».

Il materiale è tanto. Duecento pezzi. Manifesti. Annunci pubblicitari. Schizzi. Prodotti editoriali. Carteggi tra i membri AGI. Documenti relativi all’associazione. Opere che arrivano da archivi diversi. Dalla Fondazione Pirelli all’Archivio Storico Barilla; dagli archivi della Triennale Milano all’Atelier Balan; dalla Fondazione Fiera Milano alla Fondazione Casa Luzzatti e molti altri.
Come ha raccontato il curatore, Vinti «in mostra c’è un assaggio dell’opera di questi venticinque artisti. Selezionare alcune delle opere che li rappresentano è stata una sfida. La quantità del materiale era enorme e quindi il lavoro di ricerca è stato grande».
Non è un allestimento solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti che offre, così ha sottolineato il presidente dell’Erpac Guido Comis, la possibilità di conoscere la storia della grafica italiana della seconda metà del Novecento, sismografo di una società che stava rapidamente cambiando con il boom economico.
Grafica italiana che ha subito avuto risonanza internazionale, ha aggiunto Vinti, evidenziata dai carteggi tra i vari progettisti da cui si sono poi sviluppati rapporti di amicizia.
Una grafica che si distingueva dalle altre «per una interpretazione del modernismo aperta a influenze eclettiche, ognuna con una forte autonomia e personalità. Dominava la capacità di interpretare annunci pubblicitari, copertine di libri e riviste, ma anche cartelline per ufficio come pretesto per la creazione di continue variazioni sul tema».


Autori come Munari, Carboni, Grignani da esordi futuristi viravano sulla sperimentazione, ora combinando disegno e montaggio tipo-fotografico, ora sulla ricerca di effetti cinetici o la giustapposizione di segni. Inoltre molti dei primi membri italiani dell’AGI portavano avanti in parallelo una carriera di artisti; c’era insomma la volontà di integrare l’operare artistico nel tessuto della vita quotidiana. È il caso del genovese Eugenio Carmi. Da una parte progettava artefatti grafici per l’Italsider, dall’altra faceva pubblicare su ogni copertina della rivista aziendale l’opera di un artista contemporaneo.
La mostra sgomitola i vari passaggi: grafico come operatore culturale, grafico che lavora individualmente, soprattutto nel campo della pubblicità, fino ad arrivare ai lavori di équipe. Abbiamo quindi i team di progettazione, quello messo in piedi dalla Nebiolo di Torino (1965), storica fonderia di caratteri italiana o il gruppo di ricerca Exibition Design (1969) con Grignani, Munari, Tovaglia, Confalonieri e Sivio Coppola.
Il metodo di progetto coordinato trasformò anche il libro in un prodotto moderno. Ed ecco i tascabili Vallecchi progettati da Mimmo Castellano e la collana Feltrinelli Franchi narratori con la grafica di Silvio Coppola, dove vennero pubblicati Padre Padrone di Gavino Ledda, Ore perse di Caterina Saviane.

Grandi assenti nel panorama dell’AGI del ‘900, invece, le donne a parte due pilastri come Lora Lamm, svizzera che tra 1953 e il 1962 produrrà molti lavori per i grandi magazzini La Rinascente, che incarnano la sintesi tra cultura grafica svizzera e quella italiana, e Anita Klinz art director prima della Mondadori, poi del Saggiatore. Comunque bighellonando lungo i corridoi si scopre che il diagramma per la metropolitana di New York era stata realizzata da Massimo Vignelli, ancora nel 1972; ci si può soffermare davanti al Manifesto di Pino Tovaglia per un Concorso internazionale di design sulla trasformazione delle città, fin troppo attuale o sulle copertine di Casabella di Pierluigi Cerri.

In ambito triestino, la mostra si chiude con un sintesi dei lavori di Pierpaolo Vetta, colto e raffinato grafico. Si possono così ammirare le sue abili doti di illustratore ma anche i suoi lavori caratterizzati da un’attenzione molto precisa sugli elementi tipografici come i poster per il Centro Servizi e Spettacoli di Udine, Teatro Contatto.

La mostra sarà visitabile fino al 6 gennaio 2023, da martedì a domenica 10.00-19.00; lunedì chiuso.
Ingresso: intero 8 euro
Ridotto: 5 euro
Per informazioni e visite guidate: info@magazzinodelleidee.it

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