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REVIEW – BAAL

home(1)Un bruco non ancora farfalla

di Alberto Raimondi

Baal è la prima opera scritta da Bertold Brecht ed è anche il primo spettacolo di un ciclo dedicatogli che il Teatro Franco Parenti di Milano ha voluto per ricordare il grande artista tedesco a 60 anni dalla sua scomparsa. Ancora oggi moderno e graffiante sono testi che mantengono in piedi qualsiasi lavoro teatrale.

Una produzione con Teatro Franco Parenti/Phoebe Zeitgeist – progetto cantieri Bavaresi e Goethe-Institut Mailand in collaborazione con compagnia Odemà e ALTOfest Napoli. Baal è un’artista sfrenato, crudele, violento, cinico, parassita e antisociale, il protagonista di questa opera,  un poeta irresistibile, che con la sua arte seduce uomini e donne, portando ogni relazione all’estremo delle sue conseguenze, oltre i limiti delle convenzioni borghesi.

Ai giorni nostri tuttavia le parole di Brecht devono necessariamente essere reinterpretate: è fondamentale abbandonare quel tipo di teatro vecchio di quarant’anni -che ora non stupisce più nessuno- che mostra solamente tanta ingenuità ed anche un pizzico di tristezza.

La rassegna si apre con un primo studio, e come tale l’osserveremo, del regista Giuseppe Isgrò, che firma anche l’ideazione e le scene. Effettivamente quello che vediamo è ancora un po’ immaturo per essere mostrato come spettacolo vero e proprio e forse anche come studio. Ancora fragile nell’idea e soprattutto sulle linee guida che vanno tutte banalmente nella stessa direzione: una trasgressione forzata e ormai già fin troppo masticata dal pubblico. Speriamo che questo studio possa germogliare cercando di sfruttare quei punti interessanti trovati per farli sviluppare senza pigrizia: nella parte vocale possiamo trovare qualcosa d’interessante il resto è ancora troppo acerbo.

Questo studio è la prima tappa di Cantieri Bavaresi, si ispira ai testi, alle opere e ai documenti legati al lavoro di autori bavaresi che hanno scritto e operato intensamente per il teatro e per la cultura: Bertolt Brecht, Rainer Werner  Fassbinder, Marieluise Fleisser, Herbert Achternbusch, Werner Herzog; autori che continuano a nutrire la ricerca poetica e la forma teatrale di Phoebe Zeitgeist.

Dichiarano di voler essere una ricerca collettiva di stile e volontà espressiva, in cui gli attori in scena sono artisti che “non interpretano il mondo ma lo trasformano”, che pone chi guarda in una dialettica attiva e non in un semplice godimento estetico. Peccato però che dei cavalli a briglie sciolte sono ingovernabili; forse belli da vedere, ma non  sono di certo ben sfruttati per la loro reale potenzialità. Infatti in scena si vedono tanta buona volontà e tanto sudore, ma gli attori, come schegge impazzite, seguono ciauscono una propria “anarchia artistica” che a lungo andare diventa prevedibile.

Tanto sudore per Enrico Ballardini, Francesca Frigoli, Dario Muratore, Margherita Ortolani, con la musica dal vivo e suono di Elia Moretti e le voci off AstorriTintinelli.

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