di Ilaria Faraoni
Il 17 dicembre, alle 19.15, presso la Chiesa di Santa Lucia del Gonfalone a Roma (via dei Banchi Vecchi, 12) si terrà un concerto di Natale a cura dell’Università Telematica Internazionale UNINETTUNO, eseguito dalla UNINETTUNO World Orchestra. Il concerto ha come scopo quello di portare al pubblico il patrimonio musicale del bacino del Mediterraneo, nell’ottica di uno scambio tra le diverse culture e religioni.
Il repertorio sarà attinto dalla tradizione arabo-cristiana, cattolico-romana, armena, italiana, spagnola e francese.
A dirigere l’orchestra sarà il Maestro Nour Eddine Fatty, esperto di musica tradizionale marocchina che ha ideato il concerto insieme al Rettore dell’università, Maria Amata Garito. La serata sarà trasmessa su Rai Nettuno Sat.
In rappresentanza dell’Italia canterà, con voce lirica, Paola Lavini, che proprio in Marocco lavora spesso come cantante ed ha preso parte al film musicale Luna rossa di Hassan Ben Jelloun.
Paola, puoi parlarci del concerto e di come è nata la tua partecipazione a questo progetto? Forse non è un caso viste le tue esperienze lavorative in Marocco…
“Il concerto è un messaggio di unione tra i popoli del mondo, per la promozione della pace: si esplora il Natale attraverso i canti nostrani, riarrangiati con note e suoni del mondo (da qui il nome Uninettuno world Orchestra) e attraverso canti e voci di altre terre: la voce musulmana, quella ebraica, quella induista….
Il progetto nasce da un mio interessamento per la musica di Nour Eddine Fatty; amo questa musica ed amo il suo paese, il Marocco, dove lavoro da anni anche in vesti di cantante. Sarà perché mia madre, che è del sud Italia, mi ha trasmesso nel DNA questo amore verso il Mediterraneo, verso i suoi colori e la sua gente, con i suoi usi e costumi. C’è davvero molta comunione tra il nostro sud e il nord Africa.
Da sempre, poi, mi dicono che fisicamente sembro araba.
Non sapevo di questo compositore marocchino in Italia, me ne hanno parlato mentre descrivevo questa mia avventura in Marocco, quindi… ci siamo “trovati” e siamo in sintonia anche riguardo al messaggio che vogliamo dare attraverso le nostre voci!”.
Hai fatto un film musicale in Marocco: che esperienza è stata? Che differenze hai riscontrato con il modo di lavorare in Italia?
“Una cosa che mi ha sorpreso è il loro amore verso l’Italia ed anche verso l’italiano come lingua. Mi hanno accolta come una di loro. Io dico sempre la battuta: a Casa (Casablanca, come lo pronunciano loro) m sento a casa! Mi ha colpito la spiritualità che è sempre dietro ogni loro canto, ogni parola…
Sul set una cosa molto bella (almeno di questo set) è che si mangiava tutti insieme (attori, troup e regista) con cibo preparato lì sul momento: tutte tavole all’aperto, con la mensa open air. Ma la cosa più bella era la possibilità di scambiarsi chiacchiere, sorrisi, di comunicare e conoscersi; a volte mi è successo anche su qualche set italiano, ma in genere si mangiano cose già pronte, i famosi “cestini” e a volte divisi in roulotte diverse.
Era un bel modo di lavorare, in quel caso il regista mi ha fatto improvvisare molto. Ho inventato io stessa un flamenco (il mio ruolo era quello di una suora spagnola nel nord Africa). C’era molta calma sul set e nel modo di lavorare e non c’era un momento di pausa preciso. Si lavorava anche più ore del previsto per terminare il piano deciso per la giornata: ecco, questo in genere non succede in Italia, ma non so se fosse solo la magia di quel set!.
Ho riscontrato la ricchezza nella povertà… “.
La UNINETTUNO World Orchestra: