foto Brescia-Amisano/Teatro alla Scala
Ha debuttato il 17 aprile la nuova produzione del Teatro Alla Scala del dramma in due atti Oberto conte di San Bonifacio di Giuseppe Verdi (libretto di Temistocle Solera). Sul podio Riccardo Frizza; la regia è di Mario Martone. Ancora due sono le date programmate ad aprile (20 e 23) e quattro le repliche previste a maggio (2, 5, 10 e 14).
L’allestimento, ideato in chiave moderna dal regista per sottolineare l’attualità della storia, che travalica il tempo, è firmato da Sergio Tramonti (scene) e Ursula Patzak (costumi).
Oberto è interpretato da Michele Pertusi e da Adrian Sampetrean (nelle ultime due repliche del 10 e 14 maggio); Fabio Sartori è Riccardo, Sonia Ganassi è Cuniza, Maria Agresta Leonora e José Maria Lo Monaco interpreta Imelda
Seguono comunicato stampa e note di regia:
17, 20, 23 aprile ~ 2, 5, 10, 14 maggio 2013
Oberto conte di San Bonifacio
Dramma in due atti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di GIUSEPPE VERDI
(Editore Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano)
Prima rappresentazione: Teatro alla Scala, 17 novembre 1839
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore RICCARDO FRIZZA
Regia MARIO MARTONE
Scene SERGIO TRAMONTI
Costumi URSULA PATZAK
Luci PASQUALE MARI
Personaggi e interpreti
Oberto Michele Pertusi / Adrian Sampetrean (10 e 14)
Riccardo Fabio Sartori
Cuniza Sonia Ganassi
Leonora Maria Agresta
Imelda José Maria Lo Monaco
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro BRUNO CASONI
Date:
mercoledì 17 aprile 2013 ore 20 ~ prima rappresentazione
sabato 20 aprile 2013 ore 20 ~ turno D
martedì 23 aprile 2013 ore 20 ~ turno A
giovedì 2 maggio 2013 ore 20 ~ turno B
domenica 5 maggio 2013 ore 20 ~ turno C
venerdì 10 maggio 2013 ore 20 ~ turno E
martedì 14 maggio 2013 ore 20 ~ fuori abbonamento
Prezzi: da 210 a 13 euro
Infotel 02 72 00 37 44
L’Oberto è un’opera prima, come tale piena di echi del passato,ma già completamente segnata dalla forza originale che si sarebbe sprigionata nel futuro del genio di Busseto. Quando si ascoltano i primi accordi della sinfonia, è impossibile non pensare al Don Giovanni che Verdi aveva studiato fino allo stremo, e a questi accordi segue, forse non a caso, la vicenda di un padre anziano che vuole battersi col seduttore che le ha disonoratola figlia e che in questo diseguale duello verrà ucciso. Ogni artista gareggia con chi lo ha preceduto, e Verdi mira subito in alto con l’Oberto. Innestato sulla trama di eco mozartiana,ecco poi gemmare il primo rapporto fatale tra padre e figlia creato da Verdi, primo di una lunga e tormentata serie (un anno fa ero alle prese con la Luisa Miller e ancorane sento la forza). Insomma, gli spunti per lavorare a questo melodramma erano molteplici. Ascoltando e riascoltando, quel che però a un certo punto ha cominciato ad attrarmi nel lavorare all’Oberto era la presa di Verdi, già così chiara in questa sua prima opera, sulla realtà profonda e tragica del nostro paese. Lo sfondo della trama dell’Oberto è un Medioevo cupo e feroce, quello dominato dalla figura di Ezzelino da Romano. Dalle faide tra famiglie che si contendono il territorio del Veneto è maturato l’esilio di Oberto e in quel contesto ha origine la scelta di Riccardo di stringere alleanza con Ezzelino attraverso il matrimonio con sua sorella Cuniza, disonorando così Leonora, la figlia di Oberto che aveva promesso di sposare. Al di là dell’intreccio amoroso che guida l’azione drammaturgica, c’è un fulcro politico violento ancora vivo oggi. Non succedono infatti vicende simili intorno a noi? Sì, succedono. C’è ancora quella ferocia, ci sono ancora quelle guerre tra bande in cui le alleanze nascono sui tradimenti, c’è ancora quel sanguinoso senso dell’onore come schermo della violenza maschile che le donne subiscono o combattono ad armi ìmpari (e la proposta inconsueta del duetto tra Leonora e Cuniza è una scelta di approfondimento dei due bellissimi ruoli femminili). C’è un Medioevo nostro contemporaneo, quello delle società mafiose e camorristiche, antropologicamente diffuse al Sud ma come sappiamo drammaticamente ramificate in tutta Italia. Ho voluto provare a leggere l’Oberto nell’anno del bicentenario come il punto di partenza della capacità di Verdi di farsi riflesso del nostro inconscio più profondo, una voce capace di parlare qui, ora, attraverso la musica e il teatro, con un dolore e una chiarezza che travalicano il tempo e ogni contingenza storico-culturale. Giulio di Majo, musicista e psicanalista, amico amatissimo, di cui molto mi mancheranno le preziose conversazioni, mi aveva illuminato sull’Oberto conte di San Bonifacio. È alla sua memoria che dedico questa regia. Medioevo nostro contemporaneo.
Mario Martone.
____________________________________________________________________________________
Seguite le riviste Musical e L’Opera anche su facebook