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UBU RE – EROI DELLA PATAFISICA. REGIA SAVERIO MARCONI

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Comunicato stampa:

Compagnia della Rancia Accademia di Belle Arti di Macerata presentano Ubu Re nell’adattamento e traduzione di Saverio Marconi: un progetto che si proietta nel futuro, quello che lega a doppio filo Accademia e Rancia, insieme nella coproduzione del famoso e irriverente testo di Alfred Jarry, in una inedita edizione che verrà presentata in prima assoluta sabato 6 luglio alle ore 21.30 a Pesaro, nella serata centrale del Festival Popsophia e cui seguirà, alle 22.30, un incontro dal titolo “Marionette al potere”, condotto da Antonio Gnoli, con Umberto Curi, Giacomo Marramao e Luca Taddio, con un atteso intervento di Matteo Renzi (info www.popsophia.it). Secondo appuntamento con Ubu Re a fine estate, venerdì 30 agosto, al Castello della Rancia di Tolentino (MC), nell’ambito di Popsophia Festival (info www.biennaleumorismo.it). 

Fin dal sul esordio nel 1896, Ubu Roi, originato dal contesto teatrale simbolista e precursore del teatro dell’assurdo, si è sempre connotato come testo scomodo proprio perché capace di tratteggiare la viltà e l’insensatezza della classe borghese del tempo. Profetico il testo, profetica la scelta di Accademia di Belle Arti di Macerata e Compagnia della Rancia, che, nel ripescare dalla storia del teatro il testo di Jarry, compiono una lucida disamina della situazione politica contemporanea. 

Opera teatrale in cinque atti, Ubu Re (nato da un libriccino sulle disavventure di P. H. ovvero Padre Hébert, il professore di fisica di Alfred Jarry) venne rappresentato per la prima volta il 10 dicembre 1896, al Théâtre de l’ OEuvre di Parigi e destò scandalo sin dal discorso introduttivo dell’autore e il “merdre” iniziale.

Jarry, che tra i primi affronta il tema dell’assurdità dell’esistenza, deve infatti la sua fama alla creazione di un personaggio come “Padre Ubu” che rappresenta – con la sua avidità di denaro, ammaliato dal potere, cinico, brutale e allo stesso tempo pavido – il piccolo borghese del suo tempo. In una Polonia leggendaria, ma allo stesso tempo così simile a quella reale, tra personaggi storici realmente esistiti – come il Re Venceslao o l’Imperatore Alexis – e congiurati, popolo, magistrati, paesani, l’armata russa e quella polacca, Padre Ubu s’impadronisce del trono uccidendo Re Venceslao, e quindi tutti i nobili e coloro che l’avevano sostenuto: ma deve diffidare del Principe Burgrelao, intenzionato a riconquistare il trono di suo padre.

Incredibilmente attuale, nell’adattamento teatrale di Saverio MarconiAda Borgiani e Carla Accoramboni una serie di oggetti inanimati prendono vita diventando ora paesaggi ora personaggi, disposti a ogni tipo di scelleratezza per la conquista del potere: il popolo ha le fattezze di un improvvisato biliardino, l’assenza di senso critico fa ondeggiare teste fissate su delle molle. Una caffettiera, una calcolatrice, un paio di occhiali, posate di diverse fogge e un portaghiaccio sono solo alcuni dei rifiuti che, oscuramente manovrati, sono resi vivi in una inedita e imprevedibile forma, fedeli al principio di deformazione alla base dell’universo di Jarry. Immagini mostruose ed elementi grotteschi danno così vita a un nuovo tipo di umorismo, che risulta quanto mai attuale, attraverso un percorso creativo di ricerca in continuo divenire.

L’azione e i cambi di ambientazione sono sottolineati da una scelta musicale curata da Marco Iacomelli; lo stesso Marconi, Giovanni Moschella e Gabriela Eleonori prestano le loro voci per le ciniche affermazioni di Padre Ubu, Madre Ubu e degli altri personaggi.

NOTE DI REGIA

UBU, un fumetto!

Ho scoperto Alfred Jarry e il suo UBU RE quando avevo 18 anni e per molto tempo è stato nei miei sogni d’attore, di regista e di scenografo/costumista. Leggere ora il fumetto della Themerson dopo quasi 50 anni, mi ha dato la determinazione di rendere reale un sogno di tanti anni fa. UBU RE anche oggi non perde la sua forte carica di attualità. UBU è vivo.

Dalla prefazione di Nick Wadley:

“La filosofia di Jarry è stata così riassunta:

QUALSIASI UOMO È CAPACE DI ESIBIRE IL PROPRIO DISPREZZO PER LA CRUDELTÀ E LA STUPIDITÀ DEL MONDO FACENDO DELLA PROPRIA VITA UN POEMA DI INCOERENZA E DI ASSURDITÀ.

Padre UBU è descritto non tanto come un personaggio quanto come una condizione.”

“Quello che fa ridere i bambini fa paura ai grandi.” (Alfred Jarry)

UBU RE è stato spesso interpretato da marionette, pupazzi e anche la stessa Themerson ne curò una famosa edizione dove Padre Ubu e Madre Ubu erano interpretati da attori che indossavano maschere mentre tutti gli altri ruoli erano marionette articolate, piatte.

Con Ada Borgiani e Carla Accoramboni non ci siamo ispirati ai disegni di Franciszka Themerson ma abbiamo immaginato una discarica, un ammasso di cose vecchie e rotte, un insieme di rifiuti. Questi rifiuti diventano paesaggi e personaggi per raccontare una storia grottesca di un manigoldo, un vigliaccone, un subdolo, violento e prevaricatore, che uccide il tiranno per farsi lui stesso tiranno. Padre e Madre UBU sono al di là e al di sopra di ogni senso morale e di ogni scrupolo.

Fin dalla sua prima rappresentazione il 10 dicembre 1896, Padre UBU è stato identificato con molti personaggi storici di potere: oggi ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta per identificare Padre UBU in un personaggio contemporaneo perché il panorama internazionale è pieno di padri UBU, anche nel quotidiano siamo spesso a contatto con piccoli e anonimi UBU.

Abbiamo accatastato rifiuti che diventano re, regine, zar, generali, capitani, nobili, magistrati, finanzieri, soldati, popolo: ma sempre rifiuti restano!

Chi guida, spinge, stimola, manovra e rende vivi questi rifiuti?

È questa la domanda che ci siamo fatti.

Il vero potere manovra, sacrifica e manipola, ma sempre nell’assoluto anonimato. I due animatori/manipolatori sono il vero potere, i veri anonimi responsabili.

Secondo Jarry “La patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità”.

“L’EQUIVALENZA… È FORSE QUELLO CHE SPIEGA IL RIFIUTO CHE MANIFESTIAMO DI CIÒ CHE È SERIO, DI CIÒ CHE NON LO È, IN QUANTO PER

NOI, È ESATTAMENTE LA STESSA COSA, È PATAFISICA.”

(Boris Vian)

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