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REVIEW – IL GRANDE MAGO

IL GRANDE MAGOUna favola moderna per far riflettere sulle gioie e sui dolori di chi lotta per essere se stesso

di Alberto Raimondi

Il grande mago è un titolo che potrebbe farci pensare ad una favola e forse anche questa volta lo è, ma con delle tinte diverse dal solito: non ci sono fate o mostri… o forse si,  ma non come siamo abituati ad immaginare queste creature fantastiche. Questa è una favola dei giorni nostri e si, c’è una fata, ma che prima era … un uomo. Purtroppo ci sono anche i mostri, perché ormai sono usciti dai libri e camminano tra noi, ci etichettano e ci insultano tutti i giorni con la loro ignoranza e la loro ottusità. Sembra strano, ma questa è una favola moderna.

IL GRANDE MAGO (2)Il testo di Vittorio Moroni, portato in scena al Teatro Franco Parenti di Milano,  è il racconto in prima persona di un gender, ossia di una persona laboriosamente mutata che ha portato se stesso dall’uomo infelice e non risolto che era, alla donna felice e risolta che è. Il testo è davvero toccante: ci si ritrova ad ascoltare racconti nuovi perché è difficile mettersi “dall’altra parte”; i pregiudizi ci portano spesso a vedere i transessuali con superficialità e mai per il cammino e le scelte che li hanno portati a diventare quello che volevano essere con tutto il cuore, soffrendo e combattendo per questo cambiamento. Una storia che traccia i momenti più importanti di questo cammino, dai primi dubbi alle prime domande, dalle paure alle sicurezze, dalle persone che porgono una mano a quelle che girano le spalle; tutto questo alla ricerca del vero se stesso: quello che ti fa credere che Dio ha commesso un errore e che tu puoi aiutarlo a risolverlo. Ma per quanto si possa correggere un “errore” il segno resta indelebile sul quaderno, la gente non dimentica e non perdona, difficile accettare, impossibile comprendere: ti ricorderanno sempre che hai il pomo d’adamo o i piedi molto grandi… Tutto ciò lo si assapora e lo si vive in questo spettacolo dove a tratti inevitabilmente si ride, ma anche si riflette e si torna a casa con qualche domanda in più.

Una regia quella di Giuseppe Marini semplice giocata solamente su luci che squarciano il nero del palco vuoto e l’unico interprete Luca De Bei commuovente nel catturare l’attenzione del pubblico con la sola sua bravura scenica: una carrellata di personaggi cambiando qualche gesto o le voci. Cattura e affascina gli spettatori insegnando a loro una lezione importante.

 “…perché una più è autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa.”

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