Comunicato stampa:
RAI RADIO8 OPERA: BIG LUCIANO
Omaggio a Luciano Pavarotti nell’anniversario della scomparsa
05/09/2016 – 12:27
Rai Radio 8 Opera, il canale web di RadioRai dedicato all’opera lirica, eccellenza italiana riconosciuta nel mondo, ricorderà Luciano Pavarotti nell’anniversario della scomparsa, avvenuta il 6 settembre 2007. Un’intera settimana di programmazione, da lunedì 5 a domenica 11 settembre, sarà dedicata al grande tenore modenese e si ascolteranno alcune tra le opere del repertorio del grande artista, da Rigoletto a La figlia del reggimento, da Il Trovatore a Tosca, in storiche incisioni che hanno reso ‘Big Luciano’ celebre in tutto il mondo. Durante la settimana si potranno ascoltare anche due concerti dal vivo che hanno fatto storia: quello dei Tre Tenori a Caracalla del 1990 e quello in Hyde Park a Londra nel 1991 alla presenza di Lady Diana e Carlo d’Inghilterra.
Luciano Pavarotti trasformò la figura del tenore d’opera in un idolo delle folle pari, e a volte superiore, a quelli delle rockstar. “Big Luciano” conquistò tutto il mondo, ben al di là dell’ambito ristretto degli appassionati del repertorio operistico: grazie ai concerti dei Tre Tenori (con Plácido Domingo e José Carreras) e alle successive esibizioni legate all’iniziativa ‘Pavarotti & Friends’, il cantante modenese seppe avvicinare il grande pubblico alla tradizione storica della lirica, in una trasposizione moderna che non rifuggiva da intelligenti commistioni con la musica pop.
Non fu solo, nel suo periodo, il “tenore più tenore di tutti”, ma quello che di questa voce, nella fantasia di ogni melomane, incarnò al meglio la bellezza “sonora” dei vari ruoli. Pavarotti era “Il Tenore”, come all’inizio del Novecento lo era stato Enrico Caruso.
L’anima, il suo intimo essere, la voce limpida, perfetta e la sua facilità d’emissione rimandano alla terra di Verdi, di Bellini, di Donizetti, in un’Italia fuori dal tempo generosa e proba, culla dei più grandi geni musicali: non solo quando “Big Luciano” cantò il più bel Requiem verdiano, diretto da un incredibile Herbert von Karajan, o quando con Riccardo Muti al pianoforte tenne, a beneficio della comunità di Sadurano, un concerto divino per altezza d’arte e apertura del cuore alla sofferenza altrui; ma anche quando, a un certo punto d’una carriera gigantesca, si mise in testa di riempire gli stadi di gente che così avrebbe saputo, finalmente, che non passa alcuna differenza di fascino e perfino d’emozione fra un’aria d’opera e una canzone sapientemente scritta.
Luciano Pavarotti trasformò la figura del tenore d’opera in un idolo delle folle pari, e a volte superiore, a quelli delle rockstar. “Big Luciano” conquistò tutto il mondo, ben al di là dell’ambito ristretto degli appassionati del repertorio operistico: grazie ai concerti dei Tre Tenori (con Plácido Domingo e José Carreras) e alle successive esibizioni legate all’iniziativa ‘Pavarotti & Friends’, il cantante modenese seppe avvicinare il grande pubblico alla tradizione storica della lirica, in una trasposizione moderna che non rifuggiva da intelligenti commistioni con la musica pop.
Non fu solo, nel suo periodo, il “tenore più tenore di tutti”, ma quello che di questa voce, nella fantasia di ogni melomane, incarnò al meglio la bellezza “sonora” dei vari ruoli. Pavarotti era “Il Tenore”, come all’inizio del Novecento lo era stato Enrico Caruso.
L’anima, il suo intimo essere, la voce limpida, perfetta e la sua facilità d’emissione rimandano alla terra di Verdi, di Bellini, di Donizetti, in un’Italia fuori dal tempo generosa e proba, culla dei più grandi geni musicali: non solo quando “Big Luciano” cantò il più bel Requiem verdiano, diretto da un incredibile Herbert von Karajan, o quando con Riccardo Muti al pianoforte tenne, a beneficio della comunità di Sadurano, un concerto divino per altezza d’arte e apertura del cuore alla sofferenza altrui; ma anche quando, a un certo punto d’una carriera gigantesca, si mise in testa di riempire gli stadi di gente che così avrebbe saputo, finalmente, che non passa alcuna differenza di fascino e perfino d’emozione fra un’aria d’opera e una canzone sapientemente scritta.