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REVIEW – L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM

Ottima messa in scena per il pamphlet di Böll che denuncia il cattivo giornalismo

di Erica Culiat – foto di Simone Di Luca

Andate a vedere L’onore perduto di Katharina Blum. Anche se il titolo sembra non essere granché incoraggiante, le apparenze ingannano. Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia ha iniziato la season teatrale con questa co-produzione, assieme a Napoli e Catania, il 22 ottobre (repliche fino al 27).

La Sala Assicurazioni Generali del Politeama Rossetti stracolma. Applausi finali sfarzosi. È andata a segno l’idea di Franco Però, direttore artistico e regista, di mettere in scena questo che lo stesso Heinrich Böll definì un pamphlet. L’adattamento teatrale dal romanzo l’ha fatto Letizia Russo. Ottimo. Ha sfrondato un sacco di personaggi secondari che nell’economia dell’azione teatrale non erano necessari, le malefatte del giornalista Werner Tötges (un sempre convincente Riccardo Maranzana) le racconta lui stesso al telefono al caposervizio e il finale è un po’ semplificato, senza per questo corrompere o compromettere l’originale che tanto il senso vien fuori lo stesso.

Due ore scarse, andiamo a naso, perché in realtà non abbiamo mai degnato di uno sguardo l’orologio. È un testo (1974) sul cattivo giornalismo; un tempo lo si leggeva al liceo, qualche fortunato anche in lingua originale.
All’indice, ripetiamo, il giornalismo quello sensazionalistico. Da un granellino vien fuori una tempesta di sabbia che può distruggere la reputazione di una persona. Böll, lo sappiamo, aveva il dente avvelenato in particolare con quelli del gruppo Bild che proprio negli anni Settanta avevano dato il via a una caccia alla strega, ai cosiddetti nemici dello stato, i terroristi, incoraggiando la delazione e giustificando metodi inquisitori duri.

Il testo del Nobel tedesco è proprio una denuncia contro questo tipo di giornalismo, ispirato (in realtà già da tempo era sensibile al tema della denuncia-diffamazione con articoli e discorsi) alla vicenda di quel professore di psicologia di Hannover, Peter Brückner, che venne sospeso dal proprio incarico e diffamato in maniera pesante dalla stampa perché aveva ospitato per una notte una sua conoscente, la giornalista Ulrike Meinhof, co-fondatrice della banda Baader-Meinhof.

Qual è la trama del romanzo/spettacolo? Katharina Blum è una ragazza di ventisette anni, divorziata, bella, che ha incanalato la sua vita nel lavoro. È una domestica. È al servizio dei coniugi Blorna, Hubert (Peppino Mazzotta) e Trude (Ester Galazzi dal piglio concitato e brillante). È considerata una suora, ma a un ballo di carnevale, a casa della sua madrina Else Woltersheim (una Maria Grazia Plos stordita da quanto sta accadendo alla sua Katharina) ha un colpo di fulmine. Si innamora di Ludwig Götten, reo di alcuni piccoli crimini, ma sospettato di essere un terrorista. Passano la notte insieme e non del tutto consapevole della situazione, Katharina lo aiuta a fuggire. Da questo momento in poi la sua vita precipiterà: interrogata brutalmente dalla polizia, mortificata, messa alla gogna da parole vomitate all’opinione pubblica sapientemente manipolate.
Ogni dichiarazione di chi la conosce più o meno bene viene corrotta, viene trasformata in qualcosa d’altro. Katharina diventa una donna dal passato oscuro, fredda, calcolatrice, complice dei terroristi, che ha abbandonato la vita modesta offertole dal marito per godere dei lussi pagati con il crimine. Una figlia che non va neppure a trovare la madre in punto di morte, ma a seconda di come conviene, perché il giornale venda più copie, la madre altre volte è descritta come una donna di malaffare.
Menzogne, distorsioni, ma la credibilità del giornale non è intaccata. La vita di Katharina invece è messa al microscopio e data in pasto alla pubblica opinione; riceve minacce e offese e l’unico modo per uscirne è tagliare la testa al toro. Uccidere il giornalista perché non insozzi più la sua reputazione e costituirsi.

L’ingranaggio narrativo/drammaturgico/registico è incalzante e pur palesando l’assurdità della situazione, l’angoscia sale, contrappuntata dalla quasi algidità, almeno iniziale, di Katharina interpretata da Elena Radonicich. L’attrice regala molte sfumature al personaggio mostrandocelo dedito al lavoro, passionale con l’amato, frastornato durante gli interrogatori, alla fine anche arrabbiato e poi di nuovo tranquillo quasi sereno per l’epilogo che Böll ha cacciato subito all’inizio. L’attrice è riuscita a farci credere che stava provando ogni cosa che provava il suo personaggio, mentre Peppino Mazzotta ha usato il suo corpo nervoso in maniera espressiva, comunicando l’ansia, la tensione, l’incredulità. Anche lui è innamorato di Katharina, ma rimane un inappuntabile datore di lavoro, che interrompe dopo quaranta ore le sue ferie per accorrere assieme alla moglie in aiuto della donna.

È sempre un piacere immergersi nei personaggi di Francesco Migliaccio, questa volta in quello del commissario Erwin Beizmenne dove l’attore sembra incanalare una rabbia repressa negli interrogatori. Diretto e senza fronzoli l’Alois di Emanuele Fortunati, il belloccio, ricco, giovane padre di famiglia che s’invaghisce di Katharina ma che non vuole, e ne ha i mezzi, perché il suo nome non compaia nelle cronache; dimesso, gentile e rassicurante il Walter Moeding, il commissario assistente, di Jacopo Morra. Ottima la dizione di tutti.

Gli attori si muovono in una scenografia, firmata da Domenico Franchi, di porte trasparenti che si aprono e si chiudono creando piccoli ambienti che, con pochi oggetti, ricreano la casa della protagonista, la sala interrogatori, il salotto di Else. Attori che vengono inghiottiti o illuminati da fiotti di luce bianca che Pasquale Mari ha realizzato come fosse una sequenza cinematografica. Costumi anni Settanta di Andrea Viotti.

Lo spettacolo sarà in tournée a Catania (29 ottobre – 3 novembre 2019), Verona (5-10 novembre), Napoli (12-17 novembre), Pistoia (29 novembre – 1° dicembre), Roma (3-15 dicembre), Udine (17-19 dicembre), Brescia (15-19 gennaio 2020), Genova (821-26 gennaio).

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