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RECENSIONE – LA ΦATTORIA DEGLI UCCELLI

Tra Aristofane e Orwell, “La Φattoria degli uccelli” di Jera Ivanc diverte, punge e fa riflettere.

di Marzio Serbo

Sembra sia terrore quello che incute un uccello dall’alto del suo volo quando, audace, posa lo sguardo beffardo sul comico, tragico mondo degli uomini e da quel lontano punto di osservazione, possa, arguto, prendersi gioco di noi. Così appare divertito e pungente il discorso che Aristofane intreccia in una delle sue più famose commedie nella quale gli uccelli messi di traverso fra uomini e dei, dettano le condizioni per fondare un nuovo regno dove esercitare un potere mai prima immaginato: la libertà.

Il Teatro Stabile Sloveno di Trieste e il Teatro di Capodistria hanno prodotto assieme una riuscita, divertentissima rivisitazione del classico greco dal titolo “La Φattoria degli uccelli. Utopia da Aristofane”. Esatto: proprio fattoria con la Φ greca, non è un errore! Con la quale si evoca anche l’opera di Orwell, per ridefinire in filigrana la trama dell’intera operazione.

Prima osservazione dichiarata in apertura da Jera Ivanc che ha riscritto il testo classico: la protagonista è una donna, Pistetera – un’energica, instancabile, eccezionale Nikla Petruška Panizon – anziché un uomo. In questo modo, emerge con limpida asprezza una critica sociale profonda e disincantata perché, parole della drammaturga: “non basta cambiare immagine, pelo, piumaggio, sostituendo un individuo di sesso maschile con uno di sesso femminile, un decisionista con una decisionista, un capo con una capa ecc. No, per un mondo più giusto e più gentile bisognerà cambiare, insieme alla nostra natura famelica, anche il sistema.

Seconda osservazione: uomini e dei sono apparentemente personaggi alla Walt Disney, a cui gli spensierati costumi fanno l’occhiolino, quasi a dichiarare quanto sia drammaticamente inconsistente questa nostra società fondata sull’utile, l’effimero, l’interesse personale, ma in realtà tutto ciò nasconda deviazioni egotiche irrefrenabili.

Divertente, scanzonato, il pezzo di teatro è reso evanescente come un sogno nella mente di chi abbia bevuto un bicchiere di troppo, dipanandosi davanti al bancone di un locale fumoso anziché fra le nuvole. Ciò non di meno, emergono i variopinti uccelli che, con il muro del loro impegno anticonformista impediscono agli dei di ricevere il profumo dei sacrifici offerti dagli uomini. Dei che si presentano con membri priapici un po’ a ricordarci i toni volgari della comicità antica, un po’ ad insistere sui temi sociali che le riflessioni politiche sulle differenze sessiste non riescono mai a prendere sufficientemente sul serio. E se qualcuno dovesse obiettare che scene scandalistiche del genere erano già operazioni vintage negli anni Novanta, sarà bene ricordarci quanto questo primo ventennio di un nuovo millennio puritano e perbenista abbia dimenticato con impressionante rapidezza le lezioni politiche delle avanguardie e gli obiettivi sociali e formativi del teatro, specialmente in Italia. Benvenga dunque uno scherzo triviale che possa ridestare qualche sguardo intorpidito e far ridere di gusto un tiepido spettatore che dopo la sganasciata, forse, ripenserà a quanto che gli è proposto con un sorriso.

Divertente perché leggero ed ironico, leggero eppure educativo, ironico ma pungente. La satira è servita. Ottimo il condimento in salsa musicale di Davor Herceg che gli artisti dei due teatri sanno come sempre giocare con maestria e intensità cantando e danzando. Qui i pochi avventori del bar dove il sogno prende vita, sono sia gli uccelli che i personaggi umani e pure le divinità, il tutto in cambi rapidi di costume e ottimi switch di interpretazione.

I costumi davvero deliziosi sono di Andrej Vrhovnik, veri e propri protagonisti nello snodarsi della vicenda. Non si può omettere di elencare tutti gli attori, davvero bravi a mantenere alta l’energia dello spettacolo, durante il quale il ritmo comico è indistruttibile e le pause loro riservate, davvero rare. Igor Štamulak nei panni di Tereo e poi Primož Forte, Mojca Partljič, Živa Selan, Tina Gunzek, Luka Cimprič e Franko Korošec. Jera Ivanc ha firmato la regia.

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