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REVIEW – L’ALLEGRA VEDOVA (DIE LUSTIGE WITWE)

Cividale del Friuli, 16 - 07 - 2016 - MITTELFEST 2016 - ACQUA, TERRA, ARIA - TERRA! … E all'orizzonte i fuochi - Teatro Ristori - Teatro - L'Allegra Vedova - PROVE - rielaborazione testo originale di Victor Leon / Leo Stein a cura di Bruno Stori e Maddalena Crippa arrangiamento musiche originali di Franz Lehár a cura di Giacomo Scaramuzza regia di Bruno Stori con Maddalena Crippa e con Giampaolo Bandini, chitarra; Giovanni Mareggini, flauto e ottavino; Cesare Chiacchiaretta, fisarmonica e bandoneon; Federico Marchesano, contrabbasso produzione e distribuzione Parmaconcerti e Compagnia Umberto Orsini srl  - Foto Luca A. d'Agostino /Phocus Agency © 2016

Maddalena Crippa per un’insolita e cabarettistica “Allegra vedova”

Cividale del Friuli, 16 - 07 - 2016 - MITTELFEST 2016 - ACQUA, TERRA, ARIA - TERRA! … E all'orizzonte i fuochi - Teatro Ristori - Teatro - L'Allegra Vedova - PROVE - rielaborazione testo originale di Victor Leon / Leo Stein a cura di Bruno Stori e Maddalena Crippa arrangiamento musiche originali di Franz Lehár a cura di Giacomo Scaramuzza regia di Bruno Stori con Maddalena Crippa e con Giampaolo Bandini, chitarra; Giovanni Mareggini, flauto e ottavino; Cesare Chiacchiaretta, fisarmonica e bandoneon; Federico Marchesano, contrabbasso produzione e distribuzione Parmaconcerti e Compagnia Umberto Orsini srl  - Foto Luca A. d'Agostino /Phocus Agency © 2016

di Erica Culiat – Foto Luca A. d’Agostino /Phocus Agency © 2016

Prima assoluta a Cividale del Friuli in occasione del Mittelfest. Domenica, 17 luglio. Teatro-musica con Maddalena Crippa. Testo commissionato da Parmaconcerti in collaborazione con la Compagnia Umberto Orsini. Die lustige Witwe che filologicamente fa appunto  L’Allegra Vedova, come è stata intitolata questa volta, e non come da sempre traduciamo La Vedova allegra, operetta ultracentenaria, è del 1905, di Franz Lehàr.

Ma Bruno Stori, che oltre ad aver rielaborato il testo originale di Victor Leon e Leo Stein assieme alla Crippa, firma l’allestimento, si è riproposto un’ambientazione cabarettistica, quindi niente finte scene trompe l’oeil, nessun costume sgargiante né un via vai di personaggi. La sua è stata una sobria sinfonia di smoking nero per Maddalena Crippa, l’assoluta protagonista di questi settanta minuti, bianco per l’orchestra da camera. Chitarra (Giampaolo Baldini), flauto e ottavino (Giovanni Mareggini), fisarmonica e bandoneon (Cesare Chiacchiaretta) e contrabbasso (Federico Marchesano).

Plot asciugato all’osso. Viene raccontata la storia d’amore tra la ricca vedova Hanna Glawari e il conte Danilo, recuperando quello che il compositore aveva portato in scena allora al Theater an der Wien, e la cosa fu abbastanza rivoluzionaria sul gusto del pubblico. Lehàr infatti presentava in questa operetta non dei pupazzi ma uomini e donne con passioni umane. E l’altra sera i protagonisti erano lì. In carne e ossa. Mentre oggi, chissà perché, i protagonisti delle operette vengono impostati come macchiette improbabili – ci viene in mente una versione di Federico Tiezzi, ripresa da Giulio Ciabatti al Teatro Verdi di Trieste, qualche anno fa, dove per esempio tutto era stato trasformato in una farsa fine a se stessa! -.

Maddalena Crippa è stata il narratore. È stata Hanna. È stata Danilo. È stata le grisettes dei caffè paragini. Il narratore aveva un accento francesizzante – certo! la storia si svolge a Parigi -; Hanna squittiva in falsetto; il registro di Danilo invece era greve. Con effervescenza e sicurezza la Crippa glissava da un personaggio all’altro, facendo duettare i due innamorati, divertendoci, facendoci inabissare nel piacere di guardarla e ascoltarla a ritmo di quel valzer che Lehàr creò più languido rispetto a Strauss.

Da un punto di vista canoro invece, pur capendo e apprezzando la volontà di misurarsi in ruoli da soprano e tenore, dobbiamo dire che i pezzi iniziali da soprano, in particolare, non sono stati un balsamo per le orecchie. Però, era una prima assoluta, e come in tutti gli spettacoli, il rodaggio è fondamentale.

Battute mitragliate o smorzate a seconda della situazione, pennellate d’ironia, come la battuta finale di Danilo, qui cambiata, «non vi dirò: vi amo, ma I love you».

Vienna nel 1905 ballava ancora al suono del valzer, viveva la Sacra primavera della Secessione, ma il conto alla rovescia del tramonto di una grande cultura europea era iniziato e non a caso il finale di questa allegra vedova ha le atmosfere del cabaret intellettuale di Weill/Brecht, quando Weill cantava nel 1928, Berlin im Licht. Quelle luci che, come nella Vienna di qualche anno prima, ancora facevano da sfondo ai nottambuli, alle femmine dal caschetto nero, in una geografia di teatri caffè club dove borghesi e intellettuali si incontravano.

Tanti, tanti applausi.

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