di Ilaria Faraoni
Al Teatro Brancaccino di Roma è andato in scena Tutti al macello, un testo del 1950 di Boris Vian, poliedrico artista francese (scrittore, traduttore e musicista jazz) scomparso a soli 39 anni, nel 1959, mentre assisteva alla proiezione del film tratto dal suo molto discusso romanzo, scritto sotto pseudonimo, J’irai cracher sur vos tombes, dalla cui trasposizione aveva tentato di prendere le distanze.
Tutti al macello (L’Équarrissage pour tous), presentato da Accademia Platafisica (scuola di teatro e musical diretta da Maria Laura e Brunella Platania) in collaborazione con Le Temps d’une Pause, non è un testo semplice, né per gli argomenti trattati, sebbene sulle prime possa sembrare una commedia leggera, né per l’impegno interpretativo. La pièce è ambientata all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, durante il famoso sbarco in Normandia (6 giugno 1944) e le vicende storiche fanno da sfondo a quelle private di una bizzarra famiglia dai rapporti morbosi tra i suoi componenti, capeggiata dal cosiddetto scorticatore, macellaio di Arromanches, permeato dall’olezzo del proprio lavoro, alle prese con un matrimonio da organizzare per una delle due figlie chiamate Marie, tra figli militari sparsi per il mondo richiamati per il consiglio di famiglia, soldati di ogni fazione che entrano ed escono da casa, una vicina onnipresente ed una moglie (anch’ella Marie) surreale, dal pianto facile e teatrale, che stira le vacche da mungere. Circondati da bombardamenti che radono al suolo tutto ciò che li circonda, gli unici problemi della famiglia sembrano essere i nomi da cambiare (tre Marie sono decisamente poco pratiche) e il dubbio se la Marie che deve sposarsi (ribattezzata poi Cyprienne) sia incinta o meno.
Al di là di tutti gli elementi citati, si tratta di un lavoro con un messaggio forte, su cui si deve rimuginare a freddo per scoprire così il testo di denuncia contro l’assurdità della guerra, della violenza ed anche dell’indifferenza umana che la permette. Una condanna della non azione/non vita, perché vivere con disinteresse non è vivere veramente: del resto chiarisce questo concetto il brano scelto per concludere lo spettacolo, Bardamu, di Vinicio Capossela: “l‘emozione è tutto nella vita, quando siete morti è finita… ”.
Non si dimentichi poi che Vian aderiva alla patafisica (era membro del Collège de’ Pataphysique), la “scienza delle soluzioni immaginarie” teorizzata da Alfred Jarry nel suo Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico: Tutti al macello è dunque pieno di situazioni surreali che portano gli spettatori quasi all’interno di un sogno, di quelli strani e incredibili in cui cercare un significato o una via di fuga. Contribuiscono di certo all’atmosfera anche l’indovinato disegno luci ed il trucco, di stampo quasi espressionista per alcuni personaggi. Gli arredi scenici sono di Resio Reschini.
La sfida, sotto la guida artistica di Maria Laura Platania è assolutamente vinta. La regia di Antonio Cervigni, che ha curato anche l’adattamento, fa scorrere tutto senza intoppi ed integra intelligentemente le canzoni, dello stesso Vian (tranne l’ultima, già citata, di Capossela), ognuna funzionale per capire i personaggi rappresentati. Le musiche inoltre sono suonate dal vivo, al piano, dall’apprezzato Maestro e compositore Simone Martino.
I giovani che si affacciano per le prime volte su palchi prestigiosi, si amalgamano con scioltezza e capacità con il resto del cast e con gli ospiti d’eccezione Brunella Platania ed Enrico D’Amore, tanto che il primo elemento che spicca è proprio la bravura di tutti gli artisti in scena.
Elsid Lumi, il padre, forte presenza scenica, riesce a mantenere uno sguardo folle e a tratti ingenuo per tutta la durata dell’atto unico; Mary Ferrara, la vicina, dipinge bene la classica impicciona onnipresente che tutti hanno avuto intorno almeno una volta nella vita ed il suo è forse uno dei personaggi più veri, nella sua partecipazione alla vita che è fuori; Giorgio Gentili è un Andrè misterioso, dai risvolti inaspettati; Andrea Paris (il figlio Jacques) dimostra di non essere solo un abilissimo prestigiatore/illusionista, dote di cui si serve anche nello spettacolo (l’elemento “magico” è inserito con intelligenza e senza forzature nella pièce, alla quale anzi si sposa benissimo): Paris è una vera rivelazione con la sua interpretazione bambinesca di un personaggio che possiede una personalità doppia; e ancora troviamo Chiara Spernanzoni (Marie), Elisa Graziosi (Marie/Cyprienne) e Daniela Domizi (Catherine) nei ruoli delle tre figlie, ognuna ben caratterizzata nelle proprie peculiarità; chiudono il cast Stefano Di Giulio (Heinz), Giuseppina Salciccia (l’impiegata), Carlo Maceratini (Il Pastore), Jacopo Pizzichini (il soldato tedesco), Paola Reschini e Asia Angelini (le suore), Claudia Ciccarelli (Burlesquer e coreografa), Maria Izzo (ballerina classica).
Una menzione speciale va a Fabio Caporaletti, il capitano delle SS, che senza alcun cedimento accoglie il pubblico sulla soglia dell’accesso in platea per poi squadrarlo e inchiodarlo alle poltrone con uno sguardo e una postura che incutono un certo timore pur essendo coscienti della finzione teatrale.
Infine gli ospiti straordinari: Enrico D’Amore, una conferma quando mostra intensità nel brano finale, chiave di tutto il lavoro, con la forza scenica che lo caratterizza e la tecnica che unita al talento gli permette di superare ogni ostacolo; una scoperta nelle parti più brillanti e sopra le righe, compresa quella della “bionda” bamboleggiante che entra più volte ancheggiando.
Brunella Platania ha dato prova nel tempo di padroneggiare qualunque personaggio, qualunque sentimento: anche in Tutti al Macello la sua presenza domina la scena e avvince, nonostante si sia tenuta un passo indietro per dare spazio agli altri; le sue uscite e le sue espressioni sono disarmanti, l’impatto nel canto è forte e di classe: si aspetta il suo brano, arriva, il pubblico ne gioisce in cuor suo.
Date la particolarità del testo e del suo autore, approfondiamo alcuni punti con le sorelle Platania, che fortemente hanno creduto e credono in questo progetto:
Non è la prima volta che portate in scena “Tutti al macello”. Cosa rappresenta per voi questo testo e cosa vi ha spinto a sceglierlo per i vostri allievi?
Maria Laura: Antonio Cervigni, che è mio figlio, qualche anno fa aveva affrontato Boris Vian a partire dal suo testo più celebre “La schiuma dei giorni” con curiosità intellettuale di appassionato di letteratura, teatro e musica: un cocktail fantastico che è deflagrato nella ricerca di una commedia fuori di testa di un pazzo straordinario quale è “Tutti al Macello”.
Per Antonio era la prima regia all’interno della Compagnia “Le temps d’une pause” – l’Accademia era ancora embrionale e nasceva un mese dopo- e per noi tutti una bella sfida che abbiamo raccolto al volo con entusiasmo utilizzando professionisti, appassionati e futuri studenti.
“Tutti al Macello”, dunque, è andato in scena e abbiamo testato -nelle quattro messinscena in importanti teatri di Macerata e provincia, dal Lauro Rossi fino all’Arena Beniamino Gigli di Porto Recanati che ha una stagione di musical- che Boris Vian è di un’attualità sconvolgente e che il pubblico gradisce il genere. Da qui la ripresa con studenti preparati e ben inseriti e la sfida della Capitale.
All’epoca il messaggio non fu capito, oggi secondo voi c’è lo stesso rischio?
Maria Laura: Voglio rispondere facendo mie le parole di Daniel Pennac: «I libri sono sempre delle bombe a scoppio ritardato. Naturalmente, si può decidere che un dato libro è sovversivo un certo anno, e allora tutti staranno attenti. Ma poi il libro prosegue la sua vita e non sappiamo quali lettori incontrerà né come verrà letto. Quindi la sua carica esplosiva può essere riattivata molti anni dopo. È questo il bello della letteratura, non si può legiferare sulla sua influenza, giacché non si è mai certi di nulla… I libri cambiano la nostra vita, solo che non sappiamo né come né quando. E ciò vale soprattutto per un romanzo come “La schiuma dei giorni”». E mi piace aggiungere lo strampalato serissimo dramma/commedia “Tutti al Macello”.
Parliamo del vostro incontro con la patafisica e del vostro rapporto con questa particolare visione artistica
Brunella: Catapultate da Antonio abbiamo fatto una full immersion con tanto di sedute semispiritiche fra noi e il grande artista, l’idea di avere a che fare con un uomo tanto serio da essere grottesco, tanto rispettoso da essere irriverente, tanto tormentato dalla vita da sapere giocare con la vita stessa, ci ha affascinato. Le musiche di Vian leitmotiv del progetto…
E qui arriva la Patafisica, a braccetto con il nostro Vian, in un mondo a scatafascio, rovesciato, irrisolto e irrisolvibile, ecco Jarry a suggerirci che la soluzione è proprio nella Patafisica -né fisica, né metafisica- nel suo “Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico”, che compiendo un viaggio accompagnato da Bosse de Nage, scimmia babbuino e Panmuphle, ufficiale giudiziario, porta il lettore alle soglie della realtà, trascinandolo nell’astrazione largamente disponibile ad accogliere l’immaginario. Ecco, dunque, la soluzione di ogni problema!
Maria Laura: L’immaginazione, il sogno, la soluzione all’irrisolvibile, la voglia di fare e di cimentarsi ed ecco l’idea di chiamare, con un pizzico di egocentrismo, Accademia Platafisica la nostra Scuola di Teatro e Musical, voluta cocciutamente da tutt’e due, con tutte le difficoltà che il momento in cui viviamo ci propone quotidianamente… ma non ci facciamo spaventare e agli allievi diamo spazio e opportunità.
Il testo prevedeva già le canzoni inserite o sono state scelte ad hoc dal repertorio di Vian?
Brunella: Il testo non prevedeva canzoni, ma l’occasione di utilizzare il repertorio di Vian che è davvero incredibile per profondità e divertissement parossistico ha soddisfatto la necessità “scolastica” di far cimentare gli interpreti nel genere del teatro-canzone al confine con il musical.
Maria Laura: C’è da dire poi che, nell’intenzione del regista, l’intrusione – ma sempre di Vian si tratta – permette di rendere ancora più godibile la pièce teatrale. E sì, io penso proprio che i nostri tempi sgangherati siano maturi per quel ragazzaccio e la sua irridente satira sul mondo.