Home / MUSICA / REVIEW – THE CHOIR OF MAN

REVIEW – THE CHOIR OF MAN

I ragazzi del pub che “ubriacano” il mondo col loro show.

di Erica Culiat

Birra più pub più teatro più nove performer da sballo uguale: The Choir of Man. Lo spettacolo di Nic Doodson e Andrew Kay che ha impazzato all’Edinburgh Fringe Festival di due anni fa, entusiasmando pubblico e critica, in anteprima nazionale è arrivato anche a Trieste al Politeama Rossetti per una manciata di giorni fino al 17 novembre, inaugurando così il cartellone Musical & Eventi.

Quattro cast in giro per il mondo, uno in Europa, uno in Australia e due sulle navi da crociera. Il tour europeo (Germania, Olanda e Danimarca) è finito proprio nel capoluogo giuliano per riprendere a gennaio negli Stati Uniti con metà cast europeo e metà australiano.

Come trascorrere una serata al pub alternativa? Arrivando a teatro un quarto d’ora prima, si poteva salire sul palcoscenico trasformato in un autentico pub inglese e Tom Gadie, il barista, laureato in musica all’Università di York, spillava non birra inglese, ma friulana – per gli astemi c’era sempre la Coca Cola!-. Il pubblico si è riversato a frotte per sorseggiare la sua bionda. Il rintocco della campana annunciava l’ultimo giro di pinte!

Il motore dello spettacolo scritto da Ben Norris, è il pub, tipico luogo di ritrovo degli inglesi, che oggi sta sparendo, come ha raccontato George Bray, il narratore, per dar spazio a negozi o condomini di lusso (ma anche la crisi ha avuto una parte preponderante per i prezzi sempre più alti della birra, le tasse e i costi di gestione dei locali stessi), che snaturano i vari quartieri con i loro ritrovi, azzerando così quei benefici che se ne ricavano per una comunità.

Ogni pub ha i suoi habitué e in questo si possono trovare il rubacuori (John Sheehy), la macchietta (James Hudson), il “duro” (Mickey Shearer), la bestia, vale a dire il gigante buono (Ben “The Beast” Langridge), il pianista (Tom Reade), assolutamente meraviglioso, il tip tapper (Freddie Huddleston) e il piombo, quello che racconta storie noiose (Matthew Hobbs).
Si incontrano. Giocano a carte. Bevono. Chiacchierano in un turbine di danze firmate dallo stesso Huddleston. Cantano, sono quasi tutti artisti di musical, suonano, recitano. Sono inglesi, irlandesi e scozzesi. Sono caleidoscopici.

E coinvolgono il pubblico che ci sta. Per Teenage dream invitano sul palco sempre una donna di mezza età a cui cantare questo brano di Katy Perry, mentre un uomo deve cercare di costruire una piramide di carte. Scendono dal palcoscenico e con occhio allenato individuano le persone giuste.

La playlist che ha fatto spellare le mani e ai più coraggiosi, ballare, spaziava con strumentazioni completamente nuove e intriganti, dai Guns ’n’ Roses di Welcome to the jungle ai Queen di Somebody to love con una esecuzione ginnico artistica di Tom Gadie che possiede il contrario di un corpo da Brooks Brothers, ma che ha fatto strepitare di gioia il pubblico con la sua spregiudicata bravura e simpatia, dai Fun di Some Nights all’Adele di Hello. E poi Red Hot Chili Peppers, The Proclaimers, The Kinks, Sia, Luther Vandross

I canti a cappella hanno elettrizzato tutti. Estensioni vocali acute. Voci calde, piene. Una più bella dell’altra, una vera gioia per le orecchie.
Come in Mr. Duck steps out, il cartoon Disney, hanno suonato tutto quello che capitava a tiro, ma poi, ovviamente anche strumenti veri come il violino, la chitarra, il banjo e chi più ne ha più ne metta. Una menzione a parte, la rifacciamo, a Tom Reade, il pianista «che suona come Rachmaninov e beve come Oliver Reed». Usare l’aggettivo bravo è riduttivo, bisogna semplicemente ascoltarlo.

Ubriachi di un’energia che ha mitragliato tutto il pubblico. Pubblico, tra l’altro, che per le quattro repliche, ha regalato al teatro quasi dei sold out per ogni serata. Contagiosi, nella loro specificità, tutti e nove gli artisti. Un’esuberanza di bravura orchestrata in maniera millimetrica da Nic Doodson. Ricordiamo che Doodson e Kay sono produttori che al loro attivo hanno la creazione di spettacoli di successo e formazioni come il Soweto Gospel Choir, The Magnets e il super premiato North by Northwest e anche con questo hanno fatto centro!

Insomma, che dire ancora di The Choir of Man? Atmosfera incandescente per 90 minuti che ha fatto uscire tutti da teatro più che soddisfatti. E nel foyer, alla fine, una bella sorpresa: il cast ogni sera era disponibile per selfie e autografi regalando ancora qualche attimo di magia e citando l’ultima loro canzone, The Parting Glass, ognuno avrà pensato, «all the money that e’ er I spent, I spent it in good company…».

The Choir of Man

creato da Andrew Kay & Cic Doodson
scritto da Ben Norris
regia di Nic Doodson
coreografie e movimenti di regia Freddie Huddleston
regista associato Jim Fortune
scene di Oli Townsend
costumi di Verity Sadler
supervisione e arrangiamenti Jack Blume
suono di Max Hunter
luci di Richard Dinnen
produzione Andrew Kay e Nic Doodson

About Central Palc Staff

Central Palc nasce nel 2010 come portale ufficiale delle riviste cartacee L'Opera e Musical!. Dal febbraio 2014 ha allargato i suoi orizzonti abbracciando tutti gli altri generi teatrali affermandosi così come il portale web più aggiornato del panorama teatrale italiano.
Scroll To Top