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PRIMA DELLE PRIME: GLI AMICI DELLA SCALA PRESENTANO “LES TROYENS”

AMICI DELLA SCALA

Il 25 marzo alle 18 nel ridotto dei palchi “A. Toscanini” Olga Visentini, musicologa e docente di “Storia ed estetica musicale” al Conservatorio G. Tartini di Trieste approfondirà l’opera di Hector Berlioz.

Comunicato stampa:

AMICI DELLA SCALA

Ottavo appuntamento del ciclo

 “Prima delle prime”

Stagione 2013/2014 – organizzato dagli Amici della Scala

 

Les Troyens

di Hector Berlioz

libretto di Hector Berlioz

TEATRO ALLA SCALA

RIDOTTO DEI PALCHI “A. TOSCANINI”

MARTEDÌ  25 MARZO 2014  ORE 18

“La mia carriera è finita. Non compongo più musica, non dirigo più concerti, non scrivo più né versi né prosa; ho dato le dimissioni da critico; tutti i lavori di musica che avevo intrapreso sono stati portati a termine; non voglio più fare nulla, e altro non faccio che leggere, meditare, lottare contro una noia mortale, e soffrire di un’incurabile nevralgia che mi tormenta notte e giorno. […] sono al mio sessantunesimo anno di età, non ho più né speranze né illusioni, né vasti pensieri: mio figlio è quasi sempre lontano da me; sono solo; il mio disprezzo per l’imbecillità e la disonestà degli uomini, il mio odio per la loro atroce ferocia sono al colmo; ed ogni istante dico alla morte: ”Quando vorrai tu!” Che aspetta dunque?” Così scrive Berlioz nel 1864, a sei anni dalla composizione di Les Troyens. Aveva potuto assistere (e dirigere) fino a quel momento solo a una parte della sua monumentale creazione, precisamente la seconda, Les Troyens à Carthage, appena un anno prima di questo “sfogo”, nel 1863 all’Opéra di Parigi. E non senza tagli, modifiche e alleggerimenti sulla partitura.

Berlioz inizia a concepire la sua “grand opera” di proporzioni epiche, considerata la più grande realizzazione musicale della sua vita, nel 1856, quando su incoraggiamento dell’amico e sostenitore Liszt, nonché della principessa Caroline Sayn-Wittgenstein, di cui aveva pesantemente subito il fascino, decide di rendere finalmente concreto un sogno coltivato fin da giovane: comporre un poema drammatico musicale ispirato all’Eneide.  In soli due anni, dal 1856 al 1858, Berlioz porta a termine un lavoro di dimensioni enormi, basato sul secondo e quarto libro dell’Eneide di Virgilio e suddiviso in due parti: La Prise de Troie, della durata di un’ora e mezza, e appunto Les Troyens à Carthage, di due ore e mezza, “occhieggiando al modello wagneriano di un lavoro ciclopico che esorbitasse dalle dimensioni di un’unica serata“. Berlioz al tempo è fra i pochi a meritare la stima di Richard Wagner, che nel suo Oper und Drama del 1851 scrive: “H.B. è il musicista […] più energico derivato da Beethoven […] B. fu spinto dalla sua enorme intelligenza musicale a raggiungere una potenza tecnica che fino a lui nessuno aveva supposta. Ciò che egli aveva da dire era così insolito, così strano e così completamente contro natura che egli non poteva esprimerlo con parole semplici e schiette: egli abbisognava di uno straordinario apparato di macchine le più complicate, per poter manifestare, con l’aiuto di una meccanica bene disposta… ciò che un organo semplicemente umano non era in grado di esprimere”. Ma il rapporto con Wagner sarà sempre tormentato e da stima si convertirà in contrasto. Una delle ragioni che avevano stimolato Berlioz a comporre Les Troyens era stata l’ambizione di vederla rappresentata all’Opéra, che però rifiutò ripetutamente la partitura per la difficoltà anche concreta di portarla in scena. L’opera ha bisogno di un impianto scenico imponente, aggiunte importanti all’orchestra (nella prima rappresentazione del 1963 Berlioz pagò addirittura di tasca sua gli orchestrali aggiunti), e prevede soprattutto il coro in un ruolo di assoluta importanza. Sarà anche per questi rifiuti che, dopo aver accolto e recensito con entusiasmo le opere di Wagner, Berlioz non fu totalmente estraneo alla “Schadenfreude” parigina in occasione del debutto di Tannhäuser nel 1961 proprio all’Opéra. Berlioz morirà a Parigi nel 1869 “infelice per tutta la sua vita a causa del suo carattere malinconico” (così lo ricordò Verdi), senza aver mai potuto assistere alla messa in scena integrale dei suoi Les Troyens, eseguiti per intero solo nel 1890, a Karlsruhe. All’Opéra di Parigi non videro la luce in questa forma fino al 1921.

(Andrea Castelli)

Nell’incontro “Una dilogia per Virgilio” con ascolti e video, ne parlerà Olga Visentini, musicologa e docente di “Storia ed estetica musicale” al Conservatorio G. Tartini di Trieste.

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti 

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