La Principessa della csardas firmata Andrea Binetti infiamma il folto pubblico dell’estate triestina.
L’atmosfera dell’operetta di un tempo frizzava nell’aria il 29 luglio scorso al Politeama Rossetti. Andrea Binetti, regista e interprete de La principessa della csardas (Die Csárdásfürstin), è riuscito a fare un lavoro eccellente con la compagnia regalando al pubblico quel buonumore, quella godibilità di un mondo favolistico tipici di questo genere, ben assecondato dal maestro Romolo Gessi che, con la direzione dell’Orchestra del Friuli Venezia Giulia, a sua volta ha restituito la vivacità musicale dello spartito di Emmerich Kálmán.
Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Internazionale dell’Operetta FVG, rientrava nel cartellone di Trieste Estate 2022 del Comune di Trieste.
L’associazione ha fatto i salti mortali, non disponendo di budget elevati, creando un allestimento onesto (con il vil denaro si sarebbe potuto fare di più), ma dove soprattutto si sentiva il cuore, con il risultato che la compagnia sembrava una famiglia. Una famiglia numerosa, perché oltre agli undici interpreti, in scena c’era il coro diretto da Petra Grassi, sedici cantanti e otto ballerini che ben hanno danzato
sulle coreografie di Noemi Gaggi.
In un certo senso è come se Binetti avesse azionato la macchina del tempo, facendo rivivere lo spirito dell’operetta di quando lui, giovane, aveva iniziato nella compagnia di Sandro Massimini – all’occhiello della sua giacca di scena il fiore bianco dell’artista milanese! -.
Trieste è stata un punto di riferimento per la piccola lirica fin dagli anni Cinquanta al Castello di San Giusto (erano la regola i sold out per applaudire Rosy Barsony, Anna Campi, Alberto Lionello e tanti altri) e poi dal 1970 al 1983 con un vero e proprio festival, organizzato dall’allora Ente autonomo Teatro Giuseppe Verdi, al Politeama Rossetti, sotto la guida di Fulvio Gilleri.
In seguito le sedi del festival si ampliarono allo stesso Verdi, alla Sala Tripcovich, che alla fine di quest’anno verrà demolita, al Parco del Castello di Miramare finché, sempre a causa del vil denaro o
per mancata lungimiranza o per entrambi, il festival, che pur aveva trovato una formula accattivante mescolando operetta e musical, è stato cancellato.
L’ultima edizione é quella del 2011. Qualche titolo in seguito è stato infilato nelle programmazioni di vari teatri triestini, ma da due anni l’Associazione Internazionale dell’Operetta sta rilanciando il genere.
L’associazione dovrebbe essere però supportata ampiamente dalle amministrazioni e dalla città così da dar corpo a un progetto forte che sia attrattivo non solo per i nostalgici (e purtroppo a teatro l’altra sera l’età del pubblico era piuttosto alta) ma per tutti, per quei turisti che ultimamente lussureggiano nel
capoluogo giuliano e per i giovani.
Operette quindi con un recupero quasi archeologico, messe in scena nuove, musical classici e musical più recenti, concerti con nomi di grido. E ci vorrebbe anche una scuola che formi artisti per l’operetta – oggi sono i cantanti lirici i protagonisti della piccola lirica -. Una specializzazione che dovrebbe permettere però anche una continuità lavorativa in tutto il Paese e all’estero.
Binetti ha fatto un lavoro di recupero della Principessa che ci sta tutto. Il libretto di Leo Stein e Bela Jenbach é stato compresso in due atti, ciononostante è durato quasi tre ore. D’altra parte il genere offre trame travagliate, anche se divertenti che miscelano recitazione canto e danza. Qui al centro della storia un matrimonio impossibile tra un rampollo dell’aristocrazia viennese Edvino Carlo (Mathia Neglia) e la celebre cantante del cabaret Orpheus di Budapest, Sylvia Varescu (Selma Pasternak, pronipote dello scrittore Boris). Prima che Sylvia parta per una tournée negli Stati Uniti, Edvino si impegna davanti a un notaio (un piccolo cammeo per il quattordicenne Giulio Gessi) di sposarla, ma i principi di Lippert-Weylersheim hanno altri progetti per il figlio. Edvino deve sposare la contessa Stasi (Ilaria
Zanetti). Tra scene di gelosia lacrime e ricongiungimenti, complici il conte Boni (Andrea Binetti) e il conte Feri (Roberto Berni) i due innamorati alla fine potranno diventare marito e moglie.
Nello svolgersi della storia entrano ed escono tanti personaggi ritagliati con gusto. Nel doppio ruolo di Misha, capo cameriere dell’Orpheum e Misho, maggiordomo dei principi, Alessio Colautti, il principe dei caratteristi, che riesce a dar corpo a due macchiette che entusiasmano la platea. Gualtiero Giorgini, anche lui preme sull’acceleratore macchiettistico, senza essere troppo, per il suo principe Leopoldo Maria, padre di Edvino che a suo tempo aveva sposato la principessa della csardas, ignaro del passato di cantante della bella moglie Annhilde, la soprano Jadranka Jovanović, puro fuoco canoro. Julian Sgherla fa la parte dell’ambasciator non porta pena, il generale Rohnsdorff che
deve riportare a Vienna il riottoso Edvino. Non manca il violinista zigano che permette ad Antonio Kozina di fare la sua parte. Da ascoltare con piacere, voce morbida quella di Sylvia, calda e ricca quella di Edvino, i duetti da Spesso il cuore si innamora a L’ora dell’amor. E poi ci sono i duetti comici tra Stasi e Boni, la seconda coppia di innamorati. La Zanetti e Binetti, veterani dell’operetta, aggiungono tanto pepe con la naturalezza cui siamo abituati. Roberto Berni costruisce un conte Feri misurato. I pezzi d’insieme trascinanti, sono dei fuochi d’artificio.
Tanti, tanti applausi. Caldi. Entusiastici.