Un viaggio sorprendente tra le pagine di Cechov e le mille sfumature dell’amore.
di Alberto Raimondi
Arriva al terzo appuntamento la rassegna Apache del Teatro Litta di Milano con un titolo molto affascinante, quanto lungo -un po’ alla Lina Wertmüller per intenderci- SAPEVO ESATTAMENTE COSA FOSSE L’AMORE PRIMA D’INNAMORARMI, una produzione TrentoSpettacoli – Macelleria ETTORE – teatro al kg.
In scena uno studio sui racconti di Čechov e fin qui potrebbe sembrare la solita proposta teatrale, ma invece no! Con gradita sorpresa i testi e la regia Carmen Giordano escono dalle solite proposte sotto molti punti di vista, l’attore è al centro dell’attenzione come strumento per i personaggi, tutto quello che potrebbe essere solamente a fini estetici è eliminato mostrandoci una scena scarna dove gli attori sono “nudi” difronte ad un pubblico incollato alle loro parole.
Il lavoro della Giordano determina fin da subito tutto lo spettacolo: è l’elemento determinate che segna il carattere della proposta con un montaggio frammentario e schizofrenico che ci mostra una rilettura delle pagine dello scrittore russo in una forma più moderna. Ottimo il risultato finale.
I continui salti imprevedibili dei personaggi catturano l’attenzione del pubblico, riproponendo dei classici in modo talmente contemporaneo che sembra di essere davanti ad un telefilm (nel senso buono del termine!).
Quattro attori in scena e un’infinità di personaggi, portati in scena da Claudia de Candia, Stefano Pietro Detassis, Maura Pettorruso e Angelo Romagnoli. Non c’interessa conoscere i loro nomi nei racconti, ma capiamo fin da subito le dinamiche di coppia e personali di ciascuno di essi; con coraggio salgono sulla giostra dei diversi ruoli e con buona professionalità ce li sgranano tutti, generando così uno studio sui rapporti umani ed affettivi tra uomo e donna, sbattendoci in faccia quello che può generare l’amore e tutte le mille sfaccettature per viverlo… nel bene e nel male!
Ci ritroviamo shekerati in un turbine d’incontri mancati, parole non dette, attimi rubati al tempo che fugge e dissertazioni scientifiche sull’amore. Incredibile come le parole di Cechov sembrino scritte per una qualsiasi coppia dei giorni nostri e come ci accompagnino a capire tutto con chiarezza, anche se il racconto non segue una linea consueta.
L’amore stravolge i nostri pensieri, le nostre abitudini, ci rende capaci di gesti straordinari e incapaci delle azioni più semplici. L’amore accade e finisce senza preavviso. È il mistero sotteso ai rapporti consumati dal tempo. Com’è possibile che ci siamo amati? E cosa resta quando l’amore finisce? Ci accadrà di amare ancora? Chiunque nella propria vita ha vissuto o vivrà tutto questo, inevitabilmente, così come è inevitabile rivederci negli attori sul palco. Riconosciamo noi stessi, il nostro incedere a tentoni nella vita e nei rapporti, col cuore gonfio di speranza e terrore. Le parole ci mancano, la testa gira, il ricordo aggredisce il presente e ci assale la voglia di vivere. Cerchiamo di restituire la verità nuda e cruda, fotografica di Cechov: vedere gli uomini nella loro realtà e rappresentarli in termini artistici di essenzialità. In questa prodigiosa galleria di ritratti, sempre diversi l’uno dall’altro, sta l’arte cechoviana di raccontare i personaggi e la loro vita: nessun uomo è uguale a un altro.
Una scena vuota così come i costumi sono abiti totalmente neri ,di Maria Paola Di Francesco, ma i vuoti vengono colmati in modo sapiente quanto divertente e suggestivo dalle musiche originali dal vivo di Renzo Rubino che regala allo spettacolo… la ciliegina sulla torta!